CORONAVIRUS, emergenza contagi. Sanità al collasso, De Falco (CIMO): «Necessario radicale cambio di paradigma, va adottato il “metodo coreano”»

Test di massa e isolamento dei soggetti asintomatici, il ricorso a milioni di tamponi potrebbe abbattere i ricoveri in rianimazione negli ospedali, decongestionando così i tartassati e vacillanti reparti di terapia intensiva. Intanto a Napoli si procede nella sperimentazione del farmaco anti-reumatoide che potrebbe venire utilizzato sui pazienti Covid-19.

L’ipotesi di un approccio integrativo all’emergenza in atto proposto da un gruppo di medici napoletani che, allo scopo, ha lanciato sulla piattaforma change.org una petizione da presentare al Governo; insidertrend.it ha interpellato uno dei promotori dell’iniziativa, il dottor Natale De Falco, medico presso il pronto soccorso dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, consigliere del sindacato di categoria CIMO ed esponente dell’associazione “Ambiente Campania”.

I dati sui contagi e la mortalità da coronavirus in Italia sono eloquenti, il problema potrebbe stare per sfuggire di mano a coloro i quali sono stati chiamati a gestire questa emergenza.

Secondo De Falco, la linea di intervento adottata in Lombardia non starebbe dando risultati, mentre il sistema sanitario locale, uno dei migliori del Paese, è ormai al collasso, al punto che si parla seriamente di effettuare dei triage per decidere chi potrà essere ricoverato in rianimazione e chi no, cioè, nei fatti, chi forse sopravvivrà e chi no.

Se la situazione lombarda dovesse replicarsi anche in altre regioni il disastro sarebbe di dimensioni bibliche.

In Cina il blocco totale della provincia dello Hubei ha avuto una durata di quattro mesi, un tempo a tal punto esteso da risultare difficilmente replicabile in Italia, dunque – almeno ad avviso di alcuni qualificati osservatori – si renderebbe necessario un radicale cambio di paradigma, passando dall’attuale approccio all’emergenza causata dall’epidemia a uno più simile a quello “coreano”, questo prima che la situazione si complichi irreversibilmente. Perché?

L’80% dei soggetti positivi al Covid-19 non presenta sintomi, tuttavia in Italia si è scelto di sottoporre al test mediante tampone soltanto i soggetti sintomatici che sono ricoverati in ospedale, come appunto si sta verificando in Lombardia (ma non in Veneto). La conseguenza è che si effettua un esame solo sui ricoverati ma non sui cosiddetti «contatti», che invece restano fuori dalle strutture di ricovero.

Ma il soggetto asintomatico resta pur sempre veicolo di contagio, seppure venga ritenuto meno infettivo nei confronti del resto della popolazione sana.

Secondo il gruppo di medici del quale fa parte anche De Falco si renderebbe quindi necessario dirottare il grosso degli sforzi sulla prevenzione e sull’identificazione di tutti i contatti, come in Veneto.

In Corea, forti della pregressa esperienza maturata con la MERS, fin dal primo soggetto infetto divenuto noto ne hanno fatto immediatamente il monitoraggio dei contatti, isolando poi tutte queste perone, si quelle positive al test che quelle potenzialmente positive, limitando in questo modo ulteriori contagi.

La Corea, che fino a pochi giorni era seconda solo alla Repubblica Popolare cinese per numero di contagiati, in poche settimane un abbattimento della curva dei soggetti infetti da Covid-19.

Sottoponendo la popolazione a un regime stringente di limitazioni alla libertà di circolazione e associando a esso un ricorso spinto alla tecnologia, anche attraverso un massivo e capillare ricorso ai test tramite tampone hanno limitato notevolmente il danno.

Il drive-in per il test con il tampone è attualmente in fase sperimentale nella città di Bologna, si tratta di una pratica che permetterebbe un risparmio di dispositivi di protezione individuale (DPI) in uso agli operatori sanitari.

Ma sarebbero disponibili in Italia tutti questi kit, in numero sufficiente a testare buona parte della popolazione dopo aver formato il personale a questa specifica operazione?

Si potrebbero realizzare procurandosi gli adeguati reagenti chimici, in Veneto stanno provando a iniziare a produrli.

Tuttavia, secondo De Falco in via prioritaria è la strategia che va cambiata, poiché risulta fondamentale isolare nel più breve tempo possibile i soggetti venuto a contatto con una persona infetta, per poi ricoverarlo in una struttura controllata da personale sanitario, ad esempio in alberghi requisiti.

Regolare in modo ferreo i positivi asintomatici mantenendoli sotto continuo controllo  in un ambiente protetto, una soluzione che sgraverebbe il personale sanitario dall’effettuazione dei tamponi presso il domicilio della persona a rischio, ottenendo risparmi anche nell’utilizzo di DPI.

Il costo unitario di un tampone per test Covid-19 varia dai 18 ai 50 euro, dunque – sempre ad avviso del De Falco – qualora si evitasse anche il contagio di una persona su dieci esaminate portasse alla malattia, la mancata occupazione da parte di quest’ultima di un letto in terapia intensiva all’ospedale comporterebbe (oltre alla disponibilità di quello stesso letto) un risparmio variabile di 700 ai 2.000 euro al giorno.

Nell’intervista De Falco ha fatto cenno al farmaco in fase di sperimentazione nella sua città, Napoli, che potrebbe trovare uso nella cura dei malati gravi di Covid-19.

Si tratta di un antireumatoide, una sostanza impiegata appunto nei casi di artrite reumatoide, una malattia autoimmunitaria, che agisce sulla risposta infiammatoria dovuta agli anticorpi.

Nel caso del Covid-19, però, il liquido in aumento nella regione polmonare si rivela estremamente dannoso, poiché ha la conseguenza di provocare una diminuzione degli scambi gassosi.

Una risposta immunitaria eccessiva che riempie i polmoni di liquido portando al soffocamento del malato.

Il farmaco in fase di sperimentazione inibisce questa reazione immunitaria, esso è attualmente somministrato ad alcuni volontari e parrebbe abbia fornito buoni risultati, tuttavia è ancora presto per trarre delle conclusioni definitive dai test,  poiché le informazioni oggi disponibili sono ancora insufficienti (statistiche sanitarie) a una standardizzazione della terapia.

Esso non è un antivirale, non è un vaccino, bensì un antinfiammatorio che si spera potrà venire impiegato nella cura del coronavirus nel suo corso patologico.

Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista con il dottor Natale De Falco (A232)

A232 – CORONAVIRUS, SANITÀ AL COLLASSO: L’IPOTESI DI UN RADICALE MUTAMENTO DI PARADIGMA. «Va adottato il metodo coreano»: intervista con il dottor NATALE DE FALCO, medico presso il pronto soccorso dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, nonché consigliere del sindacato di categoria CIMO ed esponente dell’associazione “Ambiente Campania”.  

L’ipotesi di un approccio integrativo all’emergenza in atto proposto da un gruppo di medici napoletani che, allo scopo, ha lanciato una petizione da presentare al Governo; insidertrend.it ha interpellato uno dei promotori dell’iniziativa, il dottor Natale De Falco, medico presso il pronto soccorso dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, consigliere del sindacato di categoria CIMO ed esponente dell’associazione “Ambiente Campania”.

I dati sui contagi e la mortalità da coronavirus in Italia sono eloquenti, il problema potrebbe stare per sfuggire di mano a coloro i quali sono stati chiamati a gestire questa drammatica emergenza.

Secondo De Falco, la linea di intervento adottata in Lombardia non starebbe dando risultati, mentre il sistema sanitario locale, uno dei migliori del Paese, è ormai al collasso, ma se la situazione lombarda dovesse replicarsi anche in altre regioni il disastro sarebbe di dimensioni bibliche.

 

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