AMBIENTE, energia. EDF e il programma spaziale MethaneSAT

Nell’intervista rilasciata a insidertrend.it, Ilaria C. Restifo, referente per l’Italia di Enviromental Defense Fund, illustra l’iniziativa della messa in orbita di un satellite per il rilevamento delle emissioni di metano da petrolio e gas nel quadro delle politiche finalizzate al perseguimento della «neutralità climatica» entro il 2050

INSIDERTREND.IT – Dottoressa Restifo, quale è il senso dell’iniziativa intrapresa da EDF, cioè il lancio di un satellite per la rilevazione delle emissioni di metano e l’invio a terra dei dati raccolti?

ILARIA C. RESTIFO – I governi possono svolgere un ruolo fondamentale nel richiedere che l’industria Oil & Gas affronti il problema delle emissioni di metano, soprattutto in termini di lacune di informazione, nonché di punti sensibili nelle infrastrutture e lungo la filiera produttiva.

Diverse giurisdizioni stanno già valutando la possibilità di adottare nuove azioni normative sul metano o di aggiornare quelle esistenti.

La Commissione europea, ad esempio, sta preparando un piano strategico per la prima volta in assoluto per ridurre specificatamente le emissioni di metano nel settore energetico, con particolare attenzione ai processi di misurazione, rendicontazione e verifica.

Il progetto Methane Tracker lanciato dall’International Energy Agency mira appunto ad aiutare i governi a rendersi conto dell’entità delle emissioni di metano all’interno dei loro confini e a fornire informazioni aggiornate sugli approcci normativi e politici per la riduzione delle emissioni.

Anche i satelliti già in orbita (come il Sentinel 5 dell’ESA, e quelli in progettazione, come il MethaneSAT che sarà lanciato nel 2022 da una controllata dell’Environmental Defense Fund) mirano a fornire uno strumento utile ai governi in questo senso.

La EDF si concentrerà sulle attività industriali nel settore Oil & Gas: perché soltanto quelle?

Un’azione da parte dell’industria Oil & Gas rappresenta il percorso più veloce per raggiungere un forte abbattimento delle emissioni di metano rispetto agli altri due settori che sono principali cause delle emissioni di metano di origine antropica, cioè la gestione dei rifiuti e l’agricoltura.

Le emissioni di metano sono la seconda causa del riscaldamento globale. Mentre il metano tende a ricevere meno attenzione del biossido di carbonio (CO₂), la riduzione delle emissioni di metano sarà fondamentale per evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico nel breve termine.

A differenza della CO₂, il metano decade in atmosfera, presentando una curva che raggiunge l’apice entro i primi venti anni dal suo rilascio, per poi gradualmente decrescere.

Entro i primi venti anni, il potere di riscaldamento globale del metano è di oltre ottanta volte superiore a quello della CO₂ e da questo punto di vista è un driver fondamentale del riscaldamento nel breve termine.

Dove risiede il business in questa iniziativa, considerando l’attuale recessione economica che ha riflesso pesanti effetti anche sul mercato del petrolio e del gas?

Non è una questione di business per gli operatori, ma di adempiere agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Abbiamo 30 anni per introdurre maggiori percentuali di fonti rinnovabili e nuovi gas di provenienza non fossile all’interno del mix.

L’Accordo di Parigi supera l’impianto del Protocollo di Kyoto con una strategia del tutto nuova: gli obiettivi vincolanti per i paesi industrializzati sono stati sostituiti da una partecipazione collettiva di tutti gli Stati, fondata sul concetto di responsabilità e contributi differenziati a livello nazionale tramite piani specifici.

L’obiettivo è quello di mantenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali.

E l’ottemperanza dell’impegno sottoscritto prevede regole di trasparenza, assistenza tecnica, scambio di informazioni, di strumenti applicativi e di cooperazione. La lotta ai cambiamenti climatici è inoltre uno degli SDG previsti dall’Agenda 2030 dell’ONU ed entrata in vigore nel 2016. E l’European Green Deal è in linea coerente con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Certo, la recessione attuale e la ripartenza potrebbe causare nell’immediato dei ritardi nella tabella di marcia del Green Deal, ma la strategia sul metano non sembra essere in discussione e sarà redatta entro quest’anno con proposte legislative previste per l’anno prossimo. La Germania ha dichiarato che nei sei mesi della sua presidenza – che partiranno a luglio – il metano sarà una priorità.

Inoltre, grazie alle nuove tecnologie, gli interventi da effettuare non richiederebbero sforzi economici sproporzionati. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, il settore del petrolio e del gas può ridurre le emissioni di metano del 75% utilizzando le tecnologie attuali, fino a due terzi di queste senza alcun costo netto.

Attraverso varie iniziative internazionali, quali la OGCI, i Methane Guiding Principles, la O&G Methane Partnership, la Global Methane Alliance, molte major si sono già impegnate a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di metano e hanno iniziato a mettere in atto sforzi di mitigazione.

Allo stesso tempo, nuovi progetti come MethaneSAT stanno contribuendo ad aprire la strada ad una serie di nuove innovazioni che renderanno più veloce, più facile e meno costoso ridurre le emissioni di metano.

In questo momento la produzione di greggio ha subito un notevole rallentamento e le enormi scorte di materie prime energetiche immagazzinate di recente dovrebbero essere smaltite. L’interruzione delle trivellazioni risolverebbe alla radice il problema delle emissioni di gas metano, questo per quanto riguarda il settore della produzione di petrolio e gas, ma ritiene una tale soluzione davvero possibile?

Certamente non si tratterà di rinunciare alle fonti fossili dall’oggi al domani, ma non dimentichiamoci che gli accordi internazionali prevedono la neutralità climatica entro il 2050.

In quest’ottica le istituzioni europee si stanno già muovendo per smettere di sovvenzionare nuovi progetti legati ai combustibili fossili: per esempio, la Banca Europea degli Investimenti dal 2022 ha annunciato lo stop ai prestiti erogati dall’Unione europea per le fonti fossili.

Ma anche nelle intenzioni della Commissione Europea c’è di riformare il sistema di sussidi energetici e di puntare, per esempio nel settore trasporto gas, alle cosiddette «green gas grid», ovvero bandire i finanziamenti al gas fossile e promuovere la conversione della rete per adattarla a tecnologie come l’idrogeno e il biometano che, comunque, non sarà esonerato dalla necessità di trovare soluzioni di contenimento delle fughe.

Finora l’attenzione specifica sulle emissioni di metano non è stata adeguatamente affrontata perché il focus era concentrato esclusivamente sulla CO₂.

Ma, alla luce di una rinnovata consapevolezza negli ultimi anni, e di studi di settore, si è visto che si può arrivare in tempi molto rapidi a una riduzione significativa delle emissioni di metano, soprattutto sostituendo vecchie tecnologie con nuove soluzioni all’avanguardia, come valvole stagne di nuova generazione, controllo a distanza degli impianti, rinnovamento dei gasdotti con protezione catodica, immagini satellitari ad alta definizione, i motocompressori di pressione a emissioni zero.

Il concetto fondamentale è che il metano, se bruciato bene e gestito bene nelle fasi di produzione, trasformazione, trasporto e usi finali, potrà mantenere una posizione significativa nei prossimi trent’anni.

Sulla base di quanto affermato e del fallimento della maggior parte delle società statunitensi di “dry gas” – per non parlare del sostanziale blocco degli investimenti nelle prospezioni, coltivazioni e sfruttamento dei giacimenti di materie prime energetiche -, ritenete davvero che esista una reale e concreta possibilità che l’industria privata intraprenda una serie di costose operazioni finalizzate al recupero del gas metano per poi destinarlo ai mercati per il consumo? È già notevolmente costoso reimmetterlo nei giacimenti petroliferi in fase avanzata di sfruttamento…

Credo questo sia il momento giusto per investire in ricerca e in efficienza energetica. È ragionevole pensare che da qui al 2050, nuove tipologie di sussidi saranno indirizzate verso la decarbonizzazione, la ricerca e l’efficientamento energetico.

La riduzione delle emissioni di metano è anche associata al concetto di efficientamento: la dispersione in atmosfera di molecole di metano rappresenta comunque una perdita di materia prima non venduta.

Quale organizzazione promuove, finanzia e sovraintende l’operazione MethanSAT e le attività a essa correlate?

Il satellite MethaneSAT è stato sviluppato da una consociata interamente controllata dall’Environmental Defense Fund (EDF), la MethaneSAT LLC, e finanziato principalmente da filantropia privata.

Il progetto è stato presentato per la prima volta da Fred Krupp, Presidente di EDF, al “TED Talk” nell’aprile 2018, come parte di una serie di idee inaugurali per cambiare il mondo, ed è stato selezionato dall’Audacious Project, successore del Premio TED, per un finanziamento di avviamento.