AMBIENTE, salvaguardia. Scarichi in mare e acque costiere: la normativa vigente e le possibili sue elusioni

Secondo Rosa Filippini (Amici della Terra), «gli scarichi nelle acque portuali dei liquami delle navi, come a Civitavecchia, sono autorizzati da un’ordinanza fondata, non sulla legge, ma su un castello di carte ministeriali»

“Oplà. La Letterina si Trasforma in Legge”, editoriale di Rosa Filippini, già parlamentare della Repubblica e attualmente direttrice del l’Astrolabio, newsletter degli Amici della Terra – Altro che Salvamare. Un’interrogazione parlamentare svela il modo contorto per aggirare le norme vigenti a tutela delle acque costiere e per cambiarle senza passare dal Parlamento.

Gli scarichi nelle acque portuali dei liquami delle navi, come a Civitavecchia, sono autorizzati da un’ordinanza fondata, non sulla legge, ma su un castello di carte ministeriali.

È ancora lì la Grandiosa, la nave di MSC Crociere, ferma nel porto di Civitavecchia. Non si sa quanti passeggeri e persone dell’equipaggio siano ancora a bordo. Se siano malati, guariti o in quarantena.

Ferma da circa tre mesi, dovrebbe avere a bordo circa seicento persone (fra cui alcuni malati di Covid-19) e dovrebbe sversare circa trecento metri cubi al giorno di reflui sullo specchio acqueo del porto, sia pure trattati dagli impianti di bordo, ma senza che nessuno si sia posto il problema di verificare la qualità delle acque di scarico anche in relazione alle caratteristiche del bacino recettore.

Il condizionale è d’obbligo visto che nessun dato è stato diffuso dalle autorità portuali o cittadine.

Il Sindaco di Civitavecchia, Ernesto Tedesco, che aveva fatto parlare di sé, a marzo, in pieno lockdown, per aver impedito alcuni sbarchi di navi da crociera con malati a bordo, ora tace sulla questione degli scarichi nelle acque portuali dei rifiuti della nave MSC, denunciata alle autorità competenti da Ansep Unitam, l’associazione delle aziende che si occupano dei rifiuti nei porti, e resa pubblica dagli Amici della Terra anche attraverso le pagine dell’Astrolabio.

D’altronde, il Sindaco è in buona compagnia visto che, sulla vicenda, non è pervenuto alcun riscontro nemmeno dal Presidente della Regione Lazio – Zingaretti, anche capo del PD – dagli assessori comunali e regionali all’Ambiente, dalla Sanità Marittima, dall’Arpa Lazio e dall’ISPRA, dal NOE.

Intendiamoci, noi non facciamo accuse generiche: sappiamo che la Grandiosa è una nave nuovissima con tecnologia avanzata sia dal punto di vista dell’efficienza energetica che dei sistemi di trattamento dei rifiuti e delle acque di zavorra.

Tuttavia, il caso è rilevante perché stiamo parlando di sversamenti in un bacino portuale – cioè con un lento ricambio d’acqua – e della nave da crociera più grande d’Europa: 323 metri di lunghezza, 41 di larghezza e 72 di altezza.

È una nave da 181mila tonnellate che, in attività, può ospitare 6.334 passeggeri in 2.017 cabine e un equipaggio di 1.413 persone.

Ma, la cosa che più ci interessa non è la nave, bensì la stravagante licenza di inquinare di cui essa gode attraverso un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Civitavecchia.

Un’ordinanza fondata su pareri e circolari anziché sulla legge. Preoccupano, in particolare, il precedente che l’ordinanza potrebbe rappresentare e l’assenza di interventi da parte delle autorità preposte al controllo ambientale.

Su questo, non c’è stato alcun chiarimento da parte del Ministero dell’Ambiente che, in questa storia, insieme al Ministero dei Trasporti, ha una responsabilità non marginale, che riguarda la qualità delle acque di tutti i porti italiani, ben oltre il caso di Civitavecchia.

A ricostruire i fatti e la strana catena di pareri e di circolari che ha consentito l’ordinanza della Capitaneria di Porto di Civitavecchia nel luglio scorso e lo scarico nelle acque portuali di una nave grande più di un condominio da circa tre mesi, è una interrogazione di alcuni deputati del Partito Democratico (primo firmatario Davide Gariglio), depositata il 26 maggio scorso.

Gli interroganti sostengono che la succitata ordinanza sia stata adottata sulla base di una comunicazione del Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto, RAM, del giugno 2019, con cui si trasmetteva a tutte le Capitanerie di Porto una nota – recante “Disciplina del Sewage prodotto dalle navi” – a firma congiunta del Direttore Generale per la vigilanza sulle Autorità portuali del MIT e del Direttore Generale per i rifiuti e l’inquinamento del MATTM, redatta per rispondere ad un quesito posto da Confitarma.

Ma è il RAM a qualificare la nota congiunta dei due Direttori dei Ministeri come «circolare esplicativa». Non risulta, infatti, alcun atto ministeriale con lo stesso contenuto, né alcuna comunicazione alle Capitanerie da parte dei due Ministeri.

Se non ci avesse pensato il RAM a farla circolare, la nota dei due Direttori sarebbe rimasta allegata ad una lettera inviata alla Confederazione italiana degli Armatori.

Gli interroganti osservano che la nota congiunta dei direttori generali di MIT e MATTM “non interpreta le norme vigenti, ma le deroga incredibilmente fino a produrre la licenza ad inquinare, contravvenendo alle normative nazionali e internazionali”; la nota afferma infatti che «la nave dotata di un impianto [di trattamento del sewage] di cui alla regola 9.1.1 dell’Annesso IV della Convenzione Marpol può scaricare gli effluenti senza restrizioni in termini di distanza dalla costa, velocità e rateo di discarica, quindi anche nelle acque portuali, purché l’impianto di trattamento dei reflui sia pienamente operativo ed efficiente e non si determinino le condizioni negative (produzioni di solidi galleggianti o decolorazione delle acque circostanti) previste nella regola 11.1.2.2 del medesimo Annesso IV».

Fin qui, i deputati firmatari si fanno interpreti dell’allarme lanciato anche da queste pagine.

Ma l’aspetto più curioso svelato dall’interrogazione, e finora non conosciuto, riguarda la comunicazione RAM che inviterebbe tutte le Capitanerie di Porto a «valorizzare le superiori indicazioni ministeriali nei rispettivi sorgitori, anche adeguando, laddove fosse necessario ed eventualmente d’intesa con le Autorità di Sistema Portuale, le previsioni dei Piani Rifiuti nonché quelle ordinative già emanate».

Gli interroganti osservano che in questo modo il RAM si prende la responsabilità di invitare tutte le Autorità di Sistema Portuale a consentire lo scarico nelle acque portuali purché le navi abbiano l’impianto di trattamento del sewage.

A noi pare che la cosa sia più grave: con questo strano giro di pareri e raccomandazioni si è trovato il modo di trasformare una letterina in norma codificata e integrata nei Piani regionali dei rifiuti con l’intento di allentare i vincoli delle leggi vigenti su un tema così delicato come quello delle acque costiere.

Niente male per un Governo e un ministro dell’Ambiente che solo qualche mese fa dichiarava: «L’approvazione della legge Salva Mare alla Camera ci rende particolarmente felici perché rappresenta un tassello fondamentale per il nostro progetto di liberare il mare dai rifiuti e dalla plastica».

Prima della nuova legge, non sarà meglio far rispettare la vecchia?

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