Alle prime ore di oggi il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro e il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma, diretti e coordinati dalla Procura della Repubblica, Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno dato esecuzione al fermo di indiziato di delitti emesso dalla Procura della Repubblica nei confronti di 74 indagati per i reati di associazione di matrice ‘ndranghetistica, finalizzata alla produzione, al traffico di sostanze stupefacenti e altri delitti, e hanno dato esecuzione, altresì, a numerose perquisizioni.
L’indagine, che interessa complessivamente 158 persone, ha avuto luogo in concomitanza con una analoga attività svolta in Svizzera, che ha comportato l’esecuzione di arresti e perquisizioni da parte dell’Autorità giudiziaria elvetica, la cui collaborazione è stata preziosissima.
Si tratta di un’operazione che ha visto impegnate magistratura e forze di polizia di entrambi i Paesi, nel quadro di un’organica ricostruzione di molteplici attività delittuose poste in essere, sia sul territorio nazionale italiano che all’estero, da diversi esponenti dell’organizzazione criminale facente capo alla cosca Anello-Fruci, di Filadelfia e dei comuni limitrofi a essa, sodalizio criminale attivo nel territorio che collega Lamezia Terme alla provincia di Vibo Valentia, che permette conseguentemente il controllo dei comuni ricadenti in zona e che proietta la sua struttura anche in Europa.
I reati a carico dei fermati. A carico degli indagati destinatari del fermo sono stati formalizzati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, turbative d’asta, corruzione, fittizia intestazione di beni, ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione e traffico di armi, danneggiamenti, traffico di moneta falsa, traffico di influenze illecite, truffe ai danni dell’Inail, reati ambientali, tutte le condotte contestate con l’aggravante della modalità e/o finalità mafiosa.
L’esecuzione di oggi scaturisce da una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura distrettuale antimafia diretta da Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto Vincenzo Capomolla e dal Sostituto Procuratore Antonio De Bernardo, nonché dalla Procura della Confederazione elvetica.
L’operazione conseguente, denominata «imponimento», ha visto impegnati oltre 720 militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Catanzaro e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, supportati da altri Comandi provinciali della Calabria e dal Servizio Aeronavale del Corpo, oltreché dagli appartenenti alla Polizia federale svizzera.
L’indagine internazionale. L’indagine è stata condotta da una squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita all’Aia, in Olanda, presso Eurojust, tra magistratura e forze di polizia di Italia e Svizzera, cui hanno la Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e il Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma; per la Svizzera, la Procura della Confederazione elvetica – Divisione Protezione dello Stato, terrorismo, organizzazioni criminali di Berna e la Polizia federale svizzera.
La costituzione della S.I.C. (J.I.T.) si è rivelata uno strumento di cooperazione internazionale importante nella gestione delle indagini e nella condivisione del patrimonio informativo e probatorio, acquisito nel corso delle attività svolte nei diversi Paesi, e sotto questo profilo l’attività di coordinamento internazionale svolta dal desk italiano presso Eurojust è stata fondamentale.
È stato, inoltre, eseguito il sequestrato preventivo d’urgenza disposto dal P.M. relativo a beni immobili, aziende, società, beni mobili registrati, rapporti bancari, riconducibili ai principali indagati, per un valore stimato in oltre 169 milioni di euro.
Le indagini prodromiche all’emanazione del provvedimento di sequestro, hanno portato alla ricostruzione in capo agli stessi indagati un notevole complesso patrimoniale ubicato perlopiù in Calabria. Esso consiste in 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari, ed era detenuto sia direttamente che attraverso prestanome.
Tra i beni sequestrati figurano anche tre noti villaggi turistici, tra i più grandi della Calabria, ubicati nelle zone di Parghelia (VV), Pizzo Calabro (VV) e Curinga (CZ).
La cosca. Le indagini, facilitate anche dai riscontri di numerose intercettazione telefoniche e ambientali, nonché di puntuali dichiarazioni rese da alcuni ventinove collaboratori di Giustizia, hanno delineato i profili della cosca quale organismo in grado di muoversi agevolmente entro, ma anche oltre, il proprio territorio di appartenenza, dotato inoltre di un cospicuo patrimonio materiale e umano che lo poneva in condizioni di essere presente nei contesti più diversificati, così come di interloquire con le altre cosche, sia territorialmente prossime che più distanti.
L’associazione criminale, avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di commettere delitti, acquisiva direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche (in particolare nel settore turistico/immobiliare), deformando le logiche imprenditoriali che normalmente regolano i traffici commerciali di un’economia sana, condizionando i diversi settori della vita economica e sociale, e affermando il controllo egemonico sul territorio anche mediante reciproci accordi tra cosche operanti in articolazioni territoriali diverse.
L’estensione del raggio d’azione su cui la cosca era in grado di esercitare il suo controllo e la diversificazione dei settori, prevedeva, necessariamente, un altrettanto estesa rete di informazione e “tutela” curata da un notevole numero di personaggi posti a vedetta dei luoghi più importanti (abitazione del boss e dei suoi familiari, luoghi di incontro, vie di transito su Filadelfia), utilizzati quali tramite per l’effettuazione di comunicazioni telefoniche o, ancora, quali informatori della cosca. Di tale ultima categoria facevano parte, tra gli altri, un militare della Guardia di Finanza, fermato con l’accusa di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, aggravata dall’aver commesso il fatto al fine di procurarsi un indebito profitto patrimoniale e dalle modalità e finalità mafiose.
I settori di interesse. Diversi i settori su cui la cosca esercitava il totale controllo e plurime le condotte delittuose ipotizzate: turismo, attraverso una profonda infiltrazione all’interno di alcune delle più importanti realtà della fascia tirrenica del territorio di azione, rispetto alle quali, alcuni imprenditori del settore, ponendosi quali concorrenti esterni al sodalizio mafioso Anello-Fruci, secondo l’impianto accusatorio ne avrebbero rafforzato la sfera di influenza, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi in capo alla cosca stessa, traendone i relativi benefici sia in termini di protezione mafiosa che di tipo economico; forniture, guardiania e servizi connessi all’attività erano a gestione esclusiva della cosca;
sfruttamento patrimonio boschivo: gli interessi della cosca erano rivolti al remunerativo settore dei tagli boschivi nella zona a cavallo tra le pre-serre vibonesi
e catanzaresi. In tale settore la cosca, attraverso un imprenditore di riferimento organico alla consorteria e uomo di fiducia del capo cosca, aveva creato un collaudato meccanismo collusivo di rotazione nell’aggiudicazione delle gare relative agli appalti boschivi, tra gli imprenditori di riferimento delle cosche dei territori limitrofi per definire la spartizione dei boschi stessi.
Tale meccanismo mafioso, posto in essere attraverso turbative d’asta e illecita concorrenza sleale, godeva dell’appoggio di amministratori e tecnici comunali:
Interessi in Svizzera,:il legame di ANELLO Rocco con la Svizzera, sede di investimenti e traffici illeciti della cosca, è di lunga data.
movimento terra e fornitura di calcestruzzo: le imprese riconducibili al capo della cosca esercitavano il monopolio per le opere di movimento terra sui cantieri del territorio di competenza per la costruzione di supermercati, edifici pubblici, strutture turistico-alberghiere; grazie al suo capillare controllo del territorio riusciva a intervenire su di essi anche prima dell’avvio dei lavori, definendo tempistiche e prezzi dei lavori e addirittura, in un caso, e godendo del favore del committente, organizzando la fase dello smaltimento dei materiali tossici di risulta, che venivano illecitamente sversati in aree naturalistiche protette, cagionando una significativa compromissione del suolo e del sottosuolo; ancora, la consorteria imponeva alla aziende operanti nel proprio territorio di rifornirsi presso l’impianto di calcestruzzo riconducibile ad un altro fedelissimo;
acquisizioni immobiliari: terreni, capannoni, immobili di pregio e interi compendi immobiliari, anche con il concorso di professionisti, e di figure dirigenziali all’interno dei comuni, diventavano di proprietà di Rocco Anello attraverso l’intestazione fittizia a terzi. Ciò permetteva alla cosca, unitamente ad episodi di autoriciclaggio registrati, di acquisire un patrimonio sempre crescente e al riparo da eventuali aggressioni da parte degli organi di legge;
Truffe all’Inail. Il meccanismo collaudato predisposto e attuato con il concorso di un dipendente dell’Ente e, in alcune occasioni, anche con l’intervento di altri esponenti della cosca si concretizzava nella commissione di una serie sistematica di delitti funzionali a conseguire l’indennizzo per supposti incidenti sul lavoro dei quali veniva creata l’apparenza, anche tramite false assunzioni, o comunque per ottenere il riconoscimento di indennità in misura superiore a quella spettante.
Connesso a ciò anche la consumazione di delitti di estorsioni nei confronti dei percettori che non volevano consegnare loro la parte di denaro pattuita;
riciclaggio automezzi: la cosca si dedicava con altrettanta spregiudicatezza al riciclaggio di automezzi rubati o anche solo parti di essi. Con un’attenzione quasi
spasmodica al “mercato” e alla disponibilità dei mezzi di volta in volta di interesse, gli accoliti si mostravano in grado di operare anche personalmente, dal punto di vista meccanico, sugli automezzi, manomettendo all’occorrenza i telai in modo da renderli irrintracciabili.
Un vero e proprio arsenale quello rinvenuto e sequestrato per conto del sodalizio Anello-Fruci: fucili, carabine, kalashnikov, pistole di diversi calibri e munizionamento. Le indagini condotte hanno fatto emergere come il traffico di armi venisse svolto anche oltre confine in Svizzera.
L’attività di indagine ha, altresì, evidenziato la operatività di una specifica organizzazione riconducibile agli esponenti di vertice della cosca, dedita alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati ingenti quantitativi di sostanza stupefacente: quattro piantagioni di marijuana per un totale di circa 6000 piante, 65 chilogrammi circa della medesima sostanza già essiccata e pronta per essere immessa sul mercato; è emersa, altresì, l’opera di l’approvvigionamento di eroina nella provincia di Foggia.