GOLFO PERSICO, crisi e possibili soluzioni. Gli sforzi del Kuwait per colmare le fratture in seno al CCG

L’intervista rilasciata ad “Al-Arabi Al-Jadeed” da Lulwah Al-Khater, portavoce del Ministero degli Affari esteri dello Stato del Qatar

a cura dell’Amabasciata del Qatar a Roma; Doha, 5 giugno 2020 di Anwar Al-Khatib, intervista pubblicata da “Al-Arabi Al-Jadeed” – L’assistente del ministro degli Esteri e la portavoce del Ministero degli Affari esteri dello Stato del Qatar, Lulwah Al-Khater, ha affermato che proseguono gli sforzi del Kuwait per risolvere la crisi del Golfo, ribadendo la posizione del Qatar sempre aperta alla possibilità di colmare la frattura, purché sia nel rispetto reciproco tra i Paesi e all’interno della legittimità internazionale.

In un’intervista per Al-Arabi Al-Jadeed, Al-Khater ha risposto in un’e-mail a causa delle misure precauzionali adottate per affrontare la pandemia del Corona virus: «I Paesi del blocco che hanno causato la crisi continuano a crearne altre, forse perché credono che l’instabilità creata non sia mai stato affrontato prima dalla comunità internazionale in modo rigoroso».

Al-Khater non ha rivelato il contenuto di ciò che è stato portato dal ministro degli Esteri kuwaitiano, Ahmed bin Nasser Al-Muhammad Al-Sabah, durante la sua recente visita in Qatar nell’ambito della mediazione del Kuwait per risolvere la crisi del Golfo, ma la portavoce ha affermato l’adesione dello Stato del Qatar al dialogo condizionato da determinate basi e pilastri per risolvere la crisi del Golfo, il più importante di questi è il rispetto reciproco che preserva la sovranità degli Stati e garantisce che l’indipendenza delle decisioni non venga violata.

Al-Khater ha anche smentito nuovamente l’intenzione del Qatar di ritirarsi dal Consiglio di Cooperazione del Golfo affermando che «parlare di un eventuale ritiro dello Stato del Qatar dal Consiglio di Cooperazione del Golfo è solo il frutto di voci circolate di recente tra la gente, forse perché c’è uno stato d’irrequietezza a livello popolare circa l’utilità e l’efficacia degli organi del Consiglio di Cooperazione del Golfo per quanto riguarda il proseguimento della crisi Golfo che sta entrando nel suo quarto anno».

Ecco di seguito il testo dell’intervista che Al-Arabi Al-Jadeed ha fatto con la funzionaria qatarina.

 

AL-ARABI AL-JADEED – La crisi del Golfo sta entrando nel suo quarto anno … ma è diventata un’inevitabile realtà?

LULWAH AL-KHATER – Dall’inizio della crisi, lo Stato del Qatar ha fatto presente che i Paesi del blocco stanno cercando di normalizzare questa crisi e rendere l’attuale situazione e le sue conseguenze, dalla separazione delle famiglie comuni, all’ostacolare e impedire ai cittadini del Qatar di compiere il Hajj e le Umrah oltre ad altre pratiche illegali, come una questione normale e naturale. Inoltre, gli stessi Paesi che hanno causato la crisi continuano a creare altre crisi, forse perché ritengono che l’instabilità che hanno creato non sia stata affrontata in maniera rigorosa dalla comunità internazionale e, nonostante la crisi sia una realtà in cui viviamo, lo Stato del Qatar ha superato le sue conseguenze su molti livelli e ciò che ci preoccupa è la rottura del tessuto sociale del Golfo e le ripercussioni della crisi sulla sicurezza collettiva della regione.

È noto che si è tenuto un dialogo tra il Qatar e l’Arabia Saudita per risolvere la crisi, che si è concluso improvvisamente all’inizio di quest’anno per la parte saudita. Qual è il punto su cui si è interrotto il dialogo? Sono stati raggiunti dei risultati?

Come sapete, lo Stato del Qatar ha sempre invitato al dialogo per risolvere questa crisi. Il dialogo è parte integrante della diplomazia dello Stato del Qatar e dell’approccio che ha. Questo è il Paese che è riuscito a raggiungere un accordo per portare la pace in Afghanistan, che speriamo possa essere un inizio del percorso giusto per il fratello popolo afgano. Noi lavoriamo per risolvere i problemi di altri Paesi attraverso canali diplomatici, e quindi è ovvio che noi adottiamo quest’approccio per preservare l’unità del Consiglio di cooperazione del Golfo. Bisogna però dire che questo dialogo è subordinato a determinati fondamenti e pilastri, il più importante dei quali è il rispetto reciproco che preserva la sovranità degli Stati e garantisce che non vi siano violazioni dell’indipendenza delle decisioni. Vale la pena sottolineare che non siamo stati noi a fermare il dialogo, e oggi ci sono degli sforzi che apprezziamo molto da parte dello Stato fratello del Kuwait, e la nostra risposta, come sempre, è stata positiva e verso il ritorno alla via del dialogo secondo un insieme di principi che lo Stato del Qatar ha affermato in più di un’occasione.

Gli sforzi kuwaitiani. C’è stata di recente la diffusione di informazioni sul desiderio dei Paesi del blocco di raggiungere una soluzione della crisi del Golfo, chiediamo se sono stati presi contatti con Doha al riguardo?

Sì, c’è stata una visita del ministro degli Affari esteri del Kuwait nello Stato del Qatar nel mese di Ramadan, durante la quale ci ha informati dei continui sforzi dell’emiro dello Stato fratello del Kuwait per risolvere la crisi, e c’è stato al riguardo uno scambio di opinioni tra funzionari, e abbiamo affermato la nostra posizione che ben accoglie sempre gli sforzi fatti per sanare la frattura purché questi siano nel quadro del reciproco rispetto tra gli Stati e nel quadro della legittimità internazionale.

Il ministro degli Esteri kuwaitiano ha visitato Doha questo maggio. Vorremmo sapere se questa visita segnala la ripresa degli sforzi di mediazione kuwaitiana per risolvere la crisi del Golfo.

Lo Stato fratello del Kuwait non ha risparmiato sforzi sin dal primo giorno della crisi del Golfo nel tentativo di risolvere questa crisi e avvicinare le diverse posizioni, e siamo sempre in contatto con lo Stato fratello del Kuwait, e la cooperazione e il coordinamento non sono mai stati interrotti a questo proposito. In questo contesto, affermiamo che lo Stato del Qatar ha risposto positivamente ogni volta che c’è stata un’iniziativa o un invito da parte di Sua Altezza l’Emiro dello Stato del Kuwait, e a tutti i livelli, anche a livello popolare, poiché non dimenticheremo l’appello di Sua Altezza lo Sceicco Sabah Al-Ahmad dal cuore dell’Assemblea Nazionale ad impegnarsi ad adottare un approccio etico nei discorsi, quindi la risposta dello Stato del Qatar è stata immediata attraverso una serie di dichiarazioni ufficiali che hanno sottolineato quest’approccio.

Cosa c’è di nuovo che il ministro kuwaitiano ha portato riguardo alla fine della crisi del Golfo? Qual è la natura della risposta del Qatar al riguardo?

Gli incessanti sforzi del Kuwait, fin dall’inizio, sono sempre stati per trovare un terreno comune e questo non è specificamente correlato a questa visita. Da un lato, lo Stato del Qatar è stato sempre legato al supremo interesse della regione nel suo insieme e alla sicurezza dei suoi popoli e abbiamo ripetutamente sottolineato negli ultimi tre anni che tutte queste controversie hanno dei canali attraverso i quali si possono risolvere, partendo da basi comuni senza violare le leggi e le consuetudini internazionali e regionali, la peculiarità e la sovranità di ciascun Paese, e lo Stato del Qatar ben accetta sempre gli sforzi di dialogo all’interno di questi principi.

 

Consiglio di Cooperazione del Golfo. È una delle opzioni per il Qatar di ritirarsi dal Consiglio di Cooperazione del Golfo per chiudere il fascicolo della crisi del Golfo? È mai stata sbandierata quest’opzione da parte dello Stato del Qatar?

Si tratta solo di voci che sono circolate ultimamente tra le persone quando si parla di ritiro dello stato del Qatar dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, forse perché c’è uno stato d’irrequietezza a livello popolare per quanto riguarda l’utilità e l’efficacia degli organi del Consiglio di Cooperazione del Golfo per quanto riguarda il protrarsi della crisi del Golfo che entra nel quarto anno. Non c’è dubbio che l’attivazione del ruolo del Consiglio di Cooperazione del Golfo è una necessità, non solo per il Golfo ma anche a livello regionale, ma quest’attivazione richiede di esaminare le sfide che il Consiglio deve affrontare in maniera seria, onesta e in modo consapevole della difficile fase storica che la regione sta attraversando. È bene notare la buona cooperazione tecnica che esiste attualmente riguardo alla crisi del Covid-19 tra i ministeri della Salute nei Paesi del CCG. In questo contesto, elogiamo la dichiarazione del segretario del Consiglio di Cooperazione del Golfo che ha affermato che il Consiglio sta affrontando delle sfide senza precedenti che richiedono un pensiero collettivo e un’azione comune.

C’è stata una distensione nell’ambito sociale e nelle relazioni delle famiglie allargate tra i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo?

Questa crisi ha spezzato i legami delle famiglie allargate del Golfo, rendendo difficile e persino quasi impossibile per i familiari comunicare tra loro come prima: era consuetudine per i qatariani viaggiare in vacanza per andare a trovare i loro familiari in altri Paesi e viceversa, ma questo è diventato quasi impossibile con la situazione attuale. Inoltre, l’accesa dialettica mediatica ha fortemente violato questa struttura sociale, quindi temiamo che la nuova generazione, che non ha vissuto momenti di condivisione tra gli Stati del CCG, dimentichi il significato dell’unità storica, religiosa e sociale tra i popoli della regione. Qui affermiamo che stiamo continuando con le modalità di approccio e con le direttive di Sua Altezza lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, che hanno sempre enfatizzato gli autentici valori e i principi islamici ed arabi e di concentrarsi sulle questioni della patria e anche di sostenere tutte le giuste questioni arabe, islamiche e umanitarie.

Ci sono detenuti qatarini imprigionati per questa crisi in uno dei Paesi del blocco?

Ci sono molti rapporti della Comitato Nazionale per i diritti umani nello Stato del Qatar che mostrano varie violazioni, la più recente delle quali è stata la relazione pubblicata in occasione del terzo anniversario del blocco. Ricordiamo anche il rapporto del comitato tecnico dell’Alto Commissariato per i diritti umani in cui sono stati monitorate tutte le violazioni che hanno confermato che la natura delle misure adottate non si limitava al governo dello Stato del Qatar, ma riguardava piuttosto e sistematicamente i suoi cittadini.

 Controversie. Che dire delle denunce che lo Stato del Qatar ha fatto contro i Paesi del blocco e delle richieste di risarcimenti per i danni del blocco: quali le novità in merito?

Ci sono numerosi casi pendenti in diversi organismi internazionali, alcuni dei quali rappresentano lo Stato del Qatar e alcuni rappresentano soggetti privati danneggiati nello Stato del Qatar, tra questi ad esempio vi è il crimine di pirateria dei canali Be In Sports, per non parlare delle migliaia di persone danneggiate economicamente a causa dell’impossibilità di accedere alle loro proprietà e di esercitare i loro diritti nei Paesi del blocco. Secondo il Comitato Nazionale per i Diritti Umani nello Stato del Qatar vi sono circa 10 mila casi relativi al risarcimento e oltre 4.000 casi che sono stati portati davanti alla giustizia internazionale. In tale contesto, ricordiamo che nel luglio 2018 la Corte Internazionale di Giustizia ha approvato le richieste dello Stato del Qatar di attuare una serie di misure provvisorie, come il diritto a ricorrere ai tribunali, il ricongiungimento delle famiglie comuni e di consentire agli studenti di entrare negli Emirati Arabi Uniti fino all’emissione di sentenza sulla causa promossa dallo Stato del Qatar. Si tratta quindi di un riconoscimento implicito di tali violazioni contro i cittadini del Qatar, anche perché l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha documentato molte violazioni nel suo rapporto sulla crisi del Golfo. Inoltre, lo Stato del Qatar continua a seguire il percorso legale davanti alle organizzazioni e agli organismi internazionali per ripristinare i diritti dei suoi cittadini che sono stati danneggiati dalle misure dei Paesi del blocco, e questo perché lo Stato del Qatar crede nel diritto internazionale, nelle convenzioni e nei trattati internazionali ai quali è vincolato e a cui ricorre per ottenere giustizia.

Come descriverebbe i continui cyber attacchi contro il Qatar sui social media, e quali sono i messaggi che i Paesi del blocco vogliono fare pervenire?

La maggior parte delle persone era felice che questo cyberspazio costituiva uno spazio alternativo per le persone per esprimere opinioni, pensieri diversi e lontani dall’influenza dei governi, società transcontinentali e capitali che riflettono solo i valori materiali e non riflettono necessariamente le sfide dell’Uomo di oggi, ma questa questione ha preso una nuova direzione non solo nella crisi del Golfo, anche se è diventata un esempio lampante di questa, ma in molte altre regioni del mondo. Abbiamo iniziato a vedere la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso eserciti elettronici di trolls e la trasmissione di falsità come se fossero verità, e di valori artificiali e avvelenati come se fossero un prodotto organico e naturale della società. Milioni di dollari alimentano e vengono pagati ad alcune aziende specializzate per orientare  l’opinione pubblica e non riflettere i fatti così come sono.

È sorprendente ciò che è accaduto nella crisi dallo sfruttamento dei trolls agli attacchi informatici, dietro i quali c’erano i Paesi del blocco, e il fatto che abbiano trovato spazio nelle prime pagine dei media globali, poiché hanno interferito con una serie di fascicoli politici in quei Paesi. Il lettore inoltre non deve dimenticare che Facebook e Twitter hanno entrambi annunciato la chiusura di migliaia di account appartenenti a questi Paesi, e nonostante tutti questi tentativi di ribaltare i fatti, si è trattato solo di una distrazione per le persone da ciò che è più importante o un tentativo per coprire altri problemi. D’altra parte, questi attacchi informatici sono un trucco usato dai deboli quando non possono usare la logica o la buona educazione nel dialogare.

Vi sono indicazioni che assisteremo quest’anno a una contrazione della crisi del Golfo o è ancora troppo presto per dirlo?

Gli sforzi continuano e, se ci sarà qualche novità in proposito, verrà annunciato a tempo debito.

Pandemia da coronavirus e CCG. Non abbiamo visto alcuna cooperazione tra i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo nella crisi del coronavirus, fatta eccezione per una riunione dei ministri della Salute degli Stati del Golfo – alla quale è stato impedito al ministro della Salute del Qatar di partecipare – e riunioni a distanza di cui i cittadini nei Paesi del Golfo non hanno visto alcun risultato concreto. Crede che il ruolo del Consiglio di Cooperazione del Golfo si sia esaurito?

Sebbene la cooperazione tecnica esistente nella crisi del coronavirus avrebbe potuto raggiungere mete più ambiziose, non vogliamo ridurre il valore degli sforzi esistenti, soprattutto perché alcuni comitati tecnici continuano a coordinarsi a diversi livelli. Ci sono ad esempio riunioni e coordinamento tra i ministeri del Lavoro. Lo Stato del Qatar non costituirà mai un ostacolo a nessuno di questi sforzi e non tenterà di politicizzarli, e questo è ciò che ci auguriamo di vedere anche da parte degli altri.

Gli aiuti di Doha. Il Qatar fornisce aiuti a molti Paesi per far fronte alla diffusione del corona virus e questi aiuti sono stati molto apprezzati da questi Paesi. Quanti sono stati questi aiuti e a quanti Paesi sono stati inviati e quali sono stati i messaggi che il Qatar ha voluto inviare attraverso la fornitura di questi aiuti?

In attuazione delle direttive di Sua Altezza lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, l’Emiro del Paese – che Dio lo protegga – e per la ferma convinzione dello Stato del Qatar della responsabilità e degli obblighi globali, lo Stato del Qatar è stato rapido nel fornire assistenza medica urgente di cui i Paesi e i loro team medici avevano bisogno, al fine di contenere e controllare i focolai della pandemia del Corona virus. Il Fondo del Qatar per lo Sviluppo (Qatar Development Fund) ha fornito questi urgenti aiuti sanitari a 21 paesi fratelli e amici. Il volume di questo supporto è stato di circa 200 tonnellate trasportate da Qatar Airways, che a sua volta ha riportato nel loro Paese di origine oltre 1,8 milioni di persone che erano bloccate, a causa della chiusura della maggior parte degli aeroporti del mondo. Qatar Airways ha inoltre fornito 100.000 biglietti gratuiti agli operatori sanitari di tutto il mondo e ha offerto uno sconto del 30% sulla spedizione di materiale medico sanitario e umanitario a tutti coloro che desiderano trasportare tali materiali.

Vale la pena ricordare che lo Stato del Qatar ha donato due ospedali da campo all’amica Repubblica italiana. È inoltre in corso una cooperazione con la NATO per il trasporto di forniture mediche ed umanitarie a numerosi Paesi bisognosi con anche la partecipazione del Regno Unito insieme alla NATO in quest’operazione. Uno dei paradossi in questo contesto è che lo Stato del Qatar sta facendo tutti questi sforzi e i suoi aerei volano in tutto il mondo per soccorrere diversi Paesi nel momento in cui gli Stati del blocco cercano di isolarlo e impongono restrizioni all’uso dei loro spazi aerei. Vale la pena sottolineare che queste restrizioni hanno effettivamente reso più lunghi questi viaggi e aumentato i loro costi. Non sarebbe stato più vantaggioso per i Paesi del blocco cooperare con noi per sostenere questi sforzi invece di ostacolarli? Lo Stato del Qatar non vive isolato dal resto del mondo, poiché riteniamo che la responsabilità ricada su tutti noi, specialmente in tempi di crisi, ed è quindi importante compiere tutti gli sforzi possibili per ridurre le conseguenze delle crisi ed il loro impatto negativo su Paesi e popoli.

Come vede le relazioni internazionali dopo la crisi della pandemia del coronavirus? Crede che abbiamo bisogno di un nuovo approccio nei Paesi arabi e nel Consiglio di Cooperazione del Golfo al riguardo?

L’intero mondo dopo il coronavirus non sarà più lo stesso di prima, e questo include il Consiglio di Cooperazione del Golfo, ma è ancora troppo presto per dire con certezza quali saranno questi cambiamenti. Lo Stato del Qatar ha comunque ripetutamente enfatizzato la necessità di riconsiderare il sistema di azione congiunta araba e l’importanza di un contratto politico e una nuova percezione della sicurezza che stabilisce un insieme di principi base e stabilisce una definizioni di questioni importanti, in primo luogo del concetto di pericolo, e quali sono le minacce che continuano a danneggiare la struttura dello Stato Arabo  a livello collettivo.

Per quanto riguarda il livello delle relazioni internazionali, questa pandemia ha rivelato i problemi strutturali del sistema internazionale e delle organizzazioni multilaterali, che sono stati sempre enfatizzati da Sua Altezza l’Emiro dello Stato del Qatar nei suoi recenti discorsi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e nonostante lo scetticismo di molti nell’efficacia dell’azione multilaterale, l’attuale crisi ha dimostrato che la natura del nostro mondo moderno e interconnesso nei suoi sistemi richiede l’esistenza di quest’azione collettiva e congiunta, poiché una parte del mondo non può sopravvivere a questa pandemia senza l’altra parte e rimane la domanda: come possiamo trasformare questa prova in un dono che ci farà ristrutturare questo sistema globale nell’interesse di tutta l’Umanità?

Condividi: