L’OPINIONE, Balcani occidentali. 100 giorni di NATO, 100 giorni di virus

La Macedonia del Nord e la sua regione di appartenenza alla prova dell’Unione europea

di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano in ausiliaria e analista della NATO College Defense Foundation – Cento giorni fa al nascere della crisi internazionale per la pandemia la Macedonia del Nord è diventata ufficialmente il trentesimo membro della NATO dopo aver depositato il suo “strumento di adesione” presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Il 17 marzo il senato spagnolo aveva ratificato il protocollo di adesione della Macedonia del Nord (già FYROM, già RSFJM), diventando il ventinovesimo e ultimo stato membro della NATO a farlo.

La stragrande maggioranza dei paesi membri dell’Alleanza ha sostenuto per molti anni l’importanza dell’adesione di Skopje alla NATO e oggi l’adesione della Macedonia del Nord è semplicemente «un successo dell’Alleanza».

La Macedonia del Nord, sotto la guida di Stevo Pendarovski, quinto presidente della Repubblica e grande sostenitore dell’adesione, è ora il quarto Stato dei Balcani occidentali a far parte della NATO (le altre sono Albania, Croazia e Montenegro), che conserva significative differenze etniche, religiose e culturali, insieme a vecchie rivendicazioni storiche e che ha beneficiato notevolmente della stabilità che la NATO ha generato sin dai tempi bui seguiti alla disgregazione della Jugoslavia di Tito.

In questi cento giorni a Skopje non si è parlato molto di NATO ma di come reagire al virus proveniente dalla Cina. Oggi per i macedoni si deve superare la crisi sanitaria poi ci si concentrerà sul traguardo raggiunto e sui suoi costi.

In particolare, al 3 luglio il governo del piccolo stato balcanico con circa due milioni di abitanti (la metà di quelli della città di Roma) ha riferito di oltre 6.700 casi confermati di Covid-19 all’interno dei suoi confini e che si erano, purtroppo, verificati oltre 320 decessi. Numeri che rientrano nelle medie balcaniche e mostrano una buona capacità del paese a contrastare la pandemia.

Sempre alla fine di marzo, c’era stato anche il via libera dei ministri UE all’avvio dei negoziati d’adesione all’Unione per l’Albania e la Macedonia del Nord. L’accordo unanime tra i ventisette membri Ue è stato annunciato dopo una riunione in videoconferenza. I ministri con delega agli Affari europei hanno dato il loro benestare a Tirana e Skopje senza tuttavia fissare date per l’apertura delle trattative. Una decisione storica che arriva dopo tre rinvii in due anni e sorpassando le perplessità di Francia e Olanda. Comunque è opinione comune che i colloqui debbano durare diversi anni.

La possibile adesione all’Ue dell’Albania e della Macedonia settentrionale (due paesi di estrema importanza geostrategica ed economica per l’Italia) ha grandi implicazioni per tutti i Balcani occidentali. Non solo la ormai possibile adesione di due dei paesi della regione apre la strada ad altri paesi, ma le condizioni che l’Ue ha stabilito per l’adesione stessa, influenzeranno notevolmente le relazioni tra i paesi dei Balcani occidentali.

La Commissione europea ha chiarito che i potenziali “Stati Membri” devono avere “buone relazioni di vicinato” perché “l’Ue non può e non importerà controversie bilaterali e l’instabilità che possono comportare”.

Ciò significa che gli stati che vogliono aderire all’unione dovranno prima aver risolto le loro controversie bilaterali. Come noto a tutti nei Balcani occidentali la maggior parte delle controversie sono causate da disaccordi sui confini, uno “strascico storico” della disgregazione dell’ex Jugoslavia, fase in cui le demarcazioni dei confini stessi non sono sempre state definite con precisione.

Trovare una soluzione rappresenterà una grande sfida per i paesi dei Balcani occidentali e l’Ue. Nella maggior parte dei casi, la controversia è una questione vitale per la sopravvivenza di uno stato e include problemi di sicurezza nazionali e internazionali. Tuttavia, l’inclusione dei paesi dei Balcani occidentali nella politica d’allargamento dell’Ue ha dato ai governi l’incentivo a risolvere tali controversie.

La prospettiva dell’adesione all’Ue ha svolto un ruolo importante nel risolvere i conflitti etnici e le sfide bilaterali nella regione dal 2001.

Un esempio di ciò è proprio la conclusione della disputa di lunga durata tra la Grecia e la Macedonia settentrionale sul nome di quest’ultima. La prospettiva dell’adesione all’Ue ha dato al governo della Macedonia settentrionale l’incentivo a cambiare il nome del paese dalla Macedonia alla Macedonia del Nord e migliorare in maniera definitiva le relazioni con la Grecia.

Non solo, ma al fine di qualificarsi per l’adesione all’Ue, i paesi devono attuare riforme in materia di governance, economia e stato di diritto al fine di soddisfare gli standard dell’Ue. Anche se l’influenza dell’Ue nella regione è aumentata nel tempo, alcune controversie saranno difficili da risolvere anche con l’aiuto dell’Ue.

Ciò è evidente nel caso della disputa Serbia-Kosovo. Entrambi i paesi aspirano ad aderire all’Ue – Kosovo come potenziale candidato e la Serbia già come paese candidato.

Ciò che ha particolarmente indebolito l’influenza dell’UE nella regione è, comunque, il mancato convinto impegno dell’Ue per un ulteriore allargamento. In particolare, l’oggi superato veto della Francia nell’ottobre 2019 di avviare i colloqui di adesione con l’Albania e la Macedonia del Nord ha creato dubbi tra i paesi dei Balcani occidentali in merito al loro futuro come Stato membro dell’Ue.

L’invito della Francia a riformare la politica di allargamento dell’Ue ha comportato un rallentamento dell’integrazione, riducendo ancora di più le aspettative dei governi della regione nel prossimo futuro. Questa percepita mancanza d’impegno da parte dell’Ue probabilmente avrà anche un impatto sulla risoluzione dei problemi bilaterali perché l’incentivo per i governi a farlo può scemare anche sotto la spinta delle potenze che si oppongono all’allargamento.

Infatti, se la mancanza d’impegno dell’Ue potrebbe essere percepito come “meno probabile possibile adesione” e i paesi cercheranno partenariati altrove (ad esempio con la Russia o la Cina).

La Russia e l’Ue, in particolare, sono state in competizione per anni sull’influenza nei Balcani occidentali. Sin dalle guerre jugoslave negli anni Novanta, la regione è stata un punto di dibattito quando si accennava” di allargamento Ue/NATO e relazioni transatlantiche.

Storicamente, la regione dei Balcani occidentali è ben al di là della considerata “sfera d’influenza” della Russia nell’Europa orientale. In termini economici, geografici e sociali, la regione ha sempre gravitato più verso l’Occidente che verso la Russia. Pertanto, l’unica opzione della Russia è stata quella di minare l’Ue (così come la NATO) utilizzando le vulnerabilità della regione nei loro confronti.

Pertanto, la Russia non vuole necessariamente portare la regione nella propria orbita, ma vuole piuttosto che la sua influenza eserciti una leva sull’Ue. Dal punto di vista della Russia, se l’Ue può intromettersi nel “cortile” della Russia (ad esempio Ucraina, Georgia, ecc.), la Russia, dopo aver “subito” l’ingresso della Macedonia del Nord nella NATO, cercherà di contrastare l’allargamento anche all’Ue e lo può fare facendo leva su vecchie controversie alimentate dal nazionalismo e la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche. Più in generale, la Russia potrebbe utilizzare coercizione, cooptazione e sovversione per raggiungere i propri obiettivi.

In contrario, l’interesse della Cina per la regione non è tanto politico, ma più geo-economico. Aumentando la sua influenza, la Cina sta tentando di utilizzare i Balcani occidentali come gateway e piattaforma commerciale di transito verso l’Europa occidentale, che è la regione cui sono veramente interessati.

I tassi di disoccupazione medi nei Balcani sono circa del 20% e l’economia ha un disperato bisogno d’investimenti. La Cina ha colto quest’opportunità investendo denaro nella regione per guadagnare rapidamente influenza. Pechino ha garantito degli investimenti fornendo prestiti e, di conseguenza, creando una dipendenza a lungo termine.

La maggiore presenza della Cina nella regione è, quindi, il risultato diretto di un vuoto di potere diplomatico/economico creato dalla stessa Ue. La mancanza d’impegno europeo nei confronti della regione ha permesso a Pechino di trasformare i Balcani occidentali, come indicato poco prima,   da un’area di non interesse relativo in una delle sue importanti aree di gravitazione economica e questo è avvenuto in pochissimo tempo.

Se l’Ue non accresce il proprio impegno nei confronti della regione, darà alla Cina e/o alla Russia la possibilità di divenire attori importanti per il futuro dei Balcani. Si può sperare che l’avvio del processo di adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord all’Ue abbia inviato un chiaro messaggio a tutti i governi dell’area sul “nuovo impegno” dell’Ue nella regione.

Con l’inizio del semestre di presidenza della Germania dell’Unione Europea è d’obbligo, in conclusione, citare la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Ci sarà solo un’Europa veramente unita con la partecipazione degli stati dei Balcani occidentali».

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