BRASILE, èra Bolsonaro. La polizia militare protesta in piazza a causa dei bassi salari e il governo centrale mobilita le forze armate

Tensioni nello stato settentrionale del Cearà, teatro da giorni di proteste e scioperi degli agenti che chiedono un miglioramento dei propri livelli retributivi

Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha disposto l’invio delle forze armate nello stato settentrionale del Cearà, teatro da giorni di proteste e scioperi indetti dagli agenti della polizia militare, che chiedono un miglioramento delle proprie retribuzioni.

La decisione di ricorrere all’azione dell’esercito, formalizzata in un decreto «Glo» (Garantia da lei e ordem), ha seguito la richiesta avanzata dal locale governatore Camilo Santana, la sua applicazione si protrarrà fino al 28 febbraio.

Le tensioni hanno conosciuto il loro apice mercoledì scorso, quando il senatore Cid Gomes è stato ferito con un colpo d’arma da fuoco mentre tentava di rimuovere un picchetto eretto dai poliziotti scesi in protesta davanti a un commissariato.

Le proteste hanno inoltre alimentato un acceso dibattito, anche grazie al divieto imposto dalla Costituzione brasiliana alla proclamazione dello sciopero da parte del corpo di polizia militare.

Bolsonaro ha ribadito la necessità di approvare velocemente la legge che esime i i militari dal rispondere legalmente dell’uso della forza in operazioni di repressione delle proteste di piazza nel caso di legittima difesa.

Nella giornata di ieri i giudici della corte suprema Alexandre de Moraes e Ricardo Lewandowski, hanno espresso delle critiche riguardo alla scelta degli agenti della polizia militare del Ceará di dare vita allo sciopero a oltranza.

Moraes – ex segretario della pubblica sicurezza dello stato di San Paolo ed ex ministro della giustizia nel governo presieduto da Michel Temer – ha definito la rivolta «illegale e inaccettabile», ricordando che la costituzione proibisce lo sciopero delle forze di sicurezza. Egli ha quindi auspicato «punizioni esemplari» per i poliziotti in protesta.

Secondo Lewandowski, invece, lo sciopero rappresenta «un pericolo per le istituzioni e, come giudice della corte suprema, penso che uno sciopero della polizia militare o di qualsiasi organizzazione armata sia estremamente preoccupante. È costituzionalmente vietato alle corporazioni armate di operare rivolte».
Nel 2017, una decisione della corte suprema ha definito illegali gli scioperi degli ufficiali di pubblica sicurezza, cioè gli appartenenti a polizia militare, polizia civile, vigili del fuoco e polizia penitenziaria.

A quel tempo i giudici stabilirono che, essendo lo strumento di esercizio legittimo della forza dello stato, la polizia non può fermarsi, poiché danneggerebbe e colpirebbe l’intera società.

Vista la situazione di emergenza, il titolare del dicastero della giustizia e della sicurezza pubblica Sergio Moro, aveva precedentemente autorizzato l’invio della Forza nazionale (Fns) al fine di assicurare la protezione alla popolazione» a fronte delle tensioni divampate a seguito delle proteste scatenate dalla polizia militare.

Le unità dell’Fns, che dipendono dal ministro della giustizia, sono formate da poliziotti militari dei singoli stati che vengono precettati in caso di necessità e inviati in zona di operazioni per un periodo di trenta giorni.

La polizia militare considera insoddisfacente la proposta del governo di Cearà di concedere da qui al 2022 un aumento graduale dello stipendio dagli attuali 3.200 reais (circa 730 dollari) ai 4.500 (1.030 dollari).

Le proteste di polizia e vigili del fuoco militari avevano avuto inizio nel mese di dicembre del 2019.

In gennaio il governo aveva proposto un primo adeguamento del salario, ma esso era stato però respinto dagli agenti in lotta.

Dopo nuove manifestazioni, l’esecutivo ha formulato una seconda proposta, stavolta accolta con favore dal Corpo, fatta eccezione per una frangia, che ha deciso di proseguire l’agitazione a oltranza.

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