L’Italia è vicinissima al «junk», il livello spazzatura dei titoli del debito pubblico che le agenzie internazionali di rating decretano mediante le loro periodiche pronunce. L’ultima è stata quella di Fitch, che ieri ha reso nota la sua valutazione: BBB- con outlook stabile.
Una valutazione che segue quella leggermente più benevola di Standard & Poors del 24 aprile scorso, che aveva sostanzialmente confermato il suo rating precedente, cioè BBB+ con outloook negativo, mantenendo così l’Italia due gradini sopra il lastrico, quel non investment grade, area nella quale le obbligazioni collocate sul mercato vengono acquistate soprattutto a fini speculativi, con tutte le possibili conseguenze del caso.
Fitch si è pronunciata in anticipo sul programma da lei stesso annunciato in precedenza, infatti il calendario prevedeva la pubblicizzazione della sua valutazione per il prossimo 10 luglio.
Essa ha dunque abbassato il livello di rating dell’Italia a BBB- con outlook stabile, una differenza non enorme secondo gli economisti, tuttavia un segnale preoccupante che non va preso sotto gamba.
Le agenzie di rating valutano l’affidabilità della capacità di un paese di continuare a finanziare il proprio debito pubblico, contratto negli attraverso l’emissione di titoli obbligazionari da parte dello Stato, prendendo in esame le prospettive sia nel breve termine che sul lungo termine.
Non investment grade. Toccato il fondo del livello spazzatura, la maggior parte dei fondi di investimento, obbligazionari o bilanciati che siano, che detengono titoli del debito pubblico del paese declassato a «junk» (che nel caso dell’Italia posseggono complessivamente nei loro portafogli titoli per un ammontare di circa il 25-30% del debito pubblico), in ragione dei loro regolamenti o dei contratti stipulati con la clientela scatta l’obbligo di vendere quegli stessi titoli.
Ma questo riversamento massiccio di titoli sul mercato ovviamente inciderà sul prezzo e quindi del rendimento, con correlati incrementi dei tassi di interesse in sede di nuove emissioni per lo Stato indebitato e di spread sul mercato secondario, con tutte le difficoltà di collocamento dei nuovi titoli che gli renderanno più difficile finanziarsi.
Non solo, perché gli effetti si rifletterebbero anche sul sistema bancario, aspetto particolarmente rilevante soprattutto per l’Italia, paese nel quale le banche negli ultimi anni hanno acquistato una quota importante del debito pubblico nazionale, che a fronte di una diminuzione del prezzo dei titoli detenuti «in pancia» si troverebbero di fronte a seri problemi di quadratura dei propri bilanci, erosi dalla perversa dinamica.
Insomma, per il Ministero del Tesoro diverrebbe tutto più oneroso, mente l’impatto sarebbe particolarmente negativo sul deficit di bilancio, che imporrebbe la creazione di un surplus di bilancio.
Il salvagente europeo. In condizioni normali un declassamento del genere provocherebbe conseguenze come quelle illustrate, ma in una situazione critica e deteriorata come quella attuale, effetto della pandemia da Covid-19, la Banca centrale europea è intervenuta in via preventiva rispetto alle ultime due pronunce delle agenzie di rating (S&P e Fitch), rendendo noto che anche in caso di declassamento a livello junk avrebbe continuato ad acquistare obbligazioni emesse dallo Stato italiano.
La Bce fornirà dunque una ennesima garanzia, in deroga alle sue prerogative, che normalmente non le consentirebbero di acquistare sul mercato secondario titoli obbligazionari a tal punto declassati.
Francoforte ha inoltre comunicato che accetterà i titoli spazzatura detenuti dalle banche in qualità di «collaterali» in sede di valutazione dei capitali di queste ultime sulla base degli accordi di Basilea, questo al fine di consentire loro l’ottenimento di prestiti dall’istituto centrale.
Una presa di posizione tesa a evitare la prevedibile “fuga” dei fondi di investimento dai debiti pubblici di paesi in difficoltà economiche e finanziarie come l’Italia vendendone a qualsiasi prezzo i titoli obbligazionari sul mercato.
Outlook stabile o negativo? Oggi praticamente tutti i Paesi europei versano in condizioni economiche gravissime, lo stesso si può affermare allargando la visuale a tutto il mondo, dove la pandemia da coronavirus ha colpito sia direttamente che indirettamente, anche quelli che non si sono trovati nella urgente necessità di imporre il lockdown al proprio interno a causa dei contagi.
Il mercato globale si è fermato, creando enormi difficoltà sui piani delle esportazioni e dei rifornimenti di materie prime (i cui prezzi sono crollati) e componenti per l’industria, mentre non pochi paesi emergenti stanno subendo pressioni dal lato dei tassi di cambio delle loro monte, che aggrava le loro difficoltà finanziarie.
Come accennato, trovandosi all’interno del sistema dell’euro l’Italia ha beneficiato delle garanzie offerte dalle Istituzioni comunitarie, Bce in primo luogo. Infatti, gli annunci di quest’ultima hanno influito positivamente sulla pronuncia di S&P, poiché l’agenzia di rating si è trovata di fronte a una maggiore capacità dello Stato italiano di fare fronte alle proprie necessità di finanza pubblica.
Non è stata invece dello stesso avviso Fitch, che, pur non cambiando eccessivamente le cose sul piano quantitativo, ha comunque contribuito ad avvicinare ulteriormente il debito pubblico italiano alla soglia di rischio.
Resta però il fatto che il Paese vive una condizione di fragilità accentuata dalla crisi in atto, le sue capacità di crescita, e quindi di recupero, nei prossimi mesi saranno inferiori rispetto a quelle di altri paesi.
Questo non soltanto per la gigantesca esposizione debitoria (con ogni probabilità il coronavirus porterà il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo al 155-160%), ma anche a causa delle debolezze indotte dalla struttura della sua economia e dalle arretratezze e inefficienze del suo apparato pubblico.
Una situazione preoccupante, seppure nell’immediato l’Italia abbia le “spalle coperte” dall’Europa. Tuttavia, quando l’emergenza contagi da Covid-19 verrà superata a riemergere con virulenza saranno le difficoltà economiche di un Paese rimasto per settimane anestetizzato nel limbo del lockdown.
Probabilmente accadrà proprio in coincidenza con la discussione della prossima legge di bilancio in Parlamento, cioè quando si dovrà avviare un rientro dal debito monstre accumulato e contestualmente finanziare in deficit la ripresa economica dell’economia.
Ma forse allora il modo sarà diverso. L’auspicio è che possa approcciarsi politicamente con maggiore flessibilità a questioni del genere, accettando magari livelli di debito in passato inconcepibili. A quel punto sulle decisioni molto incideranno le condizioni dei vari Paesi.