CONFLITTI, vettori guidati. Israele e la minaccia missilistica: una spada di Damocle che pende sullo Stato ebraico

Oggi contro una minaccia missilistica di precisione la difesa attiva è una condizione necessaria tuttavia insufficiente, in quanto richiede misure complementari

È recente il filmato immesso nel web da Hezbollah, nel quale – nella migliore tradizione della propaganda del movimento sciita libanese – veniva rappresentata, completa di corredo sonoro e minacciosa e ammonente voce fuori campo, una simulazione della distruzione dell’area urbana di Tel Aviv, il tutto descritto nei minimi particolare da didascalie in lingua ebraica.

Non si tratta certo di una novità, poiché ai cittadini israeliani sono ormai note da tempo – almeno dagli ultimi anni del secolo scorso – le indiscusse capacità nel settore delle operazioni psicologiche dei sottocomitati del “Partito di Dio”, mentre di nuovo ci sarebbe il fatto che il consolidato assunto secondo il quale «missili e razzi non vincono guerre» sarebbe stato messo seriamente in discussione dal progressivo schieramento in linea di moderni e precisi sistemi missilistici guidati ritenuti capaci di offrire livelli di efficacia pari a quella espressa dai velivoli da combattimento.

Si tratta infatti di armi relativamente semplici nell’uso che al contempo non comportano l’esigenza di approntare infrastrutture vulnerabili e voluminose quali le basi aeree militari, che, essendo per altro «immobili» rappresentano un potenziale pagante obiettivo per il nemico.

Al giorno d’oggi missili e razzi guidati sono quindi in grado di paralizzare le infrastrutture civili e militari di interi paesi, aprendo in questo modo la strada alla loro sconfitta in caso di conflitto.

Alla luce delle considerazioni svolte è stata dunque inevitabile una riflessione su questo genere di armi, sia nel senso della difesa da esse che in quello del loro impiego in funzione offensiva.

Un passaggio epocale nella storia della guerra. Nel Paper No. 1607 pubblicato il 16 giugno 2020 dal “Besa Center Perspectives”, Uzi Rubin – in passato direttore della Israel Missile Defense Organization, che ha gestito lo sviluppo del programma “Arrow”, e attualmente Senior research associate presso il Begin-Sadat Center for Strategic Studies dell’Università Bar-Ilan – afferma che l’emergere di questi sistemi d’arma segna un passaggio nella epocale storia della guerra.

La ragione egli la riconduce alla possibilità che essi forniscono alle organizzazioni terroristiche e alle milizie non governative di disporre degli strumenti per ottenere la superiorità aerea senza necessariamente operare mediante alcun velivolo da combattimento.

Superiorità aerea significa accesso allo spazio aereo ostile negando al nemico quello proprio, quindi la libertà di colpire il nemico in sicurezza quanto è necessario. Una libertà di azione che si ottiene mediante l’impiego dello strumento aereo convenzionale per sopprimere quello avversario, neutralizzandone le difese aeree a terra e degradandone conseguentemente la complessiva capacità di sostenere un o sforzo in termini bellici attraverso la successiva distruzione delle sue componenti militari terrestri e navali e anche la paralisi del suo sistema economico e industriale.

Il primo esempio di negazione dell’accesso al proprio spazio aereo viene fornito dal fallimento della Luftwaffe tedesca nella Battaglia d’Inghilterra, cioè quando – in quel caso i britannici – contrastarono il nemico ricorrendo a un impiego combinato di radar, velivoli da caccia e centri di controllo del fuoco. Si trattò del primo moderno sistema di difesa aerea integrato.

Nel 1967 gli israeliani avviarono le operazioni della «Guerra di sei giorni» annientando praticamente le forze aeree di Egitto, Giordania e Siria, negando così loro la capacità di colpire dall’aria il territorio e le forze armate dello Stato ebraico. Un blitz propedeutico alla successiva vittoriosa offensiva terrestre di Tsahal (Israel Defence Force, IDF).

In seguito, l’Egitto di Anwar Sadat scatenò un’operazione simile nell’ottobre 1973 (Guerra dello yom kippur), conseguendo tuttavia sul campo risultati più modesti (diversi sarebbero stati quelli politici).

Nel corso dell’Operazione “Mole Cricket-19”, lanciata dall’Israel Air Force (IAF) nella fase iniziale della guerra del Libano nel 1982 (Operazione “Pace in Galilea”), Tel Aviv ottenne la supremazia aerea nei cieli della Siria e del Libano, sconfiggendo così in parte il dispositivo terrestre di Hafez al-Assad nel Paese dei cedri.

Missili balistici e missili da crociera. Sempre dalla Battaglia d’Inghilterra combattuta nel 1940-41 derivano altri insegnamenti, quelli tratti dalla risposta tedesca alla propria incapacità di penetrare lo spazio aereo britannico. Essi, infatti, giunsero allora a concepire il concetto di bombardamento mediante missili piuttosto che con i velivoli, questo perché le difese aeree del tempo non erano in grado di intercettare i vettori che compivano la loro traiettoria di rientro (sostanzialmente precipitavano) a velocità supersoniche.

I missili balistici offrirono dunque quella capacità di penetrazione (dunque di ottenimento della superiorità aerea) che i bombardieri convenzionali avevano perduto, associandovi inoltre la contestuale riduzione esponenziale delle perdite di piloti e di velivoli, soprattutto dei primi, che a un certo punto Göering non riuscì più a rimpiazzare in egual numero considerati l’elevato numero di abbattimenti.

Un mutamento epocale, seppure allora la scarsa precisione di V1 e V2 non consentì a Hitler di cambiare il corso della guerra.

Secondo Uzi Rubin, la sproporzione tra l’immenso sforzo tedesco nello sviluppo, nella costruzione, nella distribuzione e nel lancio dei missili – da lui ritenuto comunque «un brillante risultato dal punto di vista tecnico» – e il loro ridotto impatto sull’esito finale del conflitto, sarebbe stato poi interiorizzato da buona parte degli strateghi e dei progettisti militari del dopoguerra, inclusi quelli israeliani.

Sempre secondo Rubin, il citato assunto secondo il quale «missili e razzi non vincono le guerre» avrebbe accecato i decisori politico-militari israeliani per anni, impedendogli di considerare adeguatamente l’incombente minaccia di natura missilistica.

Nel corso della Seconda guerra mondiale e anche dopo di essa, diverse potenze (Usa e Regno unito in primo luogo) si applicarono al raggiungimento del secondo obiettivo insito nella superiorità aerea: l’accesso allo spazio aereo nemico. Per farlo svilupparono e produssero in massa bombardieri strategici.

Ma, le esperienze maturate durante l’ultima guerra inducevano a considerare con una buona dose di scetticismo la concreta efficacia sul piano strategico dei bombardamenti a tappeto effettuati da sciami di velivoli pesanti, che sì, causarono danni tremendi alle città tedesche provocando la morte di almeno un milione di civili, tuttavia senza assolutamente conseguire l’effetto dell’annichilimento industriale del Reich. Questo a fronte di inaccettabili perdite alleate, ridottesi soltanto negli ultimi mesi di guerra, quando le residue capacità della difesa aerea tedesca si esaurirono.

Superiorità aerea messa in discussione. Nel Vietnam le forze di Hanoi seppero impiegare sapientemente contro l’USAF i missili terra-aria e i velivoli intercettori forniti loro dai sovietici, mettendo in alcune fasi e luoghi del conflitto seriamente a rischio la superiorità aerea del gigante americano.

Durante la lunga guerra tra Iran e Iraq – la cosiddetta «guerra dimenticata» combattuta dal 1980 al 1988 -, svanita l’ubbia di Saddam di sconfiggere la Repubblica Islamica con una “guerra lampo”, il conflitto degenerò in una guerra di logoramento nel corso della quale i bombardieri iracheni (ceduti al dittatore dall’Unione Sovietica e dalla Francia) colpirono Teheran e le altre più importanti città iraniane oltreché terminali petroliferi e petroliere.

Tuttavia, a quel tempo l’aviazione militare degli ayatollah (IRIAF) riuscì ancora a far alzare in volo un certo numero di moderni aerei intercettori di produzione statunitense acquistati dallo scià prima della Rivoluzione islamica del 1979, che abbatterono numerosi velivoli iracheni, costringendo Saddam ad interrompere la propria campagna di bombardamenti strategici.

Il dittatore iracheno, in gravi difficoltà sui campi di battaglia terrestri, ricorse quindi ai missili balistici, facendo modificare i suoi SCUD incrementandone la gittata. Gli Al-Hussein (questo il nome dato ai duecento nuovi vettori), vennero poi impiegati nei bombardamenti strategici sulle città iraniane.

Alle perdite in termini di vite umane (in particolare tra la popolazione civile) ed economiche provocate dai missili iracheni viene ricondotta la decisione di accettare il cessate il fuoco assunta dall’ayatollah Khomeini. Dunque, in quel caso i missili fecero vincere la guerra a quello tra i belligeranti che li poté e seppe usare.

Nel mondo arabo, in precedenza sia Nasser che al-Assad si erano orientati verso una strategia di impiego di missili balistici in funzione di potenza aerea surrogata, nel caso siriano, dopo la sconfitta nella guerra in Libano del 1982, Damasco si dotò di un arsenale di vettori e della capacità di armarli con testate chimiche, sulla base della logica fatta propria dal ministro della difesa Mustafa Tlass, che sottolineò il principio dell’intercambiabilità tra aerei e missili affermando che la guerra del 1982 «era stata una guerra aerea», ma che la successiva sarebbe stata «una guerra missilistica».

Diffusione della tecnologia e conversione dei vecchi vettori. Le organizzazioni non statuali che attualmente bersagliano il territorio israeliano dal Libano e dalla striscia di Gaza (principalmente Hezbollah e Hamas), non hanno mai avuto la possibilità di dotarsi di una forza aerea, di risulta si sono equipaggiate con enormi scorte di razzi e missili di semplice concezione (AKA rockets).

Ma, se originariamente armi del genere erano estremamente imprecise e inadatte a strike di precisione, quindi impiegate per saturare col fuoco aree di concentrazione delle truppe avversarie ed effettuare bombardamenti terroristici sui centri abitati, il progressivo ottenimento di livelli di maggiore precisione resi possibili dal progresso tecnologico e dalla diffusione dell’elettronica (si pensi agli attuali smartphone) hanno consentito, con una spesa modesta, la conversione dei razzi non guidati in rudimentali missili di precisione.

Oggi i missili guidati di precisione vengono sviluppati e commercializzati sul mercato degli armamenti da tutte le principali potenze mondiali e anche da altri paesi. Nel Medio Oriente parte di questi ultimi sono impegnati in uno sforzo di conversione dei vecchi sistemi in armi di precisione, fornendo inoltre ai propri alleati regionali competenze e materiali che li pongono nelle condizioni di acquisire a loro volta capacità missilistiche.

Nel Paper del Besa Center Rubin afferma che Israele è «ansioso di frustrare il progetto relativo ai missili di precisione di Hezbollah» in quanto una volta raggiunta tale capacità, la milizia sciita libanese eleverà la propria capacità bellica al livello di quella di una forza armata statuale».

Egli aggiunge che: «Hezbollah verrà in possesso di tutti i vantaggi di una forza aerea offensiva senza il bisogno di dotarsi di velivoli da combattimento, poiché i suoi missili saranno in grado di paralizzare qualsiasi installazione vitale e di terrorizzare qualsiasi centro abitato sul territorio israeliano».

Il tallone d’Achille dell’Air Power: ein-Assad insegna. Uno dei maggiori vantaggi offerti dai razzi e dai missili lanciati da terra è costituito dalla loro ridotta segnatura: i lanciatori sono piccoli e difficili da rilevare e distruggere, a differenza di quelli del passato, che erano molto più imprecisi.

L’Air Power, al contrario, presenta il tallone D’Achille della dipendenza da enormi basi terrestri con estese piste di decollo e atterraggio, hangar, shelter di vario tipo, officine, depositi, centri di comunicazione e così via.

La vulnerabilità delle basi aeree giganti e statiche agli attacchi missilistici di precisione è stata dimostrata nel corso dello strike missilistico iraniano compiuto lo scorso gennaio sulla base aerea irachena di ein-Assad, utilizzata dai militari statunitensi. Prima dell’attacco, a presidio della base, in missione di sorveglianza operavano gli UAV Predator, ma uno dei missili iraniani ha colpito un condotto di comunicazione sotterraneo recidendo le linee in fibra ottica che relazionavano la centrale di controllo e i ricetrasmettitori del sistema, con la conseguente perdita del controllo da terra dei velivoli senza pilota, collegamento via satellite ripristinato soltanto dopo alcune ore.

«Inutile dire – sottolinea Rubin – che gli aerei da combattimento statunitensi rischierati in Iraq furono impotenti nei confronti dell’attacco missilistico e, in poche parole, l’Iran riguadagnò la superiorità aerea sulla base grazie ai suoi missili di precisione».

L’ex direttore della Israel Missile Defense Organization giunge poi a elaborare un’inquietante ipotesi.

La forza di Hezbollah. «Ora, una volta che Hezbollah sarà equipaggiato con missili di precisione, è ovvio che li userà per lanciare un attacco al territorio israeliano nella fase di apertura di eventuali future ostilità con lo Stato ebraico, lanciando salve di missili di precisione allo scopo di paralizzare le basi aeree della IASF (Israel Air and Space Force, n.d.r.). A quel punto il sistema di difesa attiva Iron Dome, o qualsiasi altro futuro apparato laser ad alta potenza, saranno probabilmente in grado di distruggere la maggior parte dei missili in arrivo, però non tutti, poiché la difesa attiva non garantisce una difesa ermetica. Dunque, qualunque cosa riuscirà a penetrare lo scudo difensivo potrà erodere le capacità della forza aerea israeliana, così come i missili iraniani hanno fatto in Iraq con gli americani».

La convinzione di Rubin è che «contro una minaccia missilistica di precisione la difesa attiva è una condizione necessaria tuttavia insufficiente, in quanto richiede misure complementari».

Egli ne indica una nella cosiddetta difesa passiva, ovvero la schermatura di installazioni vitali mediante spesse pareti di cemento in grado di resistere a colpi diretti.

Tuttavia, seppure tecnicamente fattibile, questo genere di risposta risulterebbe molto costoso e inoltre richiederebbe tempo per il suo approntamento, col rischio che, anche se venissero stanziati i finanziamenti necessari, non vi sarebbe però alcuna garanzia che la schermatura venga completata in tempo.

I contrasti intestini a Tsahal. Un altro genere di risposta potrebbe essere quello di diversificare le capacità offensive della IASF al fine di compensare il degrado delle sue potenzialità nel corso della fase iniziale del conflitto. «Se Hezbollah può stabilire una “forza aerea senza aerei” – afferma al riguardo Rubin -, altrettanto lo potrà fare Israele».

In Israele progetti relativi a sistemi di precisione sono in corso di sviluppo da più di un decennio, le industrie del settore Difesa hanno testato una serie di missili di lanciati a terra aventi diverse gittate, ma a oggi le IDF hanno acquisito solo la versione a breve raggio e in una quantità limitata.

A parere di Rubin «sistemi di precisione a più lungo raggio, come la gamma di missili balistici di teatro Lora prodotti dalla Israel Aerospace Industries, che hanno una gittata di 400 chilometri e recano una testata di guerra da 570 chilogrammi , vengono esportati con successo in eserciti stranieri, ma non introdotti in linea nelle IDF».

Fonti di stampa del Paese ebraico hanno recentemente ricondotto questa impasse ai contrasti interni alle forze armate, laddove la IASF si sarebbe opposta all’equipaggiamento delle forze terrestri con sistemi missilistici di precisione aventi gittate superiori ai cento chilometri. Se così davvero fosse si tratterebbe di contrasti intestini concernenti le prerogative su specifiche competenze e gli stanziamenti nel bilancio dello Stato alla voce «Difesa».

Rubin si dice convinto che «è tutt’altro che sicuro che Israele possa permettersi questo temporeggiamento».

La proposta di istituire uno specifico dispositivo d’attacco missilistico che sostenga la le forze aere è stata accantonata da un paio di anni in seno alle IDF.

I sistemi di precisione a corto raggio acquisiti è previsto che forniscano all’esercito un supporto “di artiglieria a lungo raggio” nel corso delle operazioni terrestri, sopperendo all’eventuale riduzione della capacità della forza aerea di condurre operazioni qualora le sue basi si trovino sotto il fuoco nemico.

«I moderni missili di precisione – conclude Rubin – hanno la medesima potenza di fuoco degli aerei da combattimento, ma sono meno vulnerabili di loro, in quanto non si basano su basi aeree enormi e immobili, che rappresentano facili bersagli. Missili e razzi a guida di precisione possono paralizzare le infrastrutture civili e militari di interi paesi, aprendo la strada alla loro sconfitta».

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