ECONOMIA, Mes. Baldassarri: «Serve un “ponte” per l’autunno, follia rifiutare il Mes»

Mario Baldassarri, già vice-ministro dell'Economia con Berlusconi a Palazzo Chigi e presidente del Centro Studi Economia Reale, si definisce «un europeista convinto, ma non “a prescindere”» e valuta positivamente l'accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund

   Intervista di Luca Mazza pubblicata oggi dal quotidiano “Avvenire” – «Se a febbraio mi avessero detto che, pur di fronte a una crisi economica senza precedenti, l’Europa avrebbe messo in campo un totale di 2.640 miliardi (tra i 1.350 miliardi di acquisti di titoli di stato della Bce e i 1.290 miliardi di risorse di bilancio europeo), ovvero il 20% del suo Pil, francamente non ci avrei creduto per qualità, quantità e rapidità degli interventi.

Il 21 luglio 2020 resterà una data storica, a uscirne vincitore è il futuro dell’Europa».

Professore, allora va dato merito anche a Conte di aver portato a casa un ottimo risultato per l’Italia?

In tanti, compreso Conte, hanno contribuito a raggiungere un’intesa particolarmente significativa, dove oltre al fondo da 750 miliardi non va dimenticato che è stato varato il bilancio ordinario, fermo da autunno, ma è evidente che il ruolo giocato da Angela Merkel è stato fondamentale sia nella fase propositiva sia nella negoziazione con i Paesi frugali.

Se l’Ue si è saputa muovere nella direzione giusta, inoltre, lo deve a un’altra donna politica tedesca, anche lei della Cdu, ovvero Ursula von der Leyen.

È stato compiuto un primo passo verso gli Stati Uniti d’Europa?

Lo dirà il tempo, perché siamo davvero all’inizio, però sicuramente siamo di fronte a un passaggio importante. Del resto lo stesso Mario Draghi, il vero salvatore dell’Europa e dell’euro, ha sempre sostenuto che la moneta unica e il bilancio federale erano le prime due gambe per costruire la federazione degli Stati Uniti d’Europa.

Alzare il livello di finanziamenti a discapito delle sovvenzioni può comportare rischi?

È vero che 390 miliardi di aiuti sono molti meno dei 500 inizialmente previsti, ma i 360 miliardi di prestiti sono a tassi bassissimi e a scadenze decennali per cui non c’è una differenza enorme tra le due tipologie di risorse.

Con una potenza di fuoco di 750 miliardi diventa inutile ricorre al Mes come sostiene il M5s?

Sarebbe una follia rinunciare al Mes. L’Italia potenzialmente può ricevere 280 miliardi dall’Europa, per quale motivo dovrebbe limitarsi ai 209 del Recovey Fund?

Non solo: gli oltre 70 miliardi derivanti da Mes, Bei e il piano anti-disoccupazione Sure sono disponibili fin da subito, mentre i fondi del Recovery saranno accessibili solo a partire dal 2021.

Il Paese va incontro a un autunno di profonda crisi, per cui direi che non siamo nelle condizioni di rinunciare a decine di miliardi a condizioni di mercato più che favorevoli.

Abbiamo bisogno di un ponte per l’autunno usando subito il Mes per poi avere l’anno prossimo il motore di sviluppo del Recovery Fund.

Il governo pensa a una task force per le riforme. Come sfruttare al massimo questa pioggia di euro?

Non servono task-force o stati generali, ma la responsabilità politica di presentare un piano concreto di riforme e investimenti. In particolare sono cinque gli interventi da effettuare:

sulla sanità è fondamentale l’assunzione di medici e infermieri e il miglioramento dei presidi territoriali; una riforma della pubblica amministrazione;

un piano di messa a norma degli edifici scolastici con un investimento sugli insegnanti basato sul merito e non per asfissia di anni e anni di precariato;

un progetto di riassetto idrogeologico e di innovazione tecnologica mirata alla sostenibilità ambientale e che riguardi anche le infrastrutture.

Investendo 10 miliardi all’anno in questi macro-campi per cinque anni si realizzerebbero opere fondamentali per l’Italia, 250 miliardi tutti finanziati con risorse europee.

Anche una parte del centro destra italiano che negli ultimi anni si è scagliato contro “l’Europa matrigna” ora deve ricredersi?

Il fronte sovranista si sta arrampicando sugli specchi per trovare il pelo nell’uovo: capisco che dopo la campagna condotta negli ultimi anni contro l’Europa matrigna sia difficile ora riconoscere i risultati ottenuti.

Così come aveva senso criticare l’Europa dell’austerity e dei parametri del trattato di Maastricht, oggi bisogna ammettere che la risposta alla crisi da Covid è all’altezza della sfida e fa compiere all’Europa un passo storico.

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