CRIMINALITÀ, stupefacenti. Le nuove forme di spaccio imposte dal coronavirus

La gestione manageriale delle cessioni di droga: la «centrale operativa» situata nel quartiere romano di San Basilio riceveva gli ordini e successivamente indirizzava i «runner» per il recapito delle sostanze ai clienti

Si percepiscono sempre più frequentemente gli effetti sullo spaccio di sostanze stupefacenti conseguenti alle limitazioni imposte dal blocco generalizzato delle attività a suo tempo disposto per limitare la diffusione dei contagi da Covid-19.

Vanno diversificandosi le forme di cessione della droga ai consumatori ed emergono anche nuove aggregazioni criminali che sperimentano, spesso con successo, innovative modalità di spaccio.

Come nel caso dell’agguerrito gruppo di giovani romani nei confronti dei quali la Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari (Gip) del Tribunale della capitale su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

Nuove metodologie di spaccio. Sono numerosi i reati contestati alle sette persone – tutti cittadini italiani attualmente in stato di detenzione, tre in carcere e quattro agli arresti domiciliari, tra i quali figura anche Paolo Pirino, arrestato in relazione al procedimento penale per l’omicidio di Luca Sacchi – che, secondo l’accusa, avevano costituito un vero e proprio «call center» funzionale alla cessione di dosi di cocaina, un riferimento comodo e sicuro a quale si rivolgevano centinaia di consumatori allo scopo di ricevere a domicilio le dosi dello stupefacente.

Comodo e sicuro per i clienti poiché permetteva loro di effettuare i rifornimenti di droga minimizzando i rischi connessi al tradizionale approvvigionamento “su strada”, eliminando le fasi potenzialmente pericolose della ricerca e dell’approccio con il pusher, dell’acquisto materiale (cessione del denaro a quale corrispettivo della droga) e del successivo trasporto fino al luogo di consumo.

Superamento del concetto di “piazza di spaccio”. Infatti, la metodologia recentemente introdotta superava il concetto territoriale di “piazza di spaccio”, applicando un modello – così come definito dal Gip – «estremamente efficace, sia nell’ottica della facilitazione della domanda che della riduzione di tempi e passaggi per soddisfarla», minimizzando i rischi sia per il cedente che per l’acquirente.

I militari della Guardia di Finanza del GICO del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno accertato che il sodalizio criminale gestiva lo spaccio facendo base operativa nel quartiere romano di San Basilio, ricevendo gli ordinativi per mezzo di un “centralino telefonico” attivo tutti i giorni dalle ore 14:00 alle 02:00 di notte.

La «merce» era cocaina, successivamente consegnata in tutta la città per mezzo di propri corrieri, runner reclutati in prevalenza tra i clienti in difficoltà economiche spesso anche soggetti a tossicodipendenze, retribuiti in parte con denaro e in parte con stupefacenti.

Questi ultimi recavano al seguito soltanto una o, comunque, poche dosi di cocaina da recapitare, facendo ritorno più volte a rifornirsi per le successive consegne.

Elevato volume di affari. L’organizzazione era in grado di soddisfare, senza soluzione di continuità, dalle trenta alle cinquanta ordinazioni quotidiane nei giorni feriali, arrivando anche fino al target di ottanta nei giorni prefestivi e festivi.

Nonostante venissero trattate volta per volta piccole quantità di droga – nel gergo criptico utilizzato «un amico» indicava una dose, mentre «una mano» cinque grammi –, il ricavo medio era comunque elevato, in quanto pari a circa 15.000 euro a settimana.

Atteso il giro di clienti che il sodalizio criminale si era formato, principalmente per mezzo del passa parola, unitamente ai  ricavi dell’attività di spaccio posta in essere, la metodologia alla quale avevano fatto ricorso gli aveva consentito di operare in tranquillità, ritagliandosi uno spazio di tutto rispetto in un contesto di per sé già a fortissima presenza criminale come il quartiere di San Basilio, dove insistono gruppi agguerriti con superiore caratura malavitosa.

Un sistema efficace. Tre telefoni comunicavano esclusivamente tra loro: uno riceveva gli ordini dai clienti, un altro era in dotazione ai pusher che, su turnazione di lavoro, rifornivano i consumatori della droga, un terzo comunicava con i rifornitori dello stupefacente.

Al momento della «ripartenza delle attività» nel dopo emergenza contagi, ai clienti era stato inviato un sms promozionale per comunicare la ripresa dello spaccio: «Ciao bello\a sono lele di san basilio siamo stati fermi x un po a causa del covid19 comunque da domani alle 14 fino alle 2 di notte risaremo attivi con amichetti a 30 e (mani o tmax a 230) disponibili a raggiungerti dove sei siamo tornati al top top chiamami un abbraccio lele».

Il sistema funzionava bene anche perché i rischi complessivi venivano ridotti al minimo, al punto che la diffusione della conoscenza di questo “servizio” offerto sul mercato degli stupefacenti aveva portato a un allargamento della clientela anche al di fuori della città di Roma. Non infrequente, infatti, erano i recapiti di cocaina presso turisti che alloggiavano in hotel e bed and breakfast della capitale.

Convivenza pacifica con altri gruppi criminali. Qui assume rilevante interesse il nuovo modus operandi che caratterizzava l’iniziativa criminale del gruppo, il citato superamento del concetto territoriale di spaccio, oltre a minimizzare i rischi insiti nella specifica attività, ha fatto anche sì che esso evitasse di entrare in conflitto con organizzazioni maggiormente strutturate presenti e radicate in una zona di frontiera come quel quartiere della periferia romana.

Infatti, sarebbe stato impensabile per un sodalizio come il loro – per quanto agguerrito e spregiudicato – soppiantare le organizzazioni maggiormente strutturate preesistenti che quel quartiere già occupavano, al contrario, la «piazza di spaccio virtuale» gli consentiva di operare tranquillamente coprendo sostanzialmente l’intera città.

Il meccanismo funzionava, anche perché i fornitori – i trafficanti del livello superiore che di fatto costituiscono le strutture sovraordinate delle piazze di spaccio territoriali – avevano tutto l’interesse a massimizzare i profitti, quindi a che il sodalizio emergente (che in ogni caso non lavorava su San Basilio) smerciasse droga.

Fino a quando non si verificheranno sottrazioni eccesive di volumi di spaccio ai sodalizi criminali che ancora ricorrono ai sistemi di spaccio tradizionali non si dovrebbero verificare riequilibri del controllo del territorio.

Operazione «San Basilio call center». L’attività investigativa condotta dagli uomini delle Fiamme gialle aveva avuto inizio nel corso del primo semestre del 2019, ma con l’avvio dapprima della cosiddetta «fase due», poi della «fase tre», successive al lockdown si era registrata la ripresa delle attività

Al riguardo va inoltre rilevato che, nel corso delle indagini il Pirino si era reso protagonista di un tentativo di investimento di due militari della Guardia di Finanza che gli avevano intimato l’alt per un controllo. Il 23 maggio dello scorso anno, venuti al corrente di una prevista consegna di droga, i Finanzieri avevano tentato di bloccarlo, ma lui, alla guida della propria autovettura, invece di fermarsi aveva accelerato tentando di travolgere i due militari per poi dileguarsi.

Il reato di tentato omicidio non è tuttavia oggetto di contestazione a carico del Pirino, seppure venga menzionato nella sua ordinanza di custodia cautelare.

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