LIBIA, conflitto. Le manovre Usa per fermare Haftar sono un assist all’ENI

Una delegazione militare americana avrebbe incontrato il generale Haftar per convincerlo a abbandonare la «mezzaluna petrolifera» libica

intervista con Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria, attualmente analista presso la NATO College Defence Foundation, pubblicata da ilsussidiario.net il 17 luglio 2020 – Secondo il giornale panarabo pubblicato a Londra, di proprietà saudita, “Asharq al Awsat”, una delegazione militare americana definita di alto livello avrebbe incontrato il generale Haftar per convincerlo a abbandonare la cosiddetta mezzaluna petrolifera libica.

In poche parole a cessare le operazioni militari, ritirandosi anche da Sirte. Nel territorio lasciato libero arriverebbe un contingente europeo sotto l’egida dell’Onu a garantire la pace.

Come avevamo scritto due giorni fa, sarebbe confermato il progetto americano di mettere in piedi una zona di non combattimento là dove si estrae il petrolio, permettendo così di riprendere in pieno l’attività energetica oggi ridotta al minimo. «Non solo per quello» ci ha detto l’ex generale Giuseppe Morabito, membro fondatore dell’Institute for Global Security and Defense Affairs (Igsda) e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation, «ma anche perché gli americani non possono tollerare la presenza russa in Libia.

Se le pressioni americane su Haftar poi avessero successo, Trump si porterebbe a casa un successo da spendere in campagna elettorale».

Il più importante quotidiano panarabo di proprietà saudita conferma le trattative in corso tra americani e Haftar per fargli cessare la guerra. Come mai tanto attivismo di Washington in Libia, dopo anni di silenzio?

GIUSEPPE MORABITO – Perché in Libia ci sono i russi che appoggiano Haftar. È logico che fare una pace concordata con gli americani significherebbe mettere Putin intorno a un tavolo, evitando lo scontro diretto con i turchi. Gli americani hanno capito che i russi stanno prendendo posizione nel Mediterraneo. Potrebbero fare un accordo con la Turchia come hanno fatto in Siria, e gli americani sarebbero fuori anche dalla Libia.

Secondo altre fonti intanto al-Serraj e i turchi si stanno muovendo per attaccare e liberare Sirte.

Bisogna vedere quanto Haftar ha le spalle coperte, perché c’è il fattore Egitto che pur di non avere gli jihadisti ai confini è pronto a entrare in Libia. E questo sarebbe un guaio grosso.

Chi ci guadagnerebbe se tutto questo piano andasse in porto?

Ci guadagnerebbe l’ENI. Se l’agenzia petrolifera libica ricomincia a pompare petrolio in quantità, arrivano soldi a Tripoli. Nell’accordo ci sarà da dividere questi soldi in tre, le regioni della Libia: il Fezzan, la Tripolitania e la Cirenaica. Pace vuol dire economia, economia vuol dire soldi per tutti. Anche se bisogna tener conto che in un paese così devastato da anni di guerra della ricostruzione potrebbe occuparsene la Cina, che è brava in questo.

Un altro attore sulle sponde del Nord Africa?

È la conseguenza dell’abbandono in cui è stata lasciata la Libia in tutti questi anni. Ma teniamo conto che una Libia pacificata porterebbe vantaggi a tutti, pensiamo alla Total francese. E il merito di tutto questo andrebbe a Trump sotto campagna elettorale, che ne userebbe per ottenerne vantaggio.

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