Il quadro dei rapporti tra l’Unione europea e l’Armenia è attualmente regolato dagli Accordi di partenariato e cooperazione risalenti al 1996.
Nel settembre 2013 Erevan ha aderito all’Unione economica euroasiatica (un potenziale mercato di 180 milioni di persone), rinunciando alla sottoscrizione di un accordo di cooperazione in un’area di libero scambio più ampio con l’Unione europea già negoziato in precedenza.
L’accordo oggi in esame è il frutto di negoziati avviati nel 2015 allo scopo di contribuire alla definizione della cornice giuridica e politico-istituzionale in materia di cooperazione tra Ue e Armenia «utilizzando – secondo il relatore in Commissione Affari esteri, Onorevole Christian Romaniello – l’approccio duttile nei confronti di partner non pronti o non ancora disponibili agli accordi di libero scambio previsti dalla nuova politica europea di vicinato».
Il testo – che si compone di 386 articoli suddivisi in 8 titoli, 12 allegati e 2 protocolli – stabilisce i principi generali e gli obiettivi dell’Accordo, richiamando il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, esplicitando al contempo l’impegno delle pari alla realizzazione dei principi dell’economia di mercato quale presupposto per promuovere lo sviluppo sostenibile e la crescita economica.
Il Titolo II sancisce l’impegno delle parti a sviluppare un dialogo politico efficace in tutti i settori nel reciproco interesse, al fine di promuovere la risoluzione pacifica dei conflitti, la stabilità e la sicurezza a livello internazionale e regionale, nonché a intensificare la cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza allo scopo di prevenire i conflitti e gestire le crisi, assicurando altresì il controllo sull’esportazione di sistemi d’arma e prevenire e reprimere il terrorismo.
Relativamente alla cooperazione nei settori della giustizia, delle libertà e della sicurezza, il Titolo III disciplina la cooperazione in campo giudiziario, la protezione dei dati personali, gli aspetti concernenti l’immigrazione, quelli il contrasto del fenomeno del riciclaggio di denaro e del terrorismo, al traffico di sostanze stupefacenti e alla criminalità organizzata transnazionale e, infine, la protezione consolare.
Al Titolo IV l’Accordo regola inoltre la cooperazione economica, con particolare riguardo al dialogo economico, alla fiscalità e al settore statistico.
Il Titolo V disciplina gli aspetti relativi alla cooperazione settoriale, articolata su 23 capi recanti dichiarazioni di impegno a sviluppare la collaborazione, tra gli altri, nei settori dei trasporti, della politica industriale, dell’energia, dell’ambiente, del turismo, dell’agricoltura, bancario, assicurativo, della politica sociale e dell’istruzione.
La parte più corposa dell’accordo quadro è il Titolo VI, inerente gli scambi e le questioni commerciali, cioè gli scambi intesi in senso stretto, la cooperazione in campo doganale, gli aspetti sanitari e fitosanitari, la circolazione di capitali, la tutela della proprietà intellettuale e le imprese di proprietà dello Stato.
Gli ulteriori Titoli dell’Accordo riguardano rispettivamente l’assistenza finanziaria, le disposizioni anti frode, le disposizioni istituzionali (generali e finali) mediante le quali si perviene alla costituzione di un Consiglio di partenariato investito della funzione di monitoraggio dell’attuazione dell’Accordo nonché di quella di aggiornarne o modificarne gli allegati previo consenso delle parti.
La cooperazione in campo interparlamentare viene regolata dall’articolo 365, che istituisce il Comitato parlamentare di partenariato, assegnandogli il ruolo di foro privilegiato per lo scambio di opinioni e di esperienze tra i parlamentari europei e quelli armeni.
Il disegno di legge di ratifica precedentemente approvato dal Senato si compone di quattro articoli, tra i quali assume particolare importanza il n.3, poiché pone il principio di invarianza finanziaria, stabilendo che dall’attuazione della legge di ratifica non devono derivare nuovi o maggiori omeri a carico della finanza pubblica italiana.
infatti, il funzionamento delle attività di cooperazione previste dall’Accordo verrà garantita da funzionari dell’Unione europea, le cui spese di missione graveranno esclusivamente sul bilancio comunitario.
Spirito dell’Accordo è quello di favorire il consolidamento delle Istituzioni democratiche della Repubblica di Armenia nonché la stessa stabilità della regione caucasica, nel recente passato turbata da sanguinosi conflitti.
Inoltre, l’Accordo in questione potrà rivelarsi in grado di rafforzare il partenariato politico ed economico globale grazie a una maggiore partecipazione dell’Armenia alle politiche e ai programmi delle agenzie dell’Unione europea, creando in questo modo le condizioni per una cooperazione sempre più stretta anche in altri settori di reciproco interesse.
Secondo l’Onorevole Marina Sereni, viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, «l’Italia attribuisce notevole importanza alle relazioni costruttive tra Unione europea e Armenia, che continuiamo a sostenere al più alto livello istituzionale anche nell’ambito dei contatti politici bilaterali».
Risale infatti al 22 novembre dello scorso anno l’incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte con il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan (il presidente della cosiddetta «Rivoluzione di velluto»), mentre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si era recato in visita ufficiale a Erevan pochi mesi prima, nel luglio del 2018.
Ventuno Paesi dell’Ue più il Regno Unito hanno già perfezionato i termini di questo accordo di partenariato globale e rafforzato, che consentirà l’inserimento dell’Armenia in un percorso di avvicinamento alla legislazione comunitaria, costituendo al contempo uno strumento chiave per le riforme e l’ammodernamento del Paese caucasico, in linea con i risultati già conseguiti da Erevan sulla base della tabella di marcia a suo tempo concordata con Bruxelles.
L’accordo delinea un quadro giuridico ad ampio spettro che, va ricordato, include anche clausole di natura politica relative ai diritti umani, sul ruolo della Corte internazionale di Giustizia, sulle attività di contrasto delle armi di distruzione di massa, sul contrasto del terrorismo e della radicalizzazione.
Sempre secondo il viceministro Sereni «in un’ottica più ampia l’Accordo potrà senz’altro contribuire alla stabilità e alla prosperità dell’intera regione».
«Dal punto di vista economico – ha poi ella aggiunto – Armenia e Unione europea beneficeranno dell’ampliamento della gamma e della portata dei flussi commerciali bilaterali e di un concreto miglioramento del clima di affari e di investimento», benefici che verranno indirizzati soprattutto alle piccole e medie imprese sia europee che armene.
Al fine di facilitare la piena e corretta attuazione dell’Accordo, in linea con le aspettative armene, l’Italia intende incoraggiare l’impiego strategico di tutti gli strumenti disponibili, tra cui i gemellaggi amministrativi e i programmi di assistenza tecnica, «per i quali – ha infine concluso il viceministro – il nostro Paese da diversi anni si contraddistingue per professionalità ed expertise».
Secondo l’Onorevole Alessandro battilocchio (Forza Italia) – intervenuto a seguito dell’esposizione del relatore in Commissione parlamentare Christian Romaniello (M5s) e del viceministro Sereni -, l’Armenia rappresenta «un Paese interessante nello scenario internazionale anche sotto l’aspetto delle potenzialità economiche, che a dispetto delle sue dimensioni, può a pieno titolo venire considerato “globale”, grazie anche a una numerosissima e influente comunità di espatriati della diaspora».
«Non a caso – ha proseguito il parlamentare del centrodestra -, nel 2018 la rivista “The Economist” ha indicato l’Armenia quale “Paese dell’anno”, destinazione ideale di investimenti esteri», un possibile “ponte” commerciale verso il Caucaso e l’Asia centrale.
Egli ha poi concluso affermando che: «L’Italia ha sempre sostenuto la necessità di coinvolgere l’Armenia nelle strutture e nei meccanismi europei. Nel 2001, nel corso della presidenza italiana l’Armenia è divenuta membro del Consiglio d’Europa. In questo percorso, l’intesa di oggi costituisce sicuramente un passo importante».
Questi gli auspici, tuttavia permane purtroppo ancora aperto il contenzioso sulla regione del Nagorno-Karabakh, oggetto di disputa con il confinante Azerbaigian addirittura già prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
L’ultima breve guerra era divampata all’inizio del mese di aprile di quattro anni fa, esso seguiva quello ben più sanguinoso durato dal 1988 al 1994, che aveva provocato complessivamente 35.000 morti, “congelato”, al pari di altri conflitti della regione, attraverso un cessate il fuoco che aveva però assunto ben presto le forme di una «tregua armata», poiché da allora, in venti anni, i ripetuti incidenti lungo la linea del fronte hanno provocato 3.000 vittime, anche tra la popolazione civile.
A confrontarsi sono le forze armate di Baku e le milizie autonome dell’autoproclamata Repubblica armena del Nagorno Karabakh, armate e supportate da Erevan, belligeranti che sono pervenuti anche a scontri di rilievo nel 1999-2000, 2003, 2005 e tra il 2008 e il 2012, mentre a partire dall’agosto del 2014 veniva registrato un peggioramento della situazione, con cento morti soltanto in quell’anno, scontri di frontiera che si sono susseguiti anche nel 2015, interessando le aree di Martuni, Matakert, Fizuli, Tartar e Agdam.
Erevan è alleata di Mosca e dell’Iran, mentre Baku pur mantenendo buoni rapporti con la Russia (dalla quale non ha mancato comunque di rifornirsi di armi) è sostenuta da Ankara. Oggetto del contenzioso sono sia il Nagorno-Karabakh in Azerbaigian, che porzioni di territorio all’interno della Repubblica di Armenia.
Dopo l’ultima cessazione dei combattimenti tra i due Paesi, (uno dei tanti conflitti regionali definiti a bassa intensità) la risoluzione della questione è stata demandata al Gruppo di Minsk dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).