«Serve chiarezza assoluta sull’iter annunciato dall’azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia e lo Jenner Institute della Oxford University che inizieranno a fine aprile in Inghilterra i test accelerati sull’uomo del prototipo di vaccino per il Covid-19. Secondo quanto reso noto anche dal ministero della Sanità, a settembre si prevede di rendere utilizzabile il vaccino per immunizzare personale sanitario e Forze dell’ordine in modalità di ‘uso compassionevole’, e per quanto rispetto a questa dizione ci si possa rifare all’Agenzia italiana del farmaco, è fin troppo evidente che migliaia e migliaia di operatori in divisa necessitano di maggiori spiegazioni che spazzino via il dubbio, alquanto concreto, di essere utilizzati come cavie”.
Queste le parole del segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato, il sindacato del comparto sicurezza che ha lanciato l’allarme a seguito dell’annuncio della prossima sperimentazione umana del vaccino contro il Covid-19, effettuata a partire da fine aprile in Inghilterra su 550 volontari sani, siero che «da settembre potrà essere disponibile – come aveva affermato in precedenza l’amministratore delegato della Advent-Irbm Piero Di Lorenzo – per immunizzare personale sanitario e forze dell’ordine in modalità di uso compassionevole».
L’Advent-Irbm è infatti l’impresa farmaceutica pometina impegnata nella ricerca e nella sperimentazione del vaccino e le dichiarazioni del suo vertice aziendale hanno subito ingenerato preoccupazioni tra gli operatori della sicurezza.
«Non riteniamo minimamente concepibile – aveva poi aggiunto Mazzetti – utilizzare sul personale delle forze di polizia un vaccino che non sia definitivamente e totalmente sperimentato, ammesso, certificato e garantito dalla comunità scientifica. Leggere, come abbiamo fatto finora, che quello in sperimentazione non sia tossico o che i risultati di laboratorio siano “buoni” non è neppure vicino a quanto serve per poterlo somministrare ai poliziotti italiani. Ci aspettiamo che il ministro Lamorgese e il prefetto Gabrielli restino vigili».
Nel corso del pomeriggio, però, la polemica è rientrata dopo che attraverso un lancio di agenzia dell’Ansa il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno aveva smentito la notizia, che nel frattempo era stata ripresa e amplificata dalla stampa.
«È destituita da ogni fondamento – recitava la nota diffusa dall’Ansa alle ore 14:58 – la notizia ripresa dal sindacato Fsp Polizia, che sui poliziotti partirà la sperimentazione di un vaccino per immunizzare dal Covid-19».
Immediata la replica del sindacalista: «Ci rassicura che il Dipartimento smentisca una notizia che, però, è ancora sul sito del Ministero della Salute. È rassicurante leggere la nota con cui il Dipartimento di Pubblica sicurezza smentisce una notizia ripresa da tutti i media già da giorni, abbiamo chiesto attenzione e chiarimenti e il nostro Dipartimento ha risposto, anche se, in verità, non comprendiamo come mai questa stessa notizia campeggia ancora sul sito del ministero della Salute, nella sezione “notizie dal Ministero”, con la data del 14 aprile».
Tutto bene dunque, almeno all’apparenza, poiché polemiche del genere – ovviamente del tutto legittime e anche necessarie -, contribuiscono però anche a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica da altri aspetti essenziali tuttavia un poco in ombra, quali quelli relativi alla distribuzione in quantità adeguate di dpi, oppure all’effettuazione di test sierologici di massa per capire quali sono le persone contagiate, come anche la carenza di reagenti per i test mediante tampone.
Gli – ancora ipotetici e certamente auspicabili – vaccini dovrebbero immunizzare dagli effetti di un virus che muta continuamente, infatti soltanto in Europa al momento se ne conoscono già alcuni ceppi.
A oggi non si ha certezza del livello di protezione e dei tempi di protezione garantiti dagli anticorpi che questo vaccino (o altri vaccini) produrrà nei soggetti che rimarranno contagiati dal Covid-19 e, in ogni caso, i tempi di una eventuale sua produzione e somministrazione si ritiene siano ancora lunghi, dunque potrebbe essere ancora prematuro parlarne, a meno che non si voglia anestetizzare il potenziale allarme sociale ricorrendo a operazioni psicologiche.