SOCIETÀ, emarginazione. Emergenza coronavirus e dramma dei senzatetto: come vivono «gli ultimi»

Secondo gli ultimi dati rilevati dalla Fio.PSD in Italia i senza fissa dimora sono oltre 50.000

di Giovanni Turris – Nei giorni drammatici della pandemia da coronavirus incontro a quale destino andranno le persone condannate a vivere per strada?
Quali sono le concrete politiche delle Istituzioni, affinché queste donne e questi uomini non rimangano abbandonati ancora di più a loro stessi, nella loro tragica condizione sociale?

Secondo i dati ufficiali a livello nazionale pubblicati nel 2015 dalla Federazione italiana organismi persone senza fissa dimora (Fio.PSD), che confermano quelli diffusi dall’Istat nel 2014, i clochard nel nostro Paese avevano superato quota 50.000.

La ricerca ha preso in considerazione le persone che hanno fatto ricorso a un servizio di accoglienza notturna o di mensa nei 158 comuni italiani selezionati per questa indagine.
Un’assistenza di base – docce, cibo, ricoveri – fornita da uno dei 768 fornitori di servizi, il 6% in più rispetto al 2011.

Nel 2017, il numero di posti letto in alloggi e centri di accoglienza è aumentato, un trend correlato al contestuale incremento del numero di senzatetto, tra tutti i lavoratori poveri e i disoccupati.
Di queste persone svantaggiate che hanno usufruito di servizi sociali della Caritas, emergono nuove categorie, come ad esempio i giovani, persone di età tra 18 e i 34 anni che ne rappresentano il 33%, il 30% donne. La durata media di un soggiorno in luoghi di emergenza è di due anni e mezzo.

Nel complesso, l’84% sono uomini e il 16% donne, l’età media è di 44 anni, con una ripartizione etnica del 40,5% di cittadini italiani, 33,3% africani, 13,2% europei, 4,8% asiatici, 2,5% europei extra-Ue, 0,9% americani, 0,1% dall’Oceania, oltre a un 4,7% di «non registrati».

Secondo altri dati forniti dall’Istat, il 62,5% dei senzatetto vive in aree metropolitane e il 32,6% in città con una popolazione compresa tra i 70.000 e i 250.000 abitanti. Appena il 4,1% vive in comuni capoluogo con una popolazione compresa tra i 30.000 e i 70.000 abitanti e lo 0,8% nei comuni periferici delle aree metropolitane.

La città italiana maggiormente interessata dal problema è Milano (oltre 12.000 sfd), seguita da Roma (8.000 persone), mentre a Palermo ne vivono 3.000, a Firenze circa 2.000 e a Torino poco meno.
Se si tiene conto delle prime due città menzionate, arriviamo a una cifra che sfiora il 40% del totale (la capitale d’Italia con circa il 15,2%).

Ma dove vivono i senzatetto? All’aperto, nei parchi, in una tenda o in luoghi in mezzo a rifiuti e alla sporcizia, in assoluta assenza di igiene, in un degrado che li priva di ogni dignità.
I “più fortunati” trovano rifugio all’interno della propria automobile o in una roulotte, come sistemazione temporanea, oppure in dormitori pubblici o strutture abbandonate, in attesa di uscire da questa condizione.

Spesso si tratta di persone che vivono da sole una situazione drammatica che le espone a maggiore insicurezza, soprattutto le donne, che rischino di subire violenze o che si vedono costrette a prostituirsi.
Un dato del 2019 della Comunità di Sant‘Egidio di Roma, una delle associazioni più attive, soprattutto durante la stagione invernale, prova a dare aiuto ai tantissimi che restano fuori dal circuito dell’accoglienza.

Nel 2020 il Paese è stato travolto dall’epidemia da Covid-19 e i decreti emanati dal Governo hanno imposto rigide restrizioni, tra le quali quella di restare a casa e limitare gli spostamenti, se non per provate motivazioni legate ad impegni lavorativi comprovati, ma i senzatetto non hanno la possibilità di farlo.
Solo una parte di loro trova rifugio nelle strutture poste a disposizione dai comuni e dalle associazioni di volontariato, tra centri di prima assistenza e quelli allestiti per l’emergenza freddo.

A Roma ci sono almeno 2.500-3.000 persone su circa 8.000 che non hanno una fissa dimora che dunque restano esclusi da qualsiasi tipo di accoglienza.
In questi giorni l’Amministrazione capitolina ha annunciato l’adozione di misure per aumentare l’offerta di posti di accoglienza all’interno del cosiddetto «piano freddo».

Coloro i quali affrontano questo momento drammatico in strada sono spesso confuse o addirittura spaventate, si sentono ancora più emarginate e in loro aumenta il terrore e l’angoscia, specialmente quelli che presentano problematiche psichiatriche.

Uno dei maggiori problemi è quello di informare i senzatetto, ai quali giungono notizie confuse.
«Le Istituzioni devono tenere in considerazione il problema – ricorda Angelo Borrelli, capo del Dipartimento della Protezione Civile -, ho chiesto alla Regione Lazio e ai comuni di organizzare e trovare strutture per fornire una adeguata assistenza ai senzatetto».

Bisogna arrivare a quanti vivono in strada e informarli di come possono prevenire il contagio, che molto spesso sottovalutano. Essi hanno spesso un sistema immunitario debole e se contraggono il virus possono diventare una minaccia anche per gli altri.

È assolutamente necessario e decisivo che le Istituzioni e i suoi principali rappresentanti, prendano coscienza di questo dramma nel dramma e di creare le condizioni sanitarie e umane, per poter contenere il virus e aiutare le oltre 50.000 persone sparse per l’Italia che non hanno una fissa dimora fornendo loro alloggi.

Anche questa battaglia fondata sulla giustizia umana in favore degli ultimi, sarà un’azione per il contenimento del virus che sta mettendo in ginocchio il Paese. Tutto questo, nelle prossime settimane rappresenterà una sfida decisiva.

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