CRIMINALITÀ, usura. Tre ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Dda di Roma

Colpito un sodalizio criminale attivo nella zona est della capitale che era in legami con la cosca Gallace di Guardavalle

Nelle prime luci dell’alba gli agenti della Polizia di Stato della Questura di Roma e militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza, nel corso di un’operazione congiunta – l’operazione «Recupero» – hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della capitale, un provvedimento nei confronti di Umberto Romagnoli, di sua figlia Francesca (agli arresti domiciliari) e di Fabrizio Profenna, ritenuto dagli investigatori il «luogotenente», persone tutte indagate per i reati di usura, estorsione e abusivo esercizio del credito.

Un sodalizio criminale in parte già disarticolato e indebolito grazie alla precedente azione dell’Autorità giudiziaria (confische e misure di prevenzione), che con l’operazione portata a termine quest’oggi sarebbe stato definitivamente smantellato.

Nella ricostruzione degli inquirenti dell’Antimafia i fatti, protrattisi nel tempo, risalirebbero al 2015. Alle persone arrestate vengono contestati i numerosi rapporti usurari che avrebbero gestito principalmente nel quadrante orientale della capitale, in particolare nei quartieri di Torre Maura e Torre Angela.

Attività estorsive che – come risulterebbe anche dalle telefonate intercettate – contemplavano le minacce e l’esercizio della violenza nei confronti dei debitori nei casi in cui questi ultimi ritardavano o no restituivano il denaro preso a prestito.

Si tratta di un sodalizio criminale che in precedenza ha avuto legami con una cosca calabrese, quella dei Gallace, originaria di Guardavalle, in provincia di Catanzaro, ma  da anni attiva anche in altre regioni italiane oltreché, all’estero, in Colombia, Venezuela, Canada e Australia.

Una ‘ndrina di elevato spessore dunque, che nel Lazio si era stabilita sul litorale romano, in particolare ad Anzio e Nettuno, dove, secondo le ricostruzioni giudiziarie, rispetto alla cosca madre aveva raggiunto un livello di autonomia che la rendeva più una “consociata” che una branca dipendente.

Sia il Comune di Guardavalle (nel novembre del 2003) che quello di Nettuno (due anni dopo) sono stati sciolti dal Ministero dell’Interno per infiltrazioni mafiose, mentre l’operatività dei Gallace come locale di ‘ndrangheta attivo nella provincia di Roma è stata giudizialmente sancita dalla Corte di Appello della capitale nel giugno del 2018, sentenza che ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa che erano state comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri ad alcuni esponenti della cosca.

Tuttavia, i Gallace in questa inchiesta non c’entrerebbero, poiché il legame in precedenza stabilito con i Romagnoli sarebbe stato solamente richiamato in alcune occasioni per conferire maggiore forza intimidatoria alle minacce rivolte alle vittime.

Nel caso di prestiti fino a 5.000 euro sui pagamenti imposti per il rientro dei debiti sarebbero stati applicati tassi di interesse pari al 40% mensile.

Oltre tale importo veniva inoltre preteso un 10% (sempre mensile) a “capitale fermo”, in quanto le rate non decurtavano la somma iniziale.

Una vittima per un prestito di 80.000 euro si è vista costretta a pagare 8.000 euro al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo.

Infatti, per estinguere il debito contratto l’usurato era tenuto a corrispondere l’intera somma presa a prestito più una rata.

Ma tutto questo non era sufficiente, poiché nel caso si fossero verificati due ritardi nei pagamenti venivano applicate anche delle onerose multe che giungevano ad ammontare addirittura all’intero importo della rata non corrisposta.

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