CRIMINALITÀ, contrasto. Roma, confiscati in via definitiva beni del clan camorristico dei casalesi e del gruppo Guarnera di Acilia

Il provvedimento, divenuto definitivo per effetto della sentenza della Corte di Cassazione, origina da un’indagine della Guardia di Finanza dell’ottobre 2013. L’ammontare complessivo della confisca è pari a oltre ventidue milioni di euro

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito il decreto di confisca emesso dalla Corte di Appello della capitale nei confronti di cinque appartenenti al cosiddetto «clan dei casalesi», nel caso di specie al gruppo Iovine, nonché al contiguo e autonomo gruppo Guarnera di Acilia, un atto avente a oggetto beni per un valore complessivo di oltre ventidue milioni di euro.

Il provvedimento, divenuto definitivo per effetto di una sentenza della Corte di Cassazione, trae origine da una estesa indagine condotta dagli uomini delle Fiamme gialle, che nell’ottobre del 2013 nell’ambito dell’operazione “Criminal Games”, aveva condotto all’arresto di Mario Iovine, Sergio e Sandro Guarnera, Franco Crispoldi e Arben Zogu per i reati di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni e illecita concorrenza con minaccia o violenza.

Nell’ambito di quello specifico contesto era stata accertata l’esistenza di una vera e propria joint-venture attiva nel remunerativo settore delle slot machine, che venivano imposte agli esercizi commerciali autorizzati del territorio di Acilia anche mediante ricorso ad azioni intimidatorie e violente da parte dei camorristi e di noti personaggi della malavita romana.

In particolare, il boss Mario Iovine (detto «Rififì») aveva progressivamente esteso le sue illecite attività nel settore delle slot machine dalla Campania al Lazio, coinvolgendo soggetti già attivi in quel comparto, cioè i Guarnera.

A seguito dell’arresto dello Iovine, avvenuto del dicembre 2006, i fratelli Guarnera avevano promosso e organizzato un autonomo gruppo criminale, secondo le sentenze giudiziarie «strutturato a perfetta imitazione della consorteria casertana e ricalcante le medesime logiche delittuose», questo anche grazie alla collaborazione prestata dal loro amico e socio in affari Franco Crispoldi e ad Arben Zogu, avvalendosi anche di un “braccio armato” costituito dai cosiddetti «pugilatori».

Il già evidente profilo di pericolosità sociale dei protagonisti delle vicende veniva aggravato dagli elementi acquisiti nell’ambito dell’operazione “Vento dell’Est”, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma (DDA) e condotta dal GICO del Nucleo di polizia economico-finanziaria, conclusa nel luglio 2015 con nove ordinanze di custodia cautelare per i reati estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

I successivi approfondimenti economico-patrimoniali, finalizzati alla ricostruzione dei beni direttamente o indirettamente riconducibili ai soggetti monitorati, consentirono poi di acclarare come tutti i proposti avessero accumulato un patrimonio di ingente valore ma in misura sproporzionata rispetto ai redditi leciti percepiti, nonché conducessero un tenore di vita assolutamente incoerente rispetto alle loro possibilità economiche.

Il decreto eseguito oggi, che – va sottolineato – determina la definitiva acquisizione dei beni da parte dello Stato, ha ad oggetto la quasi totalità di quanto sottoposto a sequestro e a confisca di primo grado, rispettivamente nel 2016 e nel 2018, a seguito di provvedimenti emessi dalla Sezione specializzata misure di prevenzione del Tribunale di Roma su richiesta della DDA della capitale, vale a dire: il capitale sociale e l’intero patrimonio aziendale di sette imprese, nove unità immobiliari e un terreno siti a Roma e in provincia di L’Aquila, due autovetture e due motocicli; oltre a rapporti finanziari, per un valore complessivo superiore ai ventidue milioni di euro.

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