Dopo un periodo di plumbea incombenza dei dazi doganali sull’economia mondiale, risultato delle politiche dell’amministrazione Trump, un colloquio telefonico intercorso tra il vicepremier cinese Liu He, il rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Robert Lightizer e il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha in parte sbloccato la situazione.
Si è trattato del via libera alla cosiddetta «fase uno» dell’accordo commerciale tra Washington e Pechino, raggiunto lo scorso 15 gennaio dopo mesi di tensioni, accordo che ha resistito anche alla pandemia da Covid-19 e alle conseguenti accuse rivolte ai cinesi dalla Casa Bianca riguardo a una presunta responsabilità dei primi nella diffusione del virus e sulla inefficace successiva azione di contenimento dei contagi.
L’annuncio di Pechino relativo alla rinuncia a ritorsioni in campo tariffario nei confronti degli Usa ha avuto un impatto immediato sulle esportazioni di sorgo dall’america, soprattutto in ragione del volume degli acquisti effettuati dalla stessa Repubblica Popolare, con gli inevitabili effetti sui prezzi.
All’inizio di luglio è stato registrato un raddoppiamento del volume complessivo venduto, che ha visto un assorbimento da parte cinese di buona parte di esso. Nel caso di questo particolare cereale, va ricordato che negli ultimi anni la Repubblica Popolare ha costituito il mercato di sbocco più importante.
Generalmente i prezzi del sorgo si allineano a quelli del mais, tuttavia, con il ritorno della presenza cinese sul mercato, essi hanno conosciuto un sensibile incremento, raggiungendo nel mese di giugno i 229 dollari alla tonnellata, il prezzo più elevato mai rilevato a partire dal luglio del 2015.
Attualmente, essi si attestano intorno a 215 dollari per tonnellata, dunque in calo rispetto al picco registrato il mese scorso, che però era stato in gran parte influenzato dall’andamento di quello del mais.
Infatti, i prezzi del mais negli ultimi mesi sono rimbalzati anche a causa del tagli apportati nel settore e delle non eccessivamente favorevoli previsioni meteorologiche.
Il sorgo americano competitivo in Cina. Il sorgo è un cereale resistente alla siccità, coltivato estesamente sia per produrre foraggio che per mangimi e impieghi in campo alimentare. Esso viene comunemente impiegato quale ingrediente energetico nei mangimi animali ed è un concorrente di quelle qualità di mais che presentano valori nutrizionali simili.
È proprio quest’ultimo diffuso cereale che, se in abbondanza a bassi prezzi, sul mercato globale spesso riduce le prospettive di esportazione per il sorgo statunitense, che vede la sua massima produzione – quasi i tre quarti del totale – negli Stati del Kansas e del Texas.
Gli Usa rappresentano il principale produttore ed esportatore di sorgo al mondo, con un enorme margine di guadagno, seppure le quantità esportate sui mercati esteri siano divenute altamente volatili a partire dal 2013, cioè da quando è stata incrementata la produzione di sorgo in Cina.
Infatti, la maggior parte della produzione di sorgo americana viene indirizzata verso le province meridionali della Repubblica Popolare cinese, dove sono presenti giganteschi allevamenti di bestiame e, dunque, si concentra e la domanda di mangimi.
L’attuale incremento delle vendite e delle spedizioni verso l’Asia indicherebbe quindi una domanda di mangimi alternativi a prezzi competitivi, oltreché il riflesso dei mutamenti politici internazionali.
A seguito del ritiro da parte di Pechino delle tariffe daziarie ritorsive nei confronti delle manovre protezionistiche poste in essere dall’amministrazione Trump, conseguenti al citato accordo raggiunto nel gennaio scorso, le importazioni di questo cereale in Cina non risultano più gravate eccessivamente, per di più il sorgo americano non è attualmente soggetto a misure di quarantena o limiti di natura biotecnologica che potrebbero ostacolarne il commercio.
La Cina è il maggiore paese al mondo che si approvvigiona di sorgo sui mercati esteri e ne importa per l’85-90% del totale dagli Usa.
Sulle dinamiche future dei prezzi incideranno i surplus produttivi e le riserve dei cereali nonché i consumi di essi, ma anche un possibile forte incremento del ritmo della ripresa economica mondiale dopo l’impatto negativo dei blocchi delle attività imposti dalla pandemia da Covid-19, nonché – nello specifico caso cinese/asiatico – dalla ripresa del settore delle carni suine dopo la disastrosa peste suina africana, in Cina sarà infatti necessario ricostituire le scorte per oltre il 70% rispetto al livello pre-ASF6.
Usa, mercato interno ed esportazioni. Nel 2018-2019, quando la Repubblica Popolare cinese era fuori dal mercato a causa della guerra dei dazi con gli Usa e la domanda estera era limitata, la maggior parte del sorgo era stata assorbita dal mercato interno americano e indirizzata all’alimentazione e alla produzione di etanolo combustibile.
Ma, l’abbondanza di mais e il concomitante rallentamento della domanda di etanolo avevano comunque abbattuto la domanda di sorgo, determinando il maggiore incremento delle scorte degli ultimi tredici anni.
Nella primavera del 2019 la produzione di sorgo è quindi scesa del 7% rispetto all’anno precedente, con una conseguente riduzione del raccolto in autunno. La ripresa della domanda in Cina registrata nei mesi successivi al marzo 2020 ha praticamente riassorbito le scorte esistenti, mettendo in luce la domanda per esportazioni.
Una dinamica commerciale che induce a prevedere per l’anno in corso spazi ridotti per il mercato interno e per le stime relative agli stock.
Il ritorno della Cina al sorgo americano ha coinciso approssimativamente con la stagione della semina, aspetto correlato con la gestione delle superfici coltivabili negli Usa.