di Michele Marsiglia (presidente di FederPetroli Italia) pubblicato da “L’Indro” il 20 Marzo 2020
Situazione attuale, oggi 20 Marzo 2020: Petrolio vicino ai 27 dollari al barile in continua discesa. E partiamo proprio da qui e da questa situazione che ha subito un forte e repentino cambiamento solo da una settimana all’altra (vedasi quanto abbiamo affermato venerdì scorso).
Sono in tanti in questi giorni che mi chiedono se, visto l’andamento del prezzo del petrolio in continua discesa, non possa seguire anche un vertiginoso calo dei prezzi della benzina e, perché ancora non c’è stato.
Prima di rispondere a questa domanda, però, bisogna analizzare, dati alla mano, alcuni elementi di fondamentale importanza che contribuiranno agli scenari futuri e alla determinazione dei prezzi sulle stazioni di servizio
Oggi una pompa di benzina o il gestore, da contratto con la compagnia petrolifera, su un «contratto di gestione» – così viene denominato il contratto commerciale che lega il benzinaio (esercente) alla compagnia petrolifera -, guadagna all’incirca tre centesimi di euro a litro, quando commercializzato mediante pompe self-service, e di circa cinque centesimi sul cosiddetto «servito» (quelle dove l’erogazione viene effettuata da un operatore).
Questo vuol dire che ogni volta che viene venduto un litro di benzina dalla stazione di servizio, il suo gestore guadagna dai tre ai cinque centesimi.
In questo modo sottolineiamo anche ai lettori quali sono i veri guadagni sul carburante e quanto una pompa di benzina fatichi a vivere se non ha al suo interno anche i servizi non-Oil, quali il bar, il lavaggio e altro, che concorrono con soddisfazione al guadagno dell’impianto e al regime economico generale.
A oggi la situazione estrapolata dai dati concreti pervenuti nella Divisione rete carburanti di FederPetroli Italia, è quella che nell’ultima settimana (da venerdì 6 marzo a venerdì 13) un impianto medio di carburanti ha venduto circa 2.000 litri di carburante, con una variazione del venduto rispetto alle scorse settimane del 75-80 per cento.
E’ facile fare il calcolo relativo al guadagno in una settimana di quel gestore a lordo di imposta, con duemila litri (considerando 5 euro al litro) ha incassato circa cento euro. Decurtate le tasse, i costi, la telefonia e altro si arriva al limite del costo di un panino, senza la bevanda!
Questa è la situazione attuale. Ma non solo, poiché le aziende che trasportano carburante hanno registrato un ulteriore calo: un trasportatore che, in genere, quotidianamente veicola circa ottanta autocisterne, negli ultimi giorni ha fatto uscire dai quattro ai sette automezzi al giorno.
Una situazione difficile, come per altro in tutti gli altri settori, però prezzi dei carburanti permangono elevati.
Nonostante il Covid-19, le raffinerie continuano a raffinare (processo dal petrolio grezzo all’ottenimento di benzina e gasolio), greggio che è stato acquistato a un prezzo fissato prima dell’esplosione della pandemia.
È come se tutti i negozi di maglioni invece di vendere un capo a cento euro, lo scontassero di colpo a dieci euro perché nell’ultima settimana il costo della lana è diminuito vertiginosamente.
La situazione delle raffinerie in Europa non è meno complicata. Nonostante il calo del prezzo del greggio e la situazione complessiva, queste industrie necessarie ai consumi quotidiani sono attive, seppure riducendo il personale addetto e adeguandosi a leggi e disposizioni emanate in ogni singolo Stato.
A oggi nel settore della raffinazione si lavora con un –35 % e un surplus di carburante nei depositi che non si riesce a smaltire. Se viene considerato che il trasportato esce meno perché il consumo è diminuito e l’impianto carburanti vende meno per poco traffico, si può comprendere meglio come la scala del valore industriale rallenti di conseguenza.
Oggi tutte le raffinerie del mondo si trovano nella medesima situazione: c’è petrolio e carburante in abbondanza, fatto che questo porta anche a un deprezzamento, specialmente per la materia prima principale, cioè il petrolio grezzo (greggio) di diversa qualità commercializzato sulle piazze internazionali.
Se la situazione dei mercati non verrà corretta a stretto giro, sicuramente anche i prezzi alla pompa (il costo del carburante) dovranno venire adeguate al ribasso.
Il problema, tuttavia, è l’altro lato della medaglia, che non sarà indolore per l’indotto industriale dell’Oil & Gas, poiché ci saranno sicuramente degli adeguamenti strutturali nelle aziende per far fronte a tutto questo.
Sul piano sindacale sono già iniziati alcuni incontri volti a piani di possibili licenziamenti e cassa integrazione. Come tutti i settori, anche le grandi compagnie petrolifere e le grandi imprese dell’indotto prima di fare i conti con i prezzi del petrolio dovranno confrontarsi con una realtà interna e sociale, e non sarà certo una passeggiata.
Non è un mistero che la crisi che stiamo attraverso abbia colto all’improvviso io tanti. I possibili piani di Intervento industriali che oggi si accennano sono vani e come tali non possono, almeno a oggi, fare ancora prevedere quello che il futuro riserverà all’indotto industriale e quali saranno le peggiori conseguenze.
L’energia è indispensabile, e mi riferisco a tutte le forme di energia, ma nell’essere tale, in questa “strana situazione” osserveremo fotografie economiche a cui non eravamo certamente preparati e per forza di cose, si dovrà adeguare anche il prezzo del carburante.