ENERGIA, Eni. Inchiesta giudiziaria Opl245: la High Court of Justice nega la propria giurisdizione

Ora la competenza permane in capo al solo tribunale italiano, dal quale è attesa la sentenza

La High Court of Justice di Londra ha negato la propria giurisdizione in materia riguardo alla decisione sul caso Opl245, respingendo la causa promossa dal Governo federale della Nigeria.

Conseguentemente, ora la competenza permane in capo al solo Tribunale italiano, dal quale è attesa la sentenza dopo l’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Milano.

In una nota stampa ufficiale emessa nella giornata di ieri dal Gruppo di Piazzale Mattei viene sottolineato come nell’ottobre dello scorso anno il Dipartimento di Giustizia statunitense (e più recentemente anche la Securities and Exchange Commission), avevano chiuso le proprie indagini sull’operazione Opl245 senza intraprendere alcun atto ulteriore.

Si tratta del presunto caso di corruzione che avrebbe avuto luogo 2011 per la cessione della concessione a Eni e Shell su un blocco petrolifero offshore del Paese africano da una società del ministro del petrolio ai tempi dei fatti in carica, Dan Etete, a fronte del pagamento di 1,3 miliardi di dollari, somma che in massima parte trasferita alla società di quest’ultimo, la Malabu Oil & Gas.

Il giacimento di idrocarburi in questione è estremamente ricco di petrolio, infatti, la stimma relativa alle sue riserve ammonta a oltre nove miliardi di barili di greggio.

La tesi accusatoria elaborata dai magistrati milanesi rinviene le sue basi nella ricostruzione di una rete di trasferimenti di denaro delle due compagnie petrolifere. Da essa, si assume che quest’ultimo sia stato fatto transitare attraverso un conto aperto presso una banca di Londra riconducibile al governo di Abuja e, da lì, successivamente convogliato verso quelli di alcuni importanti politici nigeriani, forse addirittura l’ex Presidente Goodluck Jonathan, oltreché di intermediari e manager della stessa Eni.

Alla fine del 2017, le due società (Eni e Shell) e tredici tra manager, politici e intermediari sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di corruzione internazionale.

Il dibattimento processuale è iniziato il 5 marzo del 2018 e per i prossimi mesi è attesa l’emissione della sentenza di primo grado da parte della corte.

Nel frattempo, due intermediari dell’operazione, Emeka Obi e Gianluca Di Nardo, sono stati condannati a quattro anni di reclusione a seguito di un rito abbreviato celebrato nel settembre del 2018.

Indagini sul medesimo caso sono tutt’ora in corso in Nigeria e Olanda.

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