CULTURA, cinema e teatro. Covid-19, «fase due»: l’Agis chiede di riaprire le sale alla ripartenza del Paese

Il drive-in è solo una boutade giornalistica, le arene cinematografiche possono essere un modo per riprendere a vedere un film sul grande schermo

Dopo numerose anticipazioni, proposte, ipotesi, avanzate negli ultimi giorni in merito alla possibilità di ritornare a vedere il cinema sul grande schermo in modalità drive-in o arena estiva, interviene Franco Oss Noser, presidente dell’Unione interregionale triveneta Agis, per gettare acqua sugli entusiasmi di qualche giornalista.

Il drive-in non è neppure un’ipotesi percorribile, per varie ragioni: tecniche, economiche e anche artistiche.

In questo momento bisogna pensare alle sale cinematografiche e teatrali, chiuse dai primi di marzo e ancora senza una data prevista o prevedibile di riapertura.

Non si risolvono i problemi delle perdite che si stanno accumulando su queste aziende aprendo arene estive.

Anzi, in alcuni casi corriamo il rischio di spendere denaro pubblico che di norma sostiene queste attività per raggiungere l’equilibrio di bilancio. Meglio sarebbe destinarlo per la riapertura delle attività.

Dobbiamo pensare alle aziende di esercizio cinematografico, ai cinema, ai teatri, alle sale da concerto, aggiunge Massimo Lazzeri, presidente Anec Tre Venezie.

Ci vuole un fondo, anzi fondi straordinari da parte delle Regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia) e delle Province autonome (Trento e Bolzano Alto Adige Südtirol) per ammortizzare le perdite e sostenere la ripartenza.

E sarà una ripartenza difficile con una minor capienza dei locali per garantire le distanze di sicurezza che saranno individuate per contrastare Covid-19 e con una capienza ridotta, incassi ed entrate si abbasseranno inevitabilmente.

A ciò va aggiunta poi la paura e la minor capacità di spesa degli italiani.

A quest’ultimo elemento critico si potrà in parte sopperire con voucher culturali, come già sperimentato a Trento, mentre la paura potrà lentamente abbandonarci mediante l’adozione di protocolli seri ma sostenibili.

I piani straordinari dovranno essere triennali, così da sostenere la ripartenza, però seguendo poi passo passo le strutture più deboli al fine di impedirne la chiusura.

I luoghi di maggior socializzazione che da sempre contribuiscono allo sviluppo, non solo economico ma anche culturale e sociale, non possono chiudere, poiché altrimenti il danno sarebbe quello dell’effetto domino su intere collettività.

Ci aspettiamo inoltre una detassazione dei tributi locali, in particolare Irap, Imu e Tari.

Sono interventi indispensabili per supportare le imprese.

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