Nelle prime ore di ieri mattina 300 militari della Guardia di Finanza in forza ai Comandi provinciali di Milano e Lecco e dello SCICO (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) di Roma hanno eseguito in Lombardia, Piemonte, Lazio, Valle d’Aosta e Calabria un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) del Tribunale di Milano.
Essa prevede la custodia cautelare personale e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di venti persone indagate a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, estorsione, usura e auto-riciclaggio; inoltre il sequestro preventivo «per equivalente» su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, detenute in Italia e all’estero, per un valore complessivo di oltre 34 milioni di euro.
Gli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano, della Tenenza di Cernusco Lombardone e dello SCICO, hanno altresì dato esecuzione a oltre cinquanta perquisizioni locali e domiciliari su tutto il territorio nazionale oltreché all’estero, effettuati in questi casi con il supporto del personale delle polizie di Croazia e Confederazione elvetica.
I citati provvedimenti sono il culmine di una complessa attività investigativa coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Milano, che ha condotto alla disarticolazione di un’organizzazione criminale composta anche da soggetti ritenuti vicini a una famiglia di ‘ndrangheta, sodalizio criminale da tempo radicato e operante in Lombardia, oltre a un gruppo criminale di origine calabrese attivo sul territorio meneghino.
È emersa una complessa «frode carosello» all’Iva nel settore delle telecomunicazioni, posta in essere mediante il ricorso a una fitta rete di società «cartiere» e «filtro» aventi sede in paesi dell’Unione europea e fuori del territorio di essa, intestate a prestanome con precedenti anche per associazione di stampo mafioso e traffico di stupefacenti.
Nel periodo intercorrente tra il 2015 e il 2018 il meccanismo di frode basato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è servito per evadere oltre 160 milioni di Euro, oltre a imposte ai fini Iva e Ires per oltre 34 milioni di euro.
Le investigazioni hanno inoltre fatto emergere plurimi episodi di usura e connesso autoriciclaggio, nonché un’estorsione commessa con tipiche modalità mafiose, che ha portato il Gip alla contestazione nei confronti di alcuni indagati della fattispecie di cui all’articolo 416-bis 1 del Codice penale.