Dal secondo dopoguerra, mai l’umanità si è trovata ad affrontare una sfida così impegnativa come quella posta dalla pandemia provocata dal coronavirus.
Questo non solo per la letalità espressa, ma anche per la sua rapida diffusione che, in pochi mesi, dall’inizio del 2020 ha coinvolto ogni angolo del Pianeta, con quattro milioni di contagiati e trecentomila decessi soltanto nella metà di maggio, fatto che ha inoltre innescato una forte recessione a livello mondiale, aggravata dalle esistenti interdipendenze di natura economica e commerciale.
In questo particolare contesto i servizi idrici sono stati pienamente coinvolti. Innanzitutto perché la loro funzionalità non può mai venire meno per evidenti motivi di ordine igienico e sociale. Infatti, il servizio idrico rappresenta uno dei migliori alleati nel contrasto della diffusione del virus. Inoltre, in una logica di rilancio post-Covid, proprio tali servizi possono contribuire – specie nel nostro paese – alla ripartenza del sistema economico.
Rapporto tecnico dell’OMS. Il rapporto tecnico su acqua e servizi igienico-sanitari emesso e aggiornato dall’Organizzazione mondiale per la sanità (OMS) in relazione all’epidemia da Covid-19 (WHOc, 2020), ha evidenziato che non sono necessarie misure di prevenzione e controllo aggiuntive rispetto a quanto già indicato nelle linee guida sulla qualità delle acque potabili (WHO, 2017), sulle quali si basano la regolamentazione e le pratiche di gestione delle acque destinate al consumo umano adottate in Europa.
Depurazione delle acque. Per quanto riguarda la depurazione, il rapporto ha riportato che le correnti pratiche sono efficaci nell’abbattimento del virus, dati i tempi di ritenzione e i fenomeni di diluizione che caratterizzano i trattamenti, uniti a condizioni ambientali ostili che pregiudicano la vitalità dei virus. La fase finale di disinfezione consente inoltre di ottimizzare le condizioni di rimozione integrale del virus prima che le acque depurate siano reimmesse nell’ambiente.
Il Rapporto ISS Covid-19 n.10/2020 19 in relazione ad acqua e servizi igienico-sanitari, a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2020) fornisce indicazioni tecniche e raccomandazioni sulle attività di prevenzione e controllo dei rischi direttamente e indirettamente connessi all’emergenza pandemica, basate sull’attuale stato delle conoscenze.
Nelle circostanze di emergenza sanitaria causate dalla pandemia Covid-19, la fornitura di acqua potabile negli ambienti di residenza, cura e lavoro, assieme alla gestione in sicurezza dei reflui, costituisce, se possibile, ancor più una misura essenziale di prevenzione primaria, e può anche offrire un supporto tempestivo alle stesse misure di gestione emergenziale della pandemia come nel caso delle cosiddette «case dell’acqua» di rapida installazione in ospedali militari da campo.
Piani di sicurezza dell’acqua. Il recepimento delle direttive europee 98/83/CE e (UE) 2015/1787 (normative in fase di rifusione), recepite in Italia con il D.lvo 31/2001 e il DM 14/06/2017, rispettivamente, ha introdotto criteri avanzati di valutazione e gestione del rischio per le acque destinate al consumo umano secondo il modello OMS dei “Piani di Sicurezza dell’Acqua” (PSA, Water Safety Plans), che prevedono un approccio preventivo/proattivo più che retrospettivo nella gestione del rischio sanitario.
In questo ambito, i gestori dei servizi idrici integrati hanno ampliato i controlli sull’intera filiera idrica, ricercando anche parametri suppletivi, validando inoltre sistemi innovativi di controllo e trattamento che includono anche l’abbattimento di virus oltre che di batteri patogeni e protozoi, e attività di monitoraggio a garanzia del mantenimento dell’efficacia nel tempo degli stessi sistemi.
Attraverso l’integrazione delle conoscenze sulla gestione e prevenzione dei rischi, sono stati identificati eventi pericolosi e pericoli che potrebbero insorgere, indirettamente correlati all’emergenza pandemica, in primo luogo causati dalla riduzione di risorse umane per le restrizioni imposte dal lockdown.
Particolarmente critici sono risultati, in alcune circostanze, gli eventi associati a incrementi di consumi che, combinati a possibili siccità, possono causare restrizioni di approvvigionamento idrico e turnazioni di servizio con impatti anche sanitari nei mesi a ridosso del lockdown.
L’analisi di rischio elaborata per la filiera idro-potabile, traccia anche indirizzi di prevenzione per altri settori del servizio idrico integrato come fognatura e depurazione.
Il primo provvedimento adottato dal Governo è stato il D.L. nr.6/2020 concernente Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, al quale hanno poi fatto seguito numerosi altri provvedimenti.
Servizi di pubblica utilità: servizi idrici. In questo contesto, i servizi di pubblica utilità, e fra questi i servizi idrici, sono coinvolti sotto diversi profili, come nel seguito indicato.
Dal già citato rapporto dell’ISS non emergono particolari criticità in relazione ad aspetti tecnico/gestionali del SII in regime di Covid-19, infatti, non sono necessarie misure di prevenzione e controllo aggiuntive per l’acqua potabile, mentre per la depurazione si precisa che i sistemi di depurazione esistenti sono ampiamente idonei ad abbattere la carica virale del Sars.
Tuttavia, questo presuppone una piena funzionalità dei sistemi di disinfezione finali e, soprattutto, che il trattamento depurativo includa l’insieme di tutte le acque reflue scaricate, obiettivo però non ancora raggiunto.
Fra le misure adottate già dalla fase di lockdown figurano quelle relative al distanziamento e ai controlli sui cittadini che accedono alle strutture aziendali, che ha accentuato l’adozione di misure di accesso a distanza in materia di contratti, bollette e informazioni in genere, tramite il ricorso a piattaforme telematiche, mentre in alcuni casi sono state adottate o implementate specifiche app su dispositivi portatili dell’utente.
Si tratta di misure che hanno interessato anche il personale in servizio presso le aziende idriche, poiché esse spaziano da una nuova organizzazione degli ambienti di lavoro al ricorso al cosiddetto «smart-work» individuale, utilizzo di piattaforme per il «web-meeting», eccetera.
Prassi presumibilmente destinate a rimanere – almeno in una certa misura – anche a emergenza cessata, facendo così prospettare nel futuro un’azienda di servizi strutturalmente differente rispetto a quella del passato e, in un certo senso, è possibile affermare che il Covid-19 non ha fatto altro che accelerare processi organizzativi che, in molti casi, erano già in corso.
Sebbene anche in fase di crisi il servizio idrico riesca a operare in regime di sostanziale continuità tecnica, l’effetto combinato del congelamento delle attività economiche causato dal lockdown e della successiva ripartenza rallentata (se non critica), si traduce in una sensibile riduzione degli incassi.
Si è così resa necessaria l’adozione di una serie di misure sul piano regolatorio, tali da consentire da un lato, un allentamento delle tensioni sia a carico dei gestori (una loro crisi di liquidità potrebbe mettere a rischio la continuità dei servizi), dall’altro a carico degli stessi utenti del servizio.
Interventi regolatori disposti da ARERA. In questo contesto si collocano una serie di interventi regolatori disposti da ARERA con il primo atto assunto, la delibera 59/2020/R/com (primo differimento di termini per i settori idrico, energetico e ambientale) e altri, che hanno disposto il divieto di sospensione o limitazione delle forniture di energia elettrica, gas e acqua nonché, sul perimetro più limitato dei Comuni rientranti nella cosiddetta «zona rossa» ex D.L. 9/2020 (ovvero aree con elevati tassi di persone infettate), la sospensione dei termini di pagamento per tali forniture.
Sempre sul fronte dei clienti, sono stati promossi interventi regolatori che hanno fornito prescrizioni sulla rateizzazione dei pagamenti e indicazioni agli operatori per favorire l’invio di bollette in formato elettronico.
Si tratta di interventi assai simili a quelli adottati in altri paesi. Diverse agenzie internazionali – come OMS e World Bank – hanno coniato un acronimo assai evocativo: WASH, che sta per WAter, Sanitation and Hygiene, in grado di condensare in una parola le priorità da attribuire nel rapporto popolazione-servizio idrico allo scopo di contrastare la diffusione del virus.
Fra altre indicazioni comportamentali che possono trarsi da importanti realtà nazionali e internazionali si evidenziano qui l’autorità idrica del Kansas negli Usa (Kansas Water, 2020), webinar dedicati (Whatershare, 2020), oltre alle relazioni del WHO.
Il rapporto economico-contrattuale con l’utente. Un aspetto che va tenuto presente al fine di contenere la diffusione del virus è quello della stabilità del rapporto economico-contrattuale con l’utente del servizio.
Infatti, un elemento comune alle diverse realtà internazionali è rappresentato dal fatto che i lockdown imposti, più o meno estesi, hanno ridotto sensibilmente la capacità di produrre reddito da parte di cittadini e imprese. Al tempo stesso le misure di contrasto al virus che vanno adottate richiedono sempre ed ovunque la disponibilità di acqua potabile, elemento base delle attività di sanificazione a partire dal lavaggio delle mani.
Anche per questi motivi le diverse autorità nazionali hanno previsto il divieto o posposizione delle misure di interruzione della fornitura idrica per mancato pagamento della stessa nonché misure di sostegno economico soprattutto per gli utenti più fragili (anziani, disabili, eccetera).
È quanto emerge da una estesa indagine che ha interessato quarantadue paesi nei cinque continenti (GWI, 2020).
Oltre al generalizzato slittamento del pagamento delle bollette prima dell’interruzione del servizio (almeno per le categorie più deboli) si rileva che, laddove viene garantita almeno temporaneamente la gratuità della fornitura, il ricorso a provvedimenti di sospensione forzata non è necessariamente previsto.
Queste misure, in oltre il 52% dei paesi esaminati si estendono anche all’energia elettrica e, in maniera più limitata, al gas naturale e alla telefonia.
I differenti sistemi di governance possono influire sulle misure adottate; ad esempio i sussidi governativi sono per lo più presenti laddove la gestione pubblica è prevalente. Per quanto riguarda le misure tecniche adottate dai gestori idrici per contrastare il Covid-19, un riferimento comune è rappresentato dalle regole OMS in precedenza richiamate.
Una particolare attenzione è rivolta ai sistemi di collettamento/trattamento delle acque reflue, anche a maggior tutela degli operatori coinvolti; questo del resto è quanto sembra emergere dalle linee di azione della Cina.
Altrettanto comuni risultano le misure adottate, già citate in precedenza per l’Italia, come il ricorso allo smart-working, una riorganizzazione degli spazi di lavoro, il potenziamento dei servizi on-line per gli utenti, ecc.
Lo sviluppo sostenibile. Il settore idrico, per le sue intrinseche caratteristiche di essenzialità dei servizi offerti e di sostegno alla resilienza dell’intero sistema sociale/produttivo, ha rappresentato, anche durante la fase di lockdown, un comparto industriale decisivo per favorire una ripartenza dell’economia in un’ottica di sviluppo sostenibile, fungendo anche da volano per l’economia nazionale. Il settore idrico, in Italia, è stato per lungo tempo al di sotto di standard infrastrutturali e gestionali efficienti, condizione legata in parte ad una cronica carenza di investimenti che ha caratterizzato il settore dagli anni Ottanta in poi, ma anche alla complessità e instabilità dell’assetto normativo e regolatorio.
L’avvento di ARERA nel 2012 ha promosso un notevole impulso di rinnovamento grazie alla creazione di un quadro regolatorio chiaro, trasparente, stabile ed uniforme, capace di indurre un sensibile e costante aumento degli investimenti ed un netto miglioramento della qualità delle infrastrutture.
Gli investimenti. Un particolare stimolo è derivato dall’introduzione, sempre da parte di ARERA, della regolazione della qualità tecnica, che favorisce investimenti per il miglioramento delle performance della qualità del servizio.
Nuovi investimenti nei settori di attività del servizio idrico si traducono dunque in sviluppo economico, qualità del servizio e nella formazione di nuove opportunità occupazionali non soltanto dal coinvolgimento delle aziende, ma anche indirettamente sulla catena dei fornitori e sull’intero indotto.
Gli impatti economici dunque possono avere un ruolo importante in quelle realtà del Paese che soffrono la mancanza di infrastrutture, occupazione ed innovazione. È il caso delle regioni del Mezzogiorno d’Italia, zone che, per quanto riguarda il settore idrico, soffrono un annoso gap infrastrutturale con il Centro-Nord ed hanno dunque un elevato fabbisogno di investimenti.
È stato stimato che l’influenza della produzione di servizi idrici sull’economia locale, al Sud Italia, per ogni euro di fatturato genera un livello di produzione pari a circa un euro e per ogni milione di euro si impiegano circa quattordici persone (SVIMEZ, 2019).
Investire nel settore idrico nel Mezzogiorno non solo come volano economico ed occupazionale ma anche per risolvere le criticità infrastrutturali e aumentare il grado di resilienza del sistema in risposta alle possibili variazioni di disponibilità della risorsa.
Mutamenti climatici e stress idrici. Inoltre, il climate change avrà certamente un impatto anche sul ciclo idrologico, come si desume chiaramente dal V Rapporto dell’IPCC.
La regione mediterranea già soffre scarsità d’acqua e prolungati periodi di siccità, sia per l’eccessivo uso della risorsa che per caratteristiche intrinseche naturali e subirà gli effetti aggiuntivi dei cambiamenti climatici, che renderanno la risorsa idrica ancora più preziosa.
È importante intervenire presto con un piano di investimenti strategico e di lunga durata, che dovrà essere orientato alla tutela della risorsa idrica e all’esigenza di gestire ampie oscillazioni nella sua disponibilità, garantendo al contempo non solo la qualità dell’acqua erogata (alla luce anche della prevista evoluzione delle norme comunitarie), ma anche una rafforzata capacità di resilienza del sistema.
A seguito delle situazioni di emergenza idrica emerse nell’anno 2017 (uno più caldi registrato a partire dal 1961), Utilitalia ha stimato in circa sette miliardi di euro l’ammontare di investimenti necessari nel settore idrico per poter contrastare i fenomeni legati ai cambiamenti climatici.
Emerge dunque con evidenza una forte incidenza degli interventi per consentire l’interconnessione degli schemi idrici dovuto alla richiesta di aumentare l’affidabilità del sistema in caso di disservizi; abbastanza residuale appare invece l’interesse ad investire in materia di riuso delle acque reflue. In ogni caso, la crisi idrica ha messo in luce tutte le carenze del sistema idrico nazionale, che vanno risolte tempestivamente; ciò allo scopo di mitigare il rischio legato al ripresentarsi di situazioni di carenza idrica, di generare valore, di rilanciare l’economia nazionale, migliorando al tempo stesso la qualità del servizio a beneficio anche delle future generazioni.
Governance: necessario un cambio di paradigma. Al fabbisogno ingente di finanziamenti, dedicati all’adeguamento di reti ed impianti, è necessario coniugare un cambio di paradigma nella governance. Occorre inoltre una profonda revisione dei processi autorizzativi e delle procedure di appalto, il cosiddetto «Codice appalti».
A questo si aggiunga che il settore idrico italiano disegna da oramai troppo tempo un Paese a due velocità, con una profonda differenza in termini di servizi erogati negli ambiti territoriali ottimali del Centro-Nord e del Mezzogiorno.
Con il fine di riequilibrare questo scompenso, garantendo la realizzazione dei piani di investimento approvati dalle autorità locali e l’erogazione di servizi di qualità anche nelle aree del sud del Paese, è necessario assicurare un forte indirizzo statale, prevedendo un rapido subentro delle Autorità di bacino distrettuale in tutte quelle realtà in cui la riforma non verrà completata nell’immediato futuro.
In questo modo si garantirebbe l’avvicendamento automatico con un soggetto già dotato di competenze specifiche nel settore e con una visione complessiva del territorio, prevedendo eventualmente la possibilità di avvalersi anche di società appositamente individuate.
Sorveglianza epidemiologica. La sorveglianza epidemiologica rappresenta una strategia essenziale per il controllo degli eventi pandemici. In questo contesto, la sorveglianza ambientale basata sull’analisi dei reflui urbani può rappresentare un utile strumento a integrazione della sorveglianza epidemiologica, al fine di monitorare la circolazione, anche in forma asintomatica o comunque non nota ai servizi sanitari, del virus nella popolazione, ed evidenziare precocemente una eventuale comparsa/ricomparsa del virus, consentendo di riconoscere e circoscrivere più rapidamente eventuali nuovi focolai epidemici.
La sorveglianza ambientale si basa sul principio che i virus vengono escreti dai soggetti infettati principalmente mediante le feci, per periodi più o meno lunghi, raggiungono poi gli impianti di depurazione attraverso la rete fognaria. I pozzetti lungo la rete fognaria e i depuratori di acque reflue costituiscono pertanto importanti punti di osservazione della circolazione di virus e altri patogeni nella popolazione.
Nel caso del Covid-19, l’integrazione tra sistemi di sorveglianza da un lato può consentire di intercettare precocemente e seguire la circolazione del virus nei territori, dall’altro può approfondire la conoscenza delle relazioni tra soggetti sintomatici e asintomatici, supportando i processi decisionali basati sull’analisi di rischio, definiti a livello normativo con il DPCM 26 aprile 2020.
Reflui urbani. La sorveglianza dei reflui urbani, laddove effettuata in forma sistematizzata e in connessione con le reti di sorveglianza sanitaria territoriali, può essere inoltre utilizzata come early warning, ossia può rappresentare un sistema di allerta precoce in relazione alla possibilità che si verifichino focolai epidemici nella popolazione (Hellmér et al., 2014; Monge et al., 2018).
Durante l’attuale pandemia, tracce del genoma di SARS-CoV-2 sono state identificate in acque reflue nei Paesi Bassi, Usa, Francia, Spagna e Australia, mentre in Italia, frammenti del genoma SARS-CoV-2 sono stati ritrovati in reflui urbani di Roma e Milano.
In tale ottica, l’attività di sorveglianza ambientale dei reflui urbani potrebbe basarsi sul contributo sia di soggetti pubblici preposti ai controlli ambientali e sanitari, che anche degli stessi gestori del servizio per un’attività a servizio della prevenzione sanitaria nazionale, ovvero ben oltre la loro dovuta diligenza.
Si integra così la sorveglianza attiva sulla popolazione tramite controlli mirati alle comunità piuttosto che agli individui, controlli articolabili poi su base territoriale. Già importanti gestori idrici associati a Utilitalia hanno manifestato disponibilità al riguardo.
OMS e piani pandemici nazionali. Già nel 2005 l’OMS indicò l’esigenza che tutti gli Stati approntassero un loro piano pandemico nazionale allo scopo di fronteggiare future pandemie, cosa che il nostro Paese fece nel 2006.
Tuttavia, in Italia come altrove, la risposta di tali piani non avrebbe del tutto corrisposto alle attese; del resto dopo la loro iniziale stesura, questi non sarebbero stati oggetto di puntuale aggiornamento (Palladino, 2020).
Se il sistema dei servizi, ed in particolare quelli idrici, come in precedenza ricordato, è stato in grado di rispondere all’emergenza Covid-19, garantendo in maniera continua prestazioni di elevata qualità, ciò non toglie che, in alcune aree del Paese, possano ancora permanere condizioni di debolezza sul piano impiantistico e gestionale.
«Fase tre»: rilancio economico e realizzazione/rinnovo infrastrutture. Ecco, allora, che il rilancio economico da tanti invocato per superare la situazione generale di crisi dovuta agli effetti di Covid-19 può trovare in un piano articolato di realizzazione/rinnovo di infrastrutture, accompagnata da una idonea gestione industriale, i mezzi per fronteggiare le carenze del servizio, da quelle attuali a quelle che si potranno prospettare nel futuro.
Dall’adeguamento alle norme comunitarie, sino al contrasto degli effetti dovuti al climate change, con particolare riferimento ai sempre più frequenti fenomeni di siccità.
Si tratta di un obiettivo importante che, per essere pienamente conseguito, richiederà una forte semplificazione delle procedure burocratico-autorizzative; esempi positivi in tal senso, come la ricostruzione del ponte di Genova, non mancano.
Anche se è troppo presto per stendere primi bilanci di questa esperienza, si può ragionevolmente ritenere che il virus ci ha già in qualche modo segnati, costringendoci, volenti o nolenti, a diversi stili di vita e di lavoro, con un crescente ricorso alle tecnologie.
Si tratta, assieme ad altri, di aspetti che in larga misura sono destinati a permanere oltre l’attuale condizione di crisi (Stern, 2020) e che potranno influenzare le future politiche gestionali e organizzative delle aziende operanti nel SII.