Ieri i parlamentari europei sono stati chiamati a esprimere attraverso il voto la loro posizione riguardo all‘uscita formale del Regno Unito dall’Unione Europea Ora, procedendo a tappe forzate, entro la mezzanotte del prossimo venerdì 31 gennaio avverrà il Brexit così come stabilito dal premier britannico Boris Johnson.
Da quel momento scatterà la prevista fase di transizione, che durerà fino al prossimo 31 dicembre.
Nel lasso di tempo intercorrente con quella data si perverrà a una serie di nuove negoziazioni tra Buxelles e Londra.
Un voto quello di oggi che alcuni osservatori davano per scontato, in quanto i contenuti dell’accordo precedentemente raggiunto dalle parti nel corso dei round negoziali che hanno avuto luogo lo scorso mese di novembre era stato sostanzialmente confermato dalle successive elezioni svoltesi nel Regno Unito, ma anche perché una bocciatura a Strasburgo avrebbe avuto la conseguenza di provocare un “hard Brexit”, cioè un’uscita disordinata di Londra che quasi tutti volevano evitare.
Ora prende dunque avvio un’altra fase, non del tutto semplice, poiché da essa dovranno venire definite questioni di natura essenziale, come quelle relative alle relazioni economiche bilaterali.
Ad esempio l’accordo di libero scambio voluto dai britannici, che Bruxelles è pronta a concedere solo se in assenza di dazi doganali e di quote di beni da importare ed esportare, un qualcosa che non esiste in nessun altro paese del mondo in relazioni con l’Unione Europea.
Inoltre Bruxelles pretende anche zero dumping, attendendosi cioè da Londra una concorrenza leale, allineandosi sul piano normativo all’impianto vigente nell’Unione Europea nelle materie fiscali, ambientali (lotta ai mutamenti climatici), concorrenza commerciale, diritti sociali, sicurezza alimentare e dei consumatori.
Qui si comprendono bene le difficoltà insite in un negoziato del genere, poiché oltre il Canale della Manica a due anni dal referendum sul Brexit non se ne è venuti ancora a capo.
In questi rimanenti undici mesi di confronto i sovranisti al governo a Londra dovranno dunque decidersi su quello che assume tutti gli aspetti di un ritorno alla cessione di sovranità.
Una fase nella quale, pur rimanendo fuori dalle Istituzioni europee (Parlamento, Consiglio e Commissione), per Londra sul terreno economico e commerciale cambierà sostanzialmente poco, ma si tratterà di un periodo tutto sommato breve, al termine del quale se a Londra non perverranno a una decisione accettabile, cioè a un no deal, le conseguenze alle quali andranno incontro sia i britannici che gli europei saranno simili a quelle di un hard Brexit, tuttavia per i primi saranno più pesanti.
I tempi sono dunque stretti, anche perché adesso Londra, tra le altre incombenze, dovrà trattare un nuovo accordo in campo economico e commerciale anche con Washinton, una intesa che tenga conto del suo nuovo status di Paese non più membro della Ue.