Riferendosi all’altare ceceno realizzato l’anno precedente da Caspar David Friederich, nel 1909 Basilius von Ramdohr affermò che, in realtà, era una vera e propria presunzione per la pittura di paesaggio intrufolarsi nelle chiese «e strisciare sugli altari», aggiungendo che «quel misticismo che si insinua ormai ovunque e che, come una foschia narcotica, si tesse verso di noi dall’arte e dalla scienza, dalla filosofia e dalla religione».
Egli mise dunque in discussione quel genere pittorico criticandolo per altro anche sul piano delle regole stilistiche.
Polemiche del passato? Sembrerebbe di no, visto che è tuttora animata la disputa riguardo alla separazione dell’arte moderna dal sacro. Un tema che è stato affrontato ieri da cinque illustri esperti, convenuti presso la basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Piazza della Repubblica a Roma (quella che un tempo si chiamava Piazza dell’Esedra) in occasione dell’anteprima dell’esposizione del dittico del pittore irpino Ettore De Conciliis “Le pale del Mediterraneo”.
Un’opera che infonde pace e serenità in chi la contempla, un dittico perfettamente in armonia con il tempio cristiano che lo ospita, al quale lavorarono Michelangelo e Vanvitelli, fatto di per sé sufficiente a fornire una risposta al quesito sulla supposta incompatibilità tra contemporaneo e sacro.
Sono calde, dipinte con colori pastello, le due pale realizzate partendo dagli studi sul tema dell’acqua in precedenza effettuati dal pittore siciliano Piero Guccione e collocate, non a caso, nel battistero.
L’acqua, uno dei quattro elementi fondamentali della vita e della natura, ma al contempo anche forte elemento che nell’immaginario richiama l’infinito, evocando la purificazione e il lavacro. Un simbolo forte, dunque, che ha una sua precisa valenza religiosa, nel sacro e nell’attuale, quando quei flutti divengono teatro di quotidiane tragedie, inghiottendo schiere di disperati in cerca di un futuro migliore. Uomini alla disperata ricerca della vita, che, tuttavia, sul loro dolente cammino trovano invece ad attenderli, inesorabile, la morte.
Un «mare di prossimità», così lo definisce l’artista, rappresentandolo sulle due grandi tele nelle quali predomina il blu del Mediterraneo, e dove egli inserisce appunto l’elemento tragico, «gli spiriti dei martiri di oggi».
Egli, raffigurando un tempo sospeso, quasi metafisico, e richiamando contestualmente il concetto di eternità, che ha voluto collegare all’elemento sacro, trasmette una sensazione di tranquillità. Di purezza e speranza. Ognuno potrà poi leggere questo tempo, interpretando il messaggio che l’opera d’arte comunica.
Forse non è casuale che De Conciliis abbia ultimato le opere nel periodo del blocco totale delle attività reso necessario dall’emergenza coronavirus, anche quello a suo modo, un tempo sospeso per l’umanità.
Afferma al riguardo Lorenzo Zichichi, che dell’esposizione a Santa Maria degli Angeli e dei Martiri è l’organizzatore: «Quando abbiamo avuto la possibilità di compiere degli interventi in questa splendida basilica, dove peraltro sono presenti altre opere di arte contemporanea, in particolare un intervento nel battistero, quindi un luogo dedicato all’acqua dalla religione cristiana, chiesi a Guccione di realizzare le pale, che avrebbero dovuto venire esposte ai lati di un dipinto rappresentativo del noli me tangere. Il pittore siciliano le realizzò, una raffigurava la Maddalena che abbraccia il Cristo, l’altro un paesaggio con la luna».
In quella occasione le opere, presentate dall’allora direttore dei Musei vaticani professor Antonio Paolucci, suscitarono grande interesse e anche un po’ di clamore, poiché vi si raffiguravano un noli me tangere con due figure che si abbracciano e la presenza di un paesaggio in una chiesa cristiana, due aspetti innovativi realizzati, comunque, ricorrendo alla solida tecnica artistica della pittura a olio.
«Trascorsi alcuni anni – prosegue Zichichi – la Chiesa insistette frequentemente nel tentativo di rendere di maggiori dimensioni gli interventi effettuati in precedenza e io convinsi Guccione a rifare le due pale. Lui abbozzò le due opere che poi collocammo in sito, esse raffiguravano esclusivamente un paesaggio, che nell’idea iniziale doveva essere quello del fiume Giordano. Collocate le pale nella basilica, il pittore venne a Roma per ultimarle, un lavoro che sarebbe dovuto durare una decina di giorni, ma poi, tornato in Sicilia, si ammalò e morì il 6 ottobre dell’anno scorso».
Compreso ormai che queste opere non potevano venire esposte così come erano, cioè ancora delle bozze, venne richiesto a Ettore De Conciliis di completare il lavoro di Guccione.
«Con grande umiltà e grande coraggio – conclude l’organizzatore dell’esposizione – De Conciliis dette una sua reinterpretazione a queste pale fino ad allora mai ultimate. Ora, grazie alla sensibilità di don Franco, parroco di santa Maria degli Angeli e dei Martiri, esse si trovano proprio di fronte alle opere realizzate da Guccione, dove due dittici di due grandi pittori del nostro tempo possono essere ammirati».