ARABIA SAUDITA, i dilemmi di MbS. Il Regno degli al-Saud si trova di fronte a problemi di varia natura: coronavirus, economia e geopolitica (testo in lingua italiana e araba)

Le problematiche più urgenti per il principe ereditario e la sua cerchia di potere sono il contrasto della pandemia da Covid-19 nel proprio Paese, il recupero delle relazioni con gli Usa e il contrasto dell’avversario regionale iraniano. Sullo sfondo permangono le incertezze generate dalla futura politica cinese in Medio Oriente

In questo momento il problema prioritario del principe ereditario saudita è quello della pandemia da coronavirus, sia a causa dei rischi di contagio all’interno del Regno che, aspetto non meno importante, per i suoi riflessi negativi sull’andamento dell’economia globale.

Tuttavia non è soltanto questo ad assillare Muhammad bin Salman (MbS), poiché alcuni analisti di politica internazionale ritengono che possa anche verificarsi una frattura nei rapporti con gli Usa, un deterioramento per il momento esclusivamente potenziale, qualcosa direttamente derivante dalla recente guerra dei prezzi al barile combattuta assieme alla Russia, che, alla fine, ha contribuito al crollo dei mercati petroliferi portando alla crisi l’industria statunitense dello scisto.

Le gravi difficoltà attualmente attraversate dal settore industriale americano dell’Oil & Gas sono ampiamente note, come è inoltre prevedibile che il presidente Trump deroghi al divieto di importazione di petrolio saudita per indurre – taluni utilizzano invece il termine «costringere» – la petromonarchia del Golfo Persico a mettere le sue petroliere (cioè quelle allo scopo noleggiate negli ultimi mesi di eccessiva sovrapproduzione) sulla rotta per gli Stati Uniti d’America, ottenendo così (nonostante il crollo dell’economia mondiale) il petrolio della qualità necessaria per la miscelazione con quello texano, fondamentale al fine di assicurare i rifornimenti nel proprio paese.

Appare paradossale ma è la realtà: con i prezzi di mercato del greggio ai minimi storici nella storia dell’umanità, Washington si vede costretta a richiedere a Riyadh decine di milioni di barili di materia prima energetica per soddisfare il proprio fabbisogno interno.

Bene, si dirà: ma i sauditi sono gli storici alleati strategici degli americani in Medio Oriente. Certo, ma nelle relazioni tra il ramo della famiglia al-Saud attualmente al potere a Riyadh e – ancora prima della Casa Bianca – il Congresso degli Usa, qualche pericolosa crepa però negli ultimi tempi si sarebbe aperta.

Secondo James M. Dorsey, analista presso il Besa Center della Bar-Ilan University, MbS avrebbe posto sostanzialmente a rischio le tradizionali strette relazioni intrattenute dal Regno con gli americani senza però al contempo prefigurarsi delle concrete alternative.

Infatti – prosegue al riguardo Dorsey nel suo intervento pubblicato sul Besa Perspectives Paper No. 1.569 il 18 maggio 2020 -, in questa fase un accordo finalizzato al taglio della produzione petrolifera equivarrebbe al massimo a un timeout nel corso di una guerra dei prezzi combattuta tutta per questioni di quote di mercato.

Una guerra dei prezzi che ha reso più tesi i rapporti tra Riyadh e il Congresso americano, già turbati in precedenza dalla guerra saudita senza fine (e senza tangibili risultati, se non quello di provocare migliaia di vittime) nello Yemen, dalla continua e impunita violazione dei diritti umani nel Regno e dall’assassinio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, perpetrato nel 2018 all’interno del consolato saudita di Istanbul da una squadretta del mukhabarat giunta appositamente in volo per compiere la «wet operation» in Turchia.

MbS ha provato a metterci su una pezza, ma non gli è servito a molto. Egli, allo scopo di migliorare l’immagine del proprio gruppo di potere, ha introdotto nell’ordinamento giuridico saudita alcune riforme di facciata, tra cui l’abolizione della fustigazione quale condanna giudiziaria e della pena di morte per i minorenni resisi responsabili dei crimini per la quale essa era prevista.

Uno sforzo per rispondere alle critiche – ha commentato Dorsey -, tuttavia di improbabile efficacia ai fini di  una inversione della tendenza.

Parlando a nome dei rappresentanti del Congresso degli Usa, Kevin Cramer, senatore del North Dakota, ha infatti messo sull’avviso Riyadh del fatto che «i prossimi passi dell’Arabia Saudita determineranno se la nostra partnership strategica sia recuperabile».

MbS si troverebbe dunque nella difficile condizione di dover agire per salvare le proprie relazioni con Washington, a questo punto, probabilmente la sua unica opzione rimasta, anche alla luce del suo non idilliaco rapporto con Vladimir Putin dopo l’ultima guerra dei prezzi.

Ma anche in questo caso il principe ereditario si barcamena, da una parte sul mercato delle materie prime energetiche interviene sui prezzi mediante i tagli alla produzione, dall’altra continua a mantenere aperto il dialogo con il Cremlino, importante partner nei contratti relativi a forniture di vario genere, quali ad esempio quelli alimentari, con il primo carico di 60.000 tonnellate di grano russo salpato il mese scorso in direzione dei porti sauditi.

E Mosca ci prova, anche se è consapevole che le sue proposte non porteranno da nessuna parte, ma, indipendentemente dal barometro delle relazioni bilaterali con la petromonarchia, suggerisce egualmente a essa di sostituire l’ombrello difensivo americano nel Golfo Persico con un accordo multilaterale in materia di sicurezza che coinvolga sì, Washington, ma anche la Repubblica Popolare cinese, l’Europa e l’India.

In realtà, Mosca non ha né i mezzi né la voglia di imbarcarsi in un’avventura del genere in quella turbolenta regione e, in ogni caso, resta pur sempre presente un convitato di pietra, quell’Iran avversario regionale (ma forse meglio sarebbe definirlo «nemico regionale») di Riyadh, col quale il Regno degli al-Saud si è dimostrato intransigente anche durante la diffusione della pandemia di Covid-19, che ha particolarmente colpito la Repubblica Islamica degli ayatollah.

Poi c’è la Cina. Almeno apparentemente, in questa particolare fase Pechino non si è dimostrata eccessivamente interessata all’assunzione di un ruolo maggiore in Medio Oriente, seppure la sua Armata di Liberazione Popolare si sia stabilmente insediata nella sua prima base militare africana a Gibuti, contribuendo ufficialmente alle operazioni di contrasto al fenomeno della pirateria al largo della costa della Somalia.

Al riguardo – sempre secondo il Perspectives Paper di Dorsey pubblicato dal Besa Center -, per MbS sarebbe altrettanto preoccupante l’incertezza derivante dal comportamento cinese, in quanto nei lussuosi palazzi di Riyadh si teme che, nel caso l’escalation della tensione tra Washington e Teheran degenerasse in un conflitto nel Golfo Persico, a Pechino potrebbero decidere di porre fine alla loro posizione neutrale e di sostenere gli iraniani.

Non va infatti sottovalutato che tra i molteplici aspetti che rendono fondamentale la relazione sino-iraniana vi è anche l’importante partnership tra i due Paesi in ordine al progetto della cosiddetta Belt and Road Initiative, che (ammesso ovviamente che Pechino riesca a realizzarla nei termini da lei auspicati) prevede un collegamento stradale e ferroviario attraverso l’Asia centrale che, bypassando l’oneroso trasferimento di beni e persone via nave attraverso il Mar Caspio, rinverrebbe un terminale proprio nella Repubblica Islamica.

La conclusione dell’analista del Besa Center è che MbS è oggi costretto a mantenersi in difficile equilibrio in un mondo dove le relazioni tra le potenze sono sempre più controverse, ma gli sforzi che sta profondendo sul piano del soft power non saranno sufficienti a ridare luce alla sua immagine ormai offuscata.

محمدالشوربجى

 

المملكة العربية السعودية ، معضلات محمد بن سلمان . تواجه مملكة آل سعود مشاكل بمختلف أنواعها:   الفيروسات التاجية والاقتصاد والجيوسياسية

 

إن أكثر القضايا إلحاحاً بالنسبة لولي العهد ودائرة قوته هي التناقض بين جائحة كوفيد 19 في بلادهم ، واستعادة العلاقات مع الولايات المتحدة ، وعلى النقيض من الخصم الإقليمي الإيراني. في الخلفية ، تبقى الشكوك الناتجة عن السياسة الصينية المستقبلية في الشرق الأوسط

 

في هذه اللحظة ، فإن المشكلة ذات الأولوية بالنسبة لولي العهد السعودي هي مشكلة وباء الفيروس التاجي ، وذلك بسبب مخاطر العدوى داخل المملكة ، وجانب لا يقل أهمية ، بسبب آثاره السلبية على أداء الاقتصاد العالمي.

ومع ذلك ، ليس هذا فقط ما يطارد محمد بن سلمان  ، حيث يعتقد بعض المحللين السياسيين الدوليين أن حدوث كسر في العلاقات مع الولايات المتحدة قد يحدث أيضًا ، وتدهور في الوقت الحالي فقط محتمل ، وهو شيء ناتج مباشرة عن حرب الأسعار الأخيرة في حرب  برميل النفط مع روسيا ، والتي ساهمت في نهاية المطاف في انهيار أسواق النفط مما أدى إلى أزمة في صناعة الصخر الزيتي في الولايات المتحدة.

إن الصعوبات الخطيرة التي يواجهها القطاع الصناعي الأمريكي للنفط والغاز معروفة على نطاق واسع ، حيث من المتوقع أيضًا أن ينتقص الرئيس ترامب من الحظر المفروض على استيراد النفط السعودي للحث – والبعض يستخدم مصطلح “القوة” – لوضع ناقلات النفط الخاصة به (أي أولئك الذين تم تعيينهم لهذا الغرض في الأشهر الأخيرة من الإنتاج  المفرط) على الطريق إلى الولايات المتحدة الأمريكية ، وبالتالي الحصول على زيت ذو الجودة اللازمة للخلط مع نفط تكساس ، ضروري لضمان الإمدادات الى بلده

يبدو الأمر متناقضًا ولكنه واقع: مع أسعار سوق النفط الخام عند أدنى مستوياتها القياسية في تاريخ البشرية ، تضطر واشنطن إلى طلب عشرات الملايين من براميل المواد الخام من الرياض لتلبية احتياجاتها الداخلية.

حسنًا ، سيقال: لكن السعوديين هم الحلفاء الاستراتيجيون التاريخيون للأمريكيين في الشرق الأوسط. بالتأكيد ، ولكن في العلاقات بين فرع عائلة آل سعود الموجود حاليًا في السلطة في الرياض وحتى الكونجرس الأمريكي – حتى قبل البيت الأبيض ، كان من الممكن أن تفتح بعض الشقوق الخطيرة مؤخرًا.

ووفقًا لجيمس دورسي ، المحلل في مركز بيسا بجامعة بار إيلان ، كان من الممكن أن تعرض  العلاقات الوثيقة التقليدية التي تحافظ عليها المملكة مع الأمريكيين للخطر ، دون التفكير في الوقت نفسه في بدائل ملموسة.

في الواقع – يواصل دورسي في هذا الصدد في خطابه المنشور في ورقة وجهات نظر بيسا رقم 1،569 في 18 مايو 2020 – في هذه المرحلة ، فإن اتفاقًا يهدف إلى خفض إنتاج النفط سيصل في الغالب إلى مهلة خلال حرب أسعار خاضها الجميع من أجل قضايا حصة السوق.

حرب أسعار جعلت العلاقات بين الرياض والكونجرس الأمريكي أكثر توتراً ، والتي كانت مضطربة سابقاً بسبب الحرب السعودية التي لا نهاية لها (وبدون نتائج ملموسة ، إن لم تكن  سبب في آلاف الضحايا) في اليمن ، من خلال الانتهاك المستمر ودون عقاب حقوق الإنسان في المملكة واغتيال الصحفي في واشنطن بوست جمال خاشقجي ، الذي ارتكب في عام 2018 في القنصلية السعودية في اسطنبول من قبل فرقة من المخابرات التي طارت على وجه التحديد لتنفيذ “العملية ” في تركيا.

حاول محمد بن سلمان التغطيه عليه . من أجل تحسين صورة مجموعته ، أدخل بعض إصلاحات الواجهة في النظام القانوني السعودي ، بما في ذلك إلغاء الجلد كحكم قضائي وعقوبة الإعدام للقاصرين المسؤولين عن الجرائم وهو ما كان متوقعا. لكنه لم يساعد كثيرًا

وعلق دورسي قائلاً إن محاولة الرد على الانتقادات ، على أية حال ، من غير المرجح أن تكون فعالة لعكس الاتجاه.

وفي حديثه نيابة عن ممثلي الكونجرس الأمريكي ، حذر السيناتور كيفين كرامر من ولاية نورث داكوتا الرياض من أن “الخطوات السعودية التالية ستحدد ما إذا كانت شراكتنا الاستراتيجية قابلة للاسترداد”.

وبالتالي ،محمدبن سلمان  سيجد  نفسه في موقف صعب من الاضطرار إلى العمل لإنقاذ علاقاته مع واشنطن ، في هذه المرحلة ، ربما يكون الخيار الوحيد المتبقي ، أيضًا في ضوء علاقته غير المثالية مع فلاديمير بوتين بعد حرب الأسعار الأخيرة.

ولكن حتى في هذه الحالة ، يتعثر ولي العهد ، من ناحية من جهة تدخل سوق المواد الخام للطاقة على الأسعار من خلال تخفيضات الإنتاج ، ومن ناحية أخرى يواصل الحفاظ على حوار مفتوح مع الكرملين ، الشريك المهم في العقود المتعلقة

بقي الخيار ، أيضًا في ضوء علاقته غير المثالية مع فلاديمير بوتين بعد حرب الأسعار الأخيرة.

ولكن حتى في هذه الحالة ، يتعطل ولي العهد ، من ناحية من ناحية تدخل سوق المواد الخام للطاقة على الأسعار من خلال تخفيضات الإنتاج ، ومن ناحية أخرى يواصل الحفاظ على حوار مفتوح مع الكرملين ، الشريك المهم في العقود المتعلقة بتوريد أنواع مختلفة ، مثل الطعام ، حيث حملت أول حمولة 60 ألف طن من القمح الروسي الشهر الماضي إلى الموانئ السعودية.

وتحاول موسكو ، على الرغم من أنها تدرك أن مقترحاتها لن تؤدي إلى أي شيء ، ولكن ، بغض النظر عن مقياس العلاقات الثنائية مع صناعة النفط والغاز ، فإنها تقترح أيضًا أن تستبدل المظلة الدفاعية الأمريكية في الخليج الفارسي باتفاقية متعددة الأطراف في المسائل الأمنية التي تنطوي على  ، واشنطن ، ولكن أيضا جمهورية الصين الشعبية وأوروبا والهند.

في الواقع ، ليس لدى موسكو الوسائل ولا الرغبة في الشروع في مثل هذه المغامرة في تلك المنطقة المضطربة ، وعلى أي حال ، هناك دائمًا ضيف  ثقيل ، الخصم الإقليمي الإيراني (ولكن ربما يكون من الأفضل تعريفها “العدو الإقليمي”) للرياض ، والذي أثبتت مملكة آل سعود أنه لا هوادة فيه حتى أثناء انتشار جائحة كورونا ، الذي أثر بشكل خاص على جمهورية آيات الله الإسلامية.

ثم هناك الصين. على الأقل على ما يبدو ، في هذه المرحلة بالذات ، لم تظهر بكين نفسها مهتمة بشكل مفرط في القيام بدور أكبر في الشرق الأوسط ، على الرغم من أن جيش التحرير الشعبي  الصيني قد استقر بشكل دائم في أول قاعدة عسكرية أفريقية في جيبوتي ، مما ساهم رسميًا الحد من ظاهرة القرصنة قبالة سواحل الصومال.

في هذا الصدد – مرة أخرى وفقًا لورقة وجهات نظر دورسي التي نشرها مركز بيسا – ، فإن عدم اليقين الناجم عن السلوك الصيني سيكون مقلقًا أيضًا لـ محمد بن سلمان ، كما هو الحال في المباني الفاخرة في الرياض يخشى أنه في حالة تصاعد التوتر بين واشنطن و تحولت طهران إلى صراع في الخليج الفارسي ، في بكين يمكنهم أن يقرروا إنهاء موقفهم المحايد ودعم الإيرانيين.

في الواقع ، لا ينبغي الاستهانة بأنه من بين الجوانب المتعددة التي تجعل العلاقات الصينية الإيرانية أساسية ، هناك أيضًا شراكة مهمة بين البلدين بشأن ما يسمى بمشروع مبادرة الحزام والطريق ، والتي (من الواضح أن بكين قادرة على تحقيق ذلك من حيث تأمل) أن توفر خطًا للسكك الحديدية   عبر آسيا الوسطى  ، بعد تجاوز النقل المرهق للسلع والأشخاص عن طريق السفن عبر بحر قزوين ، التى ستجد محطة في الجمهورية الإسلامية.

استنتاج محلل مركز بيسا هو أن محمد بن سلمان مضطر الآن للحفاظ على توازن صعب في عالم حيث العلاقات بين القوى مثيرة للجدل بشكل متزايد ، ولكن الجهود التي تقوم بها على مستوى القوة الناعمة لن تكون كافية لإعطاء الضوء لصورتها غير الواضحة الآن

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