Dove origina realmente lo scontro al calor bianco sui 36 miliardi di euro mediante i quali – ricorrendo al prestito eventualmente erogato ricorrendo al Meccanismo europeo di stabilità (MES) – il Governo italiano potrebbe finanziare la ristrutturazione e il potenziamento del Sistema sanitario nazionale?
Esso è correlato a questo genere di intervento, reso necessario anche dalla recente pandemia da Covid-19, oppure risponde a una ben precisa strategia politica?
Un interrogativo che investe direttamente sia le forze «sovraniste» che quelle «anti-sistema» di questi tempi impegnate in una critica feroce nei confronti di questo meccanismo, non infrequentemente più basata sugli aggettivi che sui numeri. Un interrogativo inquietante, che si fonde ad altri sicuramente egualmente suggestivi.
Di fronte a questa crisi l’Europa ha fatto abbastanza oppure no?
Bisogna davvero avere timore degli «gnomi» e dei tecnocrati di Bruxelles che «vogliono imporre il MES all’Italia»?
Esistono delle alternative al MES?
Se, qualora in buona fede, i sovranisti e gli anti-sistema avessero invece torto sul MES e il Paese si trovasse di fronte a una campagna propagandistica montata ad arte?
E ancora: ha un fondamento oppure no sostenere che, in una fase critica come quella attuale – nella quale un insieme di Paesi in due mesi riescono a porre in essere un complesso di provvedimenti a sostegno dell’economia, seppure tra mille divergenze e difficoltà di natura politica – una operazione come quella del MES risponda a un disegno complottistico ai danni di un paese come l’Italia?
Quanto la dietrologia confligge con la realtà dei fatti?
A queste domande hanno fornito una risposta due economisti, Emilio Rossi della Oxford Economics e Costantino De Blasi dell’Associazione LiberiOltre, nel corso di un loro dibattito che ha avuto luogo una delle trasmissioni “Officina del macroeconomista”, periodicamente diffuse nel web, registrata l’11 luglio scorso, della quale è disponibile di seguito il video integrale.
Ai due economisti lo stimolo alla discussione sullo specifico tema – forse meglio sarebbe definirlo «provocazione della discussione» – è derivato da un documento diffuso da quattro parlamentari della Repubblica appartenenti al Movimento 5 stelle, forza politica che, in coalizione con altre forze di centro-sinistra, sostiene il governo attualmente in carica presieduto da Giuseppe Conte, si tratta degli onorevoli Piernicola Pedicini, Raphael Raduzzi, Alvise Maniero e Pino Cabras.
La discussione ha preso avvio da un’articolata esposizione dei numerosi provvedimenti adottati o in via di adozione da parte delle Istituzioni comunitarie europee, resi necessari dai gravi impatti della pandemia da Covid-19 sulle economie europee e, più in generale, mondiali.
Quindi, dalla iniziale delineatura di un framework macro, i due intervenuti sono passati a un puntuale esame critico del documento pentastellato di opposizione al MES, evidenziando quelle che, a loro avviso, sono delle incongruenze quando non delle vere e proprie operazioni psicologiche, tese a instillare nell’opinione pubblica paure e dubbi nei confronti dell’Unione europea.
Essi hanno affrontato i vari aspetti di un provvedimento “pronta cassa” concepito in un momento molto diverso da quello attuale, quello dell’emergenza Grecia, ma oggi riadattato alle nuove impellenti necessità.
A essere presi in esame per primi sono stati i dubbi sollevati dai parlamentari pentastellati in ordine alla supposta condizionalità del MES e alla non immediatezza dell’erogazione dei crediti, poi è stato messo in discussione l’altro assunto che – sempre secondo il M5S – vorrebbe il meccanismo europeo non rispondente al fabbisogno di liquidità espresso dall’Italia.
In seguito hanno replicato riguardo alle affermazioni relative ai presunti rischi per il Paese derivanti da una pregnante sorveglianza post-programma.
«È inevitabile – hanno essi replicato ai parlamentari pentastellati -, poiché l’Unione europea è un sistema basato su equilibri di natura macroeconomica tra gli Stati membri e, conseguentemente, eventuali squilibri indotti da dinamiche di vario genere che interessino singoli Stati porrebbero seriamente a rischio la tenuta dell’intero sistema», è a questo scopo che è stato istituito il “percorso di convergenza” che da Maastricht ha portato fino al “Fiscal Compact”.
Quel Fiscal Compact oggi sospeso proprio a causa della situazione critica, ma che dalla sua istituzione (sulla base del criterio del forward looking) tutti i Governi in carica in Italia hanno spostato in avanti nel tempo, continuando a effettuare spesa corrente in deficit.
Tuttavia, il Patto di stabilità e crescita tornerà prima o poi a essere applicato, magari in forme attenuate rispetto al passato, e l’Italia, con un debito pubblico che giungerà a superare il 160% nel rapporto con il prodotto interno lordo, non potrà sfuggire a severi regimi di riequilibrio di bilancio e di sostenibilità delle finanze pubbliche.
Inoltre, coloro i quali in queste ultime settimane hanno illusoriamente ritenuto che gli effetti devastanti della pandemia potessero livellare i Paesi membri dell’Unione europea verso il basso, verso il bisogno più estremo che rende tutti uguali, oggi si rende conto che così non è, infatti sono numerosi i Paesi membri che non rinvengono un interesse nel ricorso al MES, non perché esso non sia uno strumento utile, ma per la ragione che possono finanziarsi direttamente sul mercato a tassi di interesse equivalenti se non addirittura minori.
Questo non è vero per Grecia, Portogallo, Spagna e Italia, che invece a causa delle loro condizioni vedono applicati nei loro confronti tassi superiori a quelli sul MES.
È ovvio – hanno affermato i due relatori concludendo le loro esposizioni –, che se il Governo va in Europa a chiedere trasferimenti a fondo perduto si troverà di fronte interlocutori animati da propensioni negative, poiché il Paese ha una storia di politica economica pregressa che oggi gli rende difficoltoso il proprio finanziamento.
Restano gli interrogativi sulle posizioni politiche oltranziste di chiusura al provvedimento, che risultano maggiormente comprensibili nel caso dei partiti sovranisti oggi all’opposizione, che attraverso la loro azione propagandistica cercano di accentuare il sentimento di rifiuto delle Istituzioni comunitarie nell’opinione pubblica già permeata da euroscetticismo.
Più complesso – o forse, al contrario, estremamente semplice – il caso del movimento anti-sistema che forma la coalizione di governo: l’atteggiamento è figlio di un estremismo radicale paranoico che non accetta il confronto, chiudendosi in forme di sterile (se non distruttivo, sia per l’esecutivo in carica che per il Paese) purismo ideologico di testimonianza, oppure risponde a logiche politiche più sottili, quali quelle rispondenti a lotte intestine e strategie, magari, di dimensioni più ampie, come quelle accennate in apertura di questo articolo?