UCRAINA, Donbass. Le dinamiche belliche e quelle politiche attraverso l’opinione di un osservatore anti-atlantista

Neonazisti, mercenari a pagamento, jihadisti, criminali comuni, addestratori: chi sta combattendo contro le milizie del Donbass e chi li supporta

a cura di Enrico Vigna di SOS Donbass, pubblicato da “DonetskRussia” il 13 giugno 2020 (le opinioni espresse nell’articolo riflettono l’esclusivo pensiero dell’autore) – La guerra nel Donbass continua, anche se nei nostri media nessuno ne parla più.

Quotidianamente i neonazisti dei battaglioni punitivi ATO, continuano a bombardare e attaccare città e villaggi delle due Repubbliche popolari, anche con l’obiettivo di cercare di sabotare qualsiasi seppur modesto tentativo di pacificazione e soluzione del conflitto.

Per di più, perché in questa prospettiva, essi cesserebbero di avere un buon reddito sicuro e un loro ruolo politico nello scenario ucraino.

Azov, Aidar, Dnepr, Donbass, Kiev2, OUN, UNSO, Sich, Carpathian Sich, Sokol, Shakhtyorsk, Tornado, questi i nomi dei più tristemente noti.

Chi c’è tra le fila di questi battaglioni oltre ai fanatici neonazifascisti ucraini?

Qui, una sintetica documentazione che può aiutare a conoscere questa realtà.

Un quadro documentale su mercenari e volontari che combattono nei ranghi dei battaglioni punitivi delle forze armate ucraine contro il Donbass …dove si possono trovare fianco a fianco società militari private, singoli mercenari, istruttori dall’Europa e dagli Stati Uniti.

Migliaia di stranieri stanno combattendo dalla parte del governo di Kiev, nel sud-est dell’Ucraina. Negli ultimi mesi molti servizi di intelligence europei, hanno riferito che soggetti del Caucaso settentrionale, che avevano partecipato alle guerre in Siria e Iraq, sono stati visti sui fronti del Donbass al fianco delle unità dell’esercito ucraino, che affronta le forze armate della Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk. Fanatici neonazisti, mercenari, jihadisti, agenti stranieri professionali, criminali comuni: questi i cardini su cui si è fondata la nuova Ucraina “democratica ed europea”.

Il fronte del Donbass è ritenuto anche dai servizi di sicurezza europei un “area calda”.

Neonazifascisti e fanatici. Secondo il quotidiano inglese “The Guardian” alcuni estremisti neonazisti britannici sono stati reclutati dai loro omologhi ucraini, in particolare tra le fila del famigerato Battaglione Azov, i quali spesso incorporano nelle loro fila mercenari a pagamento.

Secondo il movimento antifascista britannico Hope Not Hate, gruppi neonazisti coinvolti nei combattimenti in Ucraina sono in stretto contatto con attivisti britannici di estrema destra. Già nel novembre 2017, la rivista tedesca “Spiegel” aveva indicato che nei ranghi del battaglione nazionalista Azov vi erano mercenari dalla Germania e da altri paesi europei. Secondo il quotidiano tedesco, i radicali ucraini attirano persone affini nel corso dei vari raduni neonazisti, facendo propaganda con video, volantini e distribuendo materiali propagandistici, non solo in Germania ma anche in altri paesi europei.

Nel libro “Ucraina. Tra golpe, neonazisti, riforme”, Zambon editore, avevo documentato con foto e documenti riservati già nel 2014 questa realtà.

Un esempio è quello di Artem Shirobokov, partito per l’Ucraina nel 2014 e aggregatosi a “Pravy Sector” (Settore Destro) Patrioti dell’Ucraina”, il cui leader Andriy Biletsky fu uno dei primi a formare un battaglione volontario per combattere nel Donbass.

È stato con Azov per due anni e ha dichiarato di aver preso parte a tutte le sue azioni, è stato coinvolto in battaglia a Mariupol, Ilovaisk e altri luoghi. È accusato di reati e violenze anche contro i civili, è tuttora nella lista dei ricercati, essendo stato condannato a cinque anni in contumacia insieme ad altri suoi camerati individuati.

«Abbiamo rilevato l’arrivo di più di ceno estremisti delle unità neonaziste di Pravy Sector nella zona del villaggio di Mironovka per il rafforzamento della linea del fronte della 54ª Brigata. Queste unità di Pravy Sector vengono spesso utilizzate per l’ attuazione di provocazioni e atti terroristici contro la popolazione civile», questo aveva denunciato il maggiore A. Marochko della RPL nel 2016.

Jihadisti e fondamentalisti islamici. Lo scorso anno, l’agenzia di polizia Europol ha individuato alcuni jihadisti ceceni e caucasici di ritorno dai fronti siriani e iracheni, la stessa fonte ha rivelato che quasi la metà dei terroristi originari di quelle zone hanno un passaporto austriaco.

Sempre l’anno scorso, anche il quotidiano britannico “The Times” aveva riportato che molti militanti che avevano combattuto tra le fila dell’ISIS in Siria e Iraq, dopo le sconfitte inflitte loro dall’Esercito arabo siriano, stanno ora combattendo con i nazionalisti ucraini. Secondo l’articolo sono tutti ben addestrati e armati e le unità di mercenari stranieri hanno, oltre a una consistente dotazione di armi leggere, anche veicoli corazzati e lanciagranate.

Questi, oltre ad un aspetto di paga ben remunerata, uniscono un fanatismo di fondo anti-russo, che non ha potuto trovare in Crimea un terreno fertile, infatti il gruppo jihadista tartaro di Hizb ut Tahrir, è stato debellato dopo l’unificazione della penisola con la Russia, e tranne alcune cellule, molti di essi si sono spostati sull’altro fronte dell’Ucraina.

Anche il Center for Democracy Usa, importante punto di osservazione e analisi, ha riportato che tra i circa cento tatari di Crimea che hanno combattuto in Siria insieme ai ribelli anti governativi siriani, molte decine di essi dopo le sconfitte subite nel Paese arabo si sarebbero spostati in Ucraina con l’obiettivo strategico di aprire un fronte di battaglia nella penisola di Crimea, quale secondo passaggio dopo il Donbass.

Infatti, il monitoraggio web ha evidenziato che i fondamentalisti islamici – soprattutto quelli sotto l’influenza dell’Arabia Saudita – invitano i volontari a recarsi in Ucraina e difendere i tatari usando l’hashtag #NafirforUkraine.

«Nafir» è una parola araba che i terroristi islamisti usano come invito all’azione. Nel 2016 l’allora portavoce della Milizia popolare della RPL, il maggiore A. Marochko in una conferenza stampa aveva denunciato l’arrivo di circa duemila mercenari, dei quali  molti parlavano arabo: «Circa duemila mercenari vestiti in uniforme nera sono arrivati nella zona del villaggio di Lysychansk. Alcuni di loro comunicano in lingua araba. Tutti i mercenari arrivati sono stati collocati in campi estivi per bambini e case private vuote», ha egli affermato.

Durante una ricognizione di unità militari della RPL è stata scoperta la presenza di mercenari turchi che combattono al fianco delle forze armate ucraine nei pressi della linea di contatto in Donbass, aveva sempre rivelato lo stesso Marochko in un suo report.

Secondo quel rapporto, circa venti mercenari con armi di piccolo calibro erano stati individuati in una casa privata sul bordo orientale del villaggio di Bolotene.

Nell’agosto 2015 Ucraina e Turchia hanno creato la Brigata internazionale musulmana. Riunitisi presso l’hotel Bilkent di Ankara il 1º agosto 2015, sotto la presidenza congiunta dell’allora ministro degli esteri ucraino Pavlo Klimkin e del vice primo ministro turco Numan Kurtulmus, si è svolto il secondo Congresso mondiale dei Tartari, Mustafa Abdulcemil Çemiloglu, capo storico dei tartari anti-russi e collaboratore della CIA sotto la presidenza Reagan, ha lì annunciato a nome del Governo ucraino, la creazione della Brigata internazionale musulmana in opposizione al «separatismo russo in Crimea».

La Brigata, con sede a Kherson, nei pressi del confine della Crimea, comprende volontari tatari, ceceni, uzbeki, azeri e mescheti (Georgia).

Dopo il congresso Çemiloglu è stato ricevuto dal presidente Reçep Tayyip Erdoğan che ha assicurato il sostegno della Turchia.

Mentre in Medio oriente tutti (a parole) hanno dichiarato una guerra senza quartiere all’ISIS (e la Siria, la Russia , l’Iran lo hanno fatto), altri nella realtà hanno finanziato e utilizzato gli jihadisti, come Turchia, USA, Arabia Saudita.

La conferma di questo sporco doppio gioco è dimostrata in Ucraina. Nello stesso momento che la dirigenza statunitense affermava attraverso i media il presunto pericolo di un attacco sul territorio americano dello Stato islamico che per questo andava combattuto, Washington attraverso la sua creatura imposta a Kiev, il governo frutto del golpe del 2014 e il Califfato si sono accomunati sullo stesso fronte in Ucraina.

In numerosi articoli pubblicati da “L’Intercept”, Marcin Mamon ha documentato un aspetto del conflitto in Ucraina a cui nessuno ha fatto attenzione: il ruolo giocato dal battaglione Dudaev, «un’unità di combattimento di islamisti radicali composta da ceceni, ma che include anche combattenti di tutto il Caucaso, così come alcuni ucraini».

Il Battaglione Dudaev. Con il nome del primo presidente della Cecenia separatista, Djokhar Dudaev, il battaglione Dudaev è stato formato e guidato da Isa Munayev, poi ucciso nell’est del’Ucraina.

Animati da un odio fanatico per i russi che li accomuna ai neonazisti di Kiev, essi hanno dichiarato che così ritenevano di ripagare un debito, perché i battaglioni degli ultra-nazionalisti di Pravyi Sektor che si battono nel Donbass avevano aiutato i ceceni in passato contro i russi.

Infatti, una delle figure più importanti del gruppo neonazista, Oleksandr Muzychko, aveva combattuto a fianco di Munayev e dei fratelli ceceni contro le forze di Mosca.

Intervistato da Mamon, Ruslan, uno dei combattenti del Dudaev, aveva detto: «Io sono qui oggi perché mio fratello Isa ci ha chiamato e ha detto: “È tempo di ripagare il vostro debito. C’é stato un tempo in cui i fratelli di Ucraina sono venuti (in Cecenia) e si sono battuti contro il nemico comune, l’aggressore russo”».

Muzychko, uno dei maggiori esponenti della galassia neonazista ucraina, aveva combattuto a fianco del capo terrorista ceceno Shamil Bassaev, il cervello dietro al massacro della scuola di Beslan.

Muzychko é stato poi ucciso in una sparatoria con la polizia ucraina, ma questa alleanza per i terroristi islamici ha anche un altro aspetto per loro strategico, ed è quello indicato da Mamon: «L’Ucraina è una tappa importante per i fratelli come Ruslan. In Ucraina si può comprare senza problemi, un passaporto e una nuova identità. Per 15.000 dollari, un combattente riceve un nuovo nome e un documento giuridico attestante la sua cittadinanza ucraina. L’Ucraina non fa parte dell’Unione europea, ma é una via facile per l’immigrazione verso l’Ovest. Gli ucraini hanno poche difficoltà ad ottenere dei visti per la vicina Polonia, dove possono lavorare nei cantieri, riempiendo il vuoto lasciato da milioni di polacchi che sono partiti alla ricerca di lavoro nel Regno Unito ed in Germania».

In cooperazione con i gruppi ultranazionalisti ucraini, gli islamisti d’Ucraina, brandendo passaporti ucraini, hanno aperta una passerella verso l’Ovest.

Un battaglione ceceno in Ucraina. Tutte queste connessioni tra fondamentalisti islamici e nazionalisti fanatici ucraini stranamente non sono mai entrate nelle attenzioni di nessun giornalista occidentale dei grandi media: come mai?

Eppure i legami tra il regime di Kiev e l’enclave dei fondamentalisti in Ucraina sono numerosi e evidenti, nemmeno troppo nascosti.

Un’altra attestazione di questa realtà inquietante fu l’evasione nel 2014 di Adam Osmaev, vicecomandante del battaglione Dudaev, da una prigione ucraina dove scontava una pena per avere istigato l’assassinio di Putin.

Dopo il colpo di stato a Kiev, Munayev e i suoi compagni hanno fatto uscire di prigione Osmaev, quando hanno incontrato un posto di blocco della polizia ucraina, furono misteriosamente lasciati a passare. Così lo riporta Mamon, dal racconto di uno dei comandanti del Dudaev, mentre era nella loro base: «Dopo uno stallo drammatico i soldati ucraini hanno permesso ai ceceni di passare. Osmaev e Munayev in seguito crearono il battaglione Dudaev. Di tanto in tanto, Munayev incontrava rappresentanti dei Servizi di sicurezza ucraini dell’ SBU».

Il battaglione Dudaev contava circa cinquecento combattenti, ma ci sono anche altre brigate jihadiste in Ucraina, come il battaglione Sheikh Mansur che, distaccatosi dal battaglione Dudaev, “é stanziato a Lysychansk nei pressi di Mariupol, nel sud-est dell’Ucraina”, così come due altri gruppi composti di tatari di Crimea, il più consistente denominatosi «Crimea», composto da circa cinqueento jihadisti.

Per lo più sono appartenenti a Hizb-ut-Tahrir (HT), un’organizzazione fondamentalista islamista internazionale che mira a unire i musulmani di tutto il mondo in un califfato e convertire i non musulmani attraverso il proselitismo su larga scala. La Russia lo ha elencato come gruppo terroristico nel 2003 e in Crimea ha più volte compiuto retate per impedire attentati terroristici. L’ultima nelle scorse settimane.

Vanno annotati alcuni fatti avvenuti a fine 2017 e 2018, relativi a scontri armati tar bande del Battaglione Aziv e del Dudaev, culminati in sparatorie che hanno lasciato sul terreno cinque morti e tredici feriti tra le due parti. Non è mai stato chiarito fino in fondo, se si sia trattato di una questione di spartizione di finanziamenti o di scontri interni alla galassia neonazista, sempre per questione di denaro e supremazia tra loro, per avere più potere di contrattazione con il governo di Kiev.

Il Dudaev, essendo legato a doppio filo con Pravy Sector, potrebbe essere usato da questi come “carne da cannone”, per questo obiettivo di supremazia nelle questioni interne. Così come potrebbe significare il rallentamento dei finanziamenti da parte degli oligarchi ucraini, ritenendo destinata a esaurirsi la funzione provocatoria e terroristica di prima linea finora svolta dai Battaglioni ATO.

Mercenari e istruttori occidentali. Fin dall’inizio delle ostilità molti mercenari stranieri raggiunsero il Donbass, già nella primavera del 2014, si era saputo del coinvolgimento della Greystone Limited, una delle maggiori società militari private occidentali che aveva trasferito a Kiev e in altre città alcune sue unità per affiancare le forze golpiste sia in piazza che nella riorganizzazione delle strutture statali, oltre che ad un lavoro di individuazione dei leader anti-golpisti o organizzatori della resistenza anti nazifascista nel paese.

Lo slogan pubblicitario con cui si reclamizza la Greystone è «I migliori militari di tutto il mondo». Le attività garantite vanno da piccole operazioni contingenti, ad «azioni su larga scala, che possono anche richiedere un gran numero di militari, per garantire la sicurezza nella regione richiedente». La Greystone lavora a stretto contatto con le agenzie di Intelligence americane e viene utilizzata laddove l’uso di un esercito ufficiale è impraticabile o illegale, oppure per operazioni “sporche”, che non devono essere riportate. La sua sede legale è registrata nelle Barbados. Al suo interno ha cittadini di vari paesi, che vengono assoldati attraverso la filiale Satelles Solutions Inc.. Secondo molti esperti del settore e ex dipendenti, i suoi militari sono particolarmente spietati e crudeli nella realizzazione di missioni di combattimento.

L’Intelligence e il Ministero della Difesa delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk sono molto attenti a monitorare accuratamente la presenza di personale militare straniero nella regione.

A settembre dello scorso anno il servizio stampa del comando operativo della RPD, aveva riferito che tra i mercenari era stato segnalato personale militare di alto livello di Stati Uniti e Canada, verosimilmente con compiti di pianificazione e conduzione di operazioni offensive. Nella zona di guerra ci sono molti mercenari dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa orientale. L’Intelligence della RPL ha individuato e identificato alcuni cecchini dalla Lituania e dalla Georgia, sulla linea di contatto.

Per quanto riguarda i mercenari georgiani, sono stati incorporati principalmente nel battaglione territoriale “Kyivan Rus” delle forze armate ucraine. Tutto questo è avvenuto in una forma ufficiale, infatti fu Poroschenko nell’ottobre 2015, a sottoscrivere una legge che permette di reclutare stranieri. Questa legge consente ai cittadini di altri stati e agli apolidi di prestare servizio militare mediante la stipulazione di un contratto nelle forze armate ucraine.

Oleg Anashenko, il capo di stato maggiore della Milizia popolare della Repubblica Popolare di Lugansk (LPR), secondo le informazioni ricevute da fonti di intelligence, da abitanti degli insediamenti vicino alla linea di contatto e da ricognizioni delle unità tattiche, aveva denunciato alle agenzie stampa che: «Centinaia di Mercenari stranieri sono arrivati in Donbass da paesi della NATO armati di fucili d’assalto, veicoli fuoristrada e armi di piccolo calibro di fabbricazione statunitense, sono arrivati da Polonia, Stati baltici, Canada e Stati Uniti».

Secondo le fonti di intelligence della LPR, mercenari stranieri con armi leggere della NATO erano anche stati notati nel villaggio Trekhizbenka in Slavyanoserbsk. Altri veicoli da combattimento di fanteria e veicoli corazzati da combattimento sono stati avvistati anche a Polovinkino in Starobelsk. Unità di ricognizione della LPR hanno anche spesso catturato mercenari stranieri nei pressi della linea di contatto, essi provenivano da Georgia, Polonia, Stati Uniti, Norvegia, Danimarca e altri paesi.

Vi sono poi gli “istruttori” occidentali professionisti. Quelli che non combattono in prima linea ma sono impiegati per l’addestramento.

Gli organi di sicurezza statali delle Repubbliche popolari ne hanno identificati a decine. Sul sito web dell’MGB (servizi sicurezza) della RPL è stato pubblicato un elenco di quarantacinque cittadini di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Polonia, che secondo l’agenzia sono implicati nella preparazione dei sabotatori ucraini.

Essi in gran parte addestrano i militari dei battaglioni ATO e le nuove reclute dell’esercito.

  1. Anaschenko aveva anche rivelato che erano stati creati tre campi di addestramento a Bobrovo e Bobrovskoye. Lì i soldati ucraini vengono addestrati al combattimento urbano e alle tecniche di ricognizione da istruttori stranieri.

«Abbiamo anche registrato la presenza di campi di addestramento nel villaggio di Schastye (sulla linea di contatto), dove istruttori americani e polacchi insegnano azioni di sabotaggio e di ricognizione per azioni sul territorio della LPR» ha aggiunto lo stesso Anaschenko.

Uno di questi istruttori, il britannico Kieran Ashley Walsh, su un suo profilo di Facebook ha deriso e denigrato l’esercito ucraino definendolo «indolente e riluttante alle azioni militari (…) Vi parlo dell’Ucraina e di questo dannato Donbass. Sono stato in Afghanistan e in Iraq, ma lì è molto peggio. I soldati ucraini sono bastardi e pigri, peggio dell’esercito afgano e della polizia irachena. Molti di loro sono punk, ubriaconi, fanatici o assolutamente pazzi».

I loro colleghi americani, che operano a Yavorivsky, Leopoli, hanno espresso opinioni simili al britannico. Il tenente colonnello dell’esercito americano Robert Tracy ha anche lui definito su un blog i suoi allievi, ubriaconi, pigri, avidi e con un basso livello di istruzione. Secondo lui, non vogliono imparare l’inglese, non sono abituati a lavorare e non seguono gli ordini e tra di loro il furto, la corruzione e l’indisciplina sono fiorenti.

Istruttori americani addestratori di militari ucraini a Yavorivsky. Istruttori canadesi addestrano le truppe ucraine presso il campo di addestramento di Yavorivsky nella regione di Leopoli.

Criminali comuni. Ci sono anche “soldati di ventura” accorsi o per fede politica oppure per voglia di “avventura, solitamente piccoli criminali o trafficanti, ricercati in Russia o da altri paesi, che sono arrivati per arruolarsi con i battaglioni punitivi ATO per combattere contro la Russia di Putin.

Alcuni casi sono finiti sui giornali e sono noti nei media russi proprio perché si tratta di cittadini russi arrestati o ricercati.

Uno di questi è Sergey Ilyin, presunto disoccupato nativo della Repubblica Ciuvascia della Federazione russa, che ha combattuto nel Donbass per i nazionalisti ucraini con il nome di battaglia di “Henry”. Questo “disoccupato” attraverso Internet ha dichiarato sui siti neonazisti ucraini le sue opinioni radicali e nel 2014, arrivato a Kiev, si è unito al battaglione della OUN, organizzazione dei nazionalisti ucraini, una nota formazione neonazista erede di Bandera (al riguardo vedere op. cit. “Ucraina. Tra golpe…”).

Dopo aver ricevuto un addestramento militare, gli furono fornite un uniforme, equipaggiamento individuale e armi. Secondo le indagini è emerso che Ilyin ha partecipato alle ostilità nel villaggio di Peski, nel distretto di Yasinovatsky, sparando non solo in scontri militari con le milizie del Donbass, ma anche contro la popolazione civile, tanto che fu soprannominato il “pistolero Henry”.

Tra le altre cose, la remunerazione per il suo “lavoro” era anche modesta, infatti il mercenario Henry riceveva solo quattromila grivna, meno di 120 euro. Va però ricordato che i militanti dei battaglioni hanno nel saccheggio, nelle rapine e furti alle case delle aree delle loro operazioni, una “entrata” che fa quadrare lo stipendio ufficiale.

Poi Ilyin, giustificandosi con un senso di insofferenza alla vita militare, lasciò l’Ucraina, per riprendere la sua vera attività, il traffico di droga in Russia.

Gli venne arrestato in Russia proprio per questa sua vera occupazione e solo grazie alle indagini sul traffico di droga fu scoperto che aveva combattuto anche nel Donbass, probabilmente per far perdere le tracce su di lui.

Il “Pistolero Henry”. Nel settembre 2019 l’amministrazione Trump ha revocato il divieto di fornire assistenza militare all’Ucraina per un importo di 250 milioni di dollari, riaffermando il suo sostegno al governo di Kiev e dandogli una consistente iniezione economica, che ha rilanciato il suo attuale ruolo antirusso.

Il pacchetto di assistenza contiene la fornitura di fucili di precisione, lanciagranate, radar anti-pistola, dispositivi per la visione notturna e forniture mediche. Questo nonostante alcune voci critiche e restie a continuare il finanziamento del governo ucraino, stante molti rapporti negativi di funzionari della Casa Bianca, sull’uso degli aiuti forniti in questi anni, in gran parte finiti in canali di corruzione e concussione degli amministratori governativi a Kiev.

Un ruolo decisivo in questo, l’ha avuto Il segretario di Stato Mike Pompeo, che ha svolto un lavoro interno alla Casa Bianca per garantire l’assegnazione dei fondi, scontrandosi con l’amministrazione del bilancio statunitense che era contro l’erogazione.

Tra l’altro, questa delibera ha riaperto per l’Ucraina, la prospettiva di ricevere gli aiuti complessivi per quattro miliardi di dollari, che furono stanziati a suo tempo dall’amministrazione Usa. Il vicepresidente Mike Pence, dopo che aveva incontrato il presidente ucraino Zelensky gli espose che «l’amministrazione Usa e il Pentagono erano molto preoccupati per la questione della corruzione. Il presidente vuole essere sicuro che questi fondi saranno spesi correttamente e contribuiranno a rafforzare la sicurezza e la stabilità in Ucraina».

Forse ai cittadini statunitensi occorrerebbe fornire le fotografie di come sono finiti i loro soldi versati con le tasse al loro governo: nello scontro con le milizie delle Repubbliche Popolari nel Donbass.

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