“La Nato e il virus di Wuhan”, di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano attualmente esponente della Nato College Foundation ha analizzato dal suo punto di vista questo argomento – Anche nel 2020 il ruolo principale della Nato rimane quello di garantire la libertà e la sicurezza dei paesi membri. Questo è un concetto che si presta a differenti declinazioni strategiche perché il ruolo della Nato è costantemente oggetto di dibattito e differenti visioni.
Soprattutto è dibattuto come far percepire tale missione alle audience nazionali dei paesi membri e a quelle “esterne”.
Le correnti principali sono due: la prima vorrebbe l’Alleanza atlantica come attore di hard security con un’organizzazione in grado di risolvere in maniera eccellente le crisi con l’uso della forza per mezzo della sua non pareggiabile struttura militare.
La seconda intende presentare l’Alleanza come un’organizzazione che può fornire sicurezza nel mondo senza l’utilizzo della propria forza militare ma per mezzo della componente politico-diplomatica e la forza della “dissuasione” e/o “deterrenza”.
Il presidente statunitense Donald Trump ha dato una “scossa” all’Alleanza nell’ultimo summit, chiedendo un cambiamento sostanziale e maggiori spese per la Difesa, ma in risposta gli alleati (soprattutto quelli europei) negano la natura, la portata e la velocità del cambiamento strategico.
Covid-19 potrebbe essere il punto di svolta per definire un nuovo equilibrio globale che è sempre più precario.
Si può supporre che mentre Covid-19 accelererà senza dubbio il cambiamento, è poco probabile che trasformi radicalmente la natura del cambiamento stesso. In effetti, se le conseguenze strategiche di Covid-19 sono simili alle pandemie del passato, mai così “forti” da porre fine alla minaccia di un conflitto, potrebbe comunque aumentare il livello di minaccia.
I governi e l’opinione pubblica europea sono fermi su una certezza decennale: non ritengono che possa scoppiare una grande guerra nell’immediato futuro, anzi escludono l’ipotesi di un conflitto globale in futuro!
Il virus di Wuhan potrebbe allontanare ulteriormente la percezione europea dalla realtà, creando una profonda divergenza tra chi si concentra sulla sicurezza sanitaria e chi invece ritiene che sia centrale il concetto della difesa nazionale e della democrazia.
Sulla sicurezza sanitaria è intervenuto il segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg, mettendo a disposizione il coordinamento logistico nei rifornimenti di materiali medicali.
Il programma scientifico della Nato ha inoltre finanziato un progetto di diagnostica anticorpale rapida, proposto dall’ISS e promosso dalla Farnesina.
Ma sul piano piano della difesa nazionale e della democrazia sembra che pochi governi europei comprendano la situazione e siano in linea con gli americani, nella maggior parte dei casi non prendono in considerazione uno scenario del genere. Contro questa visione, numerosi affermati analisti intravedono il pericolo che l’Alleanza debba in un prossimo futuro affrontare una crisi multi-teatro simultanea nel Mar Cinese (Taiwan od Hong Kong), nel Medio Oriente (Siria e Turchia) e nel Nord Africa (Libia), nonché sui fianchi orientali e settentrionali attraverso lo spettro convenzionale e nucleare e lo spettro analogico e digitale.
Dal punto di vista strategico, per la Nato una delle conseguenze negative derivanti dalla pandemia potrebbe essere quella che i Paesi europei decidessero di sospendere la modernizzazione dello strumento di difesa nazionale per concentrarsi sulla sicurezza sanitaria.
Questo metterebbe la presidenza Usa davanti alla scelta se continuare a difendere l’Europa compensando le sue debolezze militari, rendendo così le proprie forze armate relativamente più deboli in altre aree del mondo, o abbandonarla assieme all’idea di Transatlantic Link per gravitare in aree di maggiore interesse economico Usa quali il Pacifico.
Partendo dal presupposto che Pechino e Mosca non sono capitali di paesi da additare a esempio di “democrazia”, essi potrebbero sfruttare la possibile debolezza sociale e politica americana conseguente al virus per esercitare pressioni sia sugli Stati Uniti stessi sia sui loro alleati, politicamente ed economicamente più deboli, aumentando in maniera esponenziale la loro attività di soft power.
È probabile che i già insufficienti (a parere di Trump) investimenti nel settore della difesa europea diminuiranno ulteriormente dopo la crisi da virus, ma, contemporaneamente, la portata in numero e impegno di forze delle possibili missioni Nato potrebbe accrescersi.
Nel contempo è poi indubbio che l’ascesa militare della Cina aggraverà il sovraccarico di risposta militare americano, ma senza un aumento della spesa militare le capacità militari europee non saranno in grado pareggiare l’impatto delle nuove tecnologie nello spazio di battaglia, come l’intelligenza artificiale, i super computer, la minaccia spaziale in cui cerca di inserirsi anche l’Iran.
Chi conosce bene la Nato e i suoi meccanismi di funzionamento e attivazione sa che a Bruxelles inizia a serpeggiare il citato dilemma strategico, esemplificabile nel semplice assunto che le crisi non arriveranno in pacchetti singoli.
Il dilemma è come garantire alla Nato le capacità per fare azione di difesa e deterrenza sui suoi fianchi orientali e settentrionali e simultaneamente sostenere gli alleati sul suo fianco meridionale in caso che continui il caos in Medio Oriente e Nord Africa.
In questo quadro emerge con forza in queste ore la questione di come potrà fare la Nato a gestire il suo ormai scomodo membro turco che cerca di espandere la sua influenza proprio in queste due aree.
La sola risposta è quella di ricercare un notevole miglioramento dell’interoperabilità delle forze armate europee (escludendo per il momento la Turchia) con le controparti statunitensi e strutturare consultazioni politiche molto più veloci tra Usa e Unione europea.
Bisognerebbe ideare una “Forza Europea” cha abbia la capacità di assicurare difesa e deterrenza in caso di emergenza quando grande parte delle forze statunitensi sono impegnate in altre zone del mondo.
La forza europea dovrebbe essere capace di una buona interoperabilità con la futura forza americana.
Non deve essere un’utopia pensare a un partenariato strategico Nato-Ue in grado di proiettare potere e proteggere le persone spostando rapidamente, in emergenza, forze e risorse in Europa e nei dintorni per sostenere la dissuasione e strutturare una difesa. Tale dimensione del partenariato conterrebbe anche molto l’arroganza di Ankara.
La NATO è in definitiva un’assicurazione strategica contro la guerra in un mondo instabile in cui strategia, tecnologia, capacità e convenienza si combinano per alleati e avversari.
La Nato deve quindi essere un deterrente militare di alto livello ispirata al principio Si vis pacem, para bellum.
Soprattutto, gli europei dovrebbero entrare nell’ottica che nel prossimo decennio gli Stati Uniti saranno in grado di “garantire” la difesa dell’Europa solo se gli europei faranno molto di più per la propria difesa.
Virus di Wuhan o no tra poco sarà in gioco il futuro della Nato e, se un giorno non tanto lontano non riusciremo a modernizzare la nostra Alleanza, la Cina comunista e, probabilmente, la Russia, potrebbero trarne enormi vantaggi.