ISRAELE, “Ebrei contro”. Il leader della setta ultraortodossa anti-sionista “Neturei Karta” ribadisce la sua opposizione allo Stato di Israele

Nella Giornata di Al Quds (Gerusalemme in arabo), in una intervista rilasciata all’agenzia iraniana “Fars News”, il rabbino Yisroel Meir Hirsh afferma che «chiamare Israele “Stato ebraico” è come dire che il maiale è un cibo ebraico». Nelle stesse ore, alla fine del ramadan la Guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran Ali Hoseyni Khamenei, esortando al jihad contro Israele, sul web postava un messaggio che invitava alla «soluzione finale»

Tornano alla ribalta gli ebrei ultraortodossi più estremisti, quelli del gruppo anti-sionista Neturei karta, e lo fanno in una giornata dai significati molto profondi per i musulmani, quella che ha visto coincidere la fine del periodo del ramadan con la Giornata di Al Quds, dedicata appunto a Gerusalemme, città santa anche per l’Islam che lo Stato di Israele, per volontà del penultimo governo guidato da Benjamin Netanyahu, ha unilateralmente dichiarato quale propria capitale.

Le posizioni ispirate all’oltranzismo messianico di questo gruppo estremista sono ormai note da tempo, come lo era anche il sostegno ricevuto dal nemico regionale di Israele, quella Repubblica Islamica dell’Iran dalla quale Neturei Karta, ridotta aggregazione di religiosi, ha sempre ricevuto un grande sostegno, principalmente sul piano mediatico.

Come ieri, quando il rabbino Yisroel Meir Hirsh, leader del gruppo, ha rilasciato un’intervista all’agenzia stampa iraniana “Fars News”, successivamente ripresa e rilanciata da numerose testate giornalistiche internazionali.

Egli, in risposta a una domanda sul sionismo rivoltagli dall’intervistatore ha replicato affermando che: «Dire che Israele è uno Stato ebraico sarebbe come dire che il maiale è un cibo ebraico, oppure l’ateismo è una credenza ebraica».

Egli ha poi proseguito specificando che «quando qualcosa viene fatto dagli Ebrei, ciò non lo rende Ebreo, poiché “ebraico” è definito da ciò che la Torah comanda, mentre rendere il nostro Stato od opprimere altre persone è proibito dal giudaismo e non può essere considerato “ebreo”».

Il chiaro riferimento di Hirsh era alla repressione dei Palestinesi nei Territori, tant’è che il rabbino ha poi specificato che: «Sia la Nakba (letteralmente “la catastrofe”, giornata nella quale i Palestinesi celebrano la perdita dei loro territori a seguito della costituzione dello Stato di Israele, n.d.r.) che la Giornata di Al Quds costituiscono importanti opportunità per esprimere solidarietà con il popolo palestinese e per mostrare al mondo la vera posizione dell’Ebraismo ortodosso. Un’opportunità – ha quindi aggiunto il rabbino – per chiarire che l’opposizione al sionismo e allo Stato di Israele non ha nulla a che fare con un conflitto religioso o con l’antisemitismo».

Qualsiasi interpretazione possa essere data a queste affermazioni, è fuori da ogni dubbio che, comunque, esse abbiano efficacemente acceso i riflettori sulla questione, prestandosi, come accaduto in passato, a ovvie strumentalizzazioni di natura politica e propagandistica.

Neturei Karta non è nuovo a questo tipo di iniziative, infatti, già nel 2002 una delle figure di spicco del movimento, Moshe Hirsh, successore del rabbino Amram Blau, collaborò con l’Autorità nazionale palestinese accettando dall’allora suo presidente Yasser Arafat l’incarico di ministro per i rapporti con il mondo ebraico.

Nel 2004, poco prima della morte del leader palestinese, il gruppo ebraico anti-sionista organizzò per lui a Parigi una veglia di preghiera a Parigi, suscitando le dure reazioni di numerose di organizzazioni ebraiche.

Nell’estate del 2006 gli aderenti a Neturei Karta protestarono contro le attività militari israeliane in Libano.

Quello stesso anno, il 19 luglio, In un comunicato stampa il gruppo accusò il sionismo di essere all’origine dell’antisemitismo e di aver derubato gli ebrei del nome di Israele per realizzare un progetto politico, invitando alla pregare contro di esso affinché cessassero le sofferenze e lo spargimento di sangue in Terra santa. Sempre nel 2006, i leader di Neturei Karta parteciparono poi a una conferenza sulla negazione dell’Olocausto organizzata a Teheran dalla Repubblica Islamica dell’Iran.

Neturei Karta è una formazione ultraortodossa del tutto marginale che rifiuta il sionismo e lo Stato di Israele per motivi religiosi. Essa si richiama infatti a fonti talmudiche, sostenendo quale principio che gli Ebrei non avrebbero diritto alla sovranità politica in Terra santa prima della venuta del Messia, ma debbano invece attendere pazientemente la redenzione divina e, nel frattempo, sostenere lo smantellamento dello Stato di Israele.

Alla nascita del sionismo, avvenuta alla fine del XIX Secolo, la reazione del mondo ebraico ortodosso fu decisamente negativa, fino a considerare il movimento di Theodor Herzl e Chaim Weizmann come un’eresia laica.

In quegli anni all’interno dell’ortodossia ebraica si svilupparono varie correnti, una di esse fu quella che portò poi alla nascita dei Neturei Karta (in aramaico “guardiani della città”), gruppo nato nel 1936 a Gerusalemme dalla scissione da un altro movimento ortodosso che era stato fondato nel 1912 da Agudas Israel e che si poneva anch’esso lo scopo di lottare contro il sionismo, una formazione che col passare degli anni aveva visto però ridursi la portata della propria azione.

L’attività del gruppo si è in seguito estesa anche al di fuori della Palestina, in non pochi casi a causa dell’abbandono volontario dei propri componenti, che denunciarono di aver subito violenze, imprigionamenti, torture e pressioni di ogni sorta da parte dei sionisti e, comunque, per il rifiuto di vivere in uno Stato che non riconoscevano come legittimo.

Attualmente sopravvivono sostanzialmente due correnti ebraico-ortodosse antisioniste: quella dei Satmar e, appunto, i Neturei Karta.

La prima è un movimento chassidico costituito principalmente da ebrei ungheresi e rumeni sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale e dai loro discendenti, presente soprattutto nel quartiere newyorkese di Willyamsburg a Brooklyn, resa recentemente celebre da Unorthodox, la prima miniserie Netflix in yiddish in quattro puntate che narra la storia di una ragazza ebrea ortodossa scappata da New York e trasferitasi a Berlino.

La seconda, invece, rinviene un ridotto seguito a New York, nella stessa Israele, in Belgio (in particolare ad Anversa) e nel Regno Unito. Essa nel corso degli anni ha assunto atteggiamenti sempre più radicali, senza però fare mai ricorso a forme violente di lotta.

Tornando agli ultimi commenti ufficiali espressi dal rabbino Yisroel Meir Hirsh, va rilevato che esse sono giunte nelle stesse ore nelle quali la Guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran Ali Hoseyni Khamenei dal web ha esortato al jihad contro Israele.

Egli lo ha fatto venerdì scorso mediante la diffusione di un messaggio nel quale descriveva la costituzione dello Stato ebraico come «un ineguagliabile crimine commesso contro l’umanità», definendolo come «un tumore canceroso», poi, citando la pandemia da coronavirus, ha paragonato il sionismo a «un virus che deve essere eliminato il prima possibile», utilizzando nella sua retorica il termine «soluzione finale», solitamente associato agli sforzi dei nazisti per eliminare la razza ebraica.

Condividi: