Permane ancora oscura la vicenda relativa al decesso del trentottenne georgiano Vakhtang Enukidze, la cui causa è stata attribuita a un edema polmonare. L’autopsia effettuata ieri mattina sul cadavere dal professor Carlo Moreschi alla presenza del medico legale Lorenzo Cociani (perito di parte scelto dal Garante dei detenuti) sembrerebbe escludere l’ipotesi di una morte provocata dagli effetti provocati dell’intervento degli agenti di Polizia all’interno del centro di permanenza per rimpatri (Cpr) di Gradisca d’Isonzo.
Gli esiti degli esami peritali porterebbero entrambi i medici a concordare sull’esclusione del pestaggio tra le cause della morte dell’uomo, spirato dopo il suo ricovero in ospedale lo scorso sabato 18 gennaio.
In precedenza Enukidze era stato trovato privo di conoscenza riverso in terra col corpo adagiato su un materasso nella sua cella. In seguito gli erano stati somministrati alcuni farmaci, per lo più antidolorifici e ansiolitici, sia dal personale in servizio presso il Cpr, che da quello del carcere dove era finito dopo una rissa.
Rissa risalente a quattro giorni prima, al 14 gennaio, quando il georgiano aveva avuto un violento litigio con un altro migrante, in attesa come lui dell’espulsione ma di nazionalità egiziana.
Per sedare la rissa erano stati chiamati i poliziotti, intervento sul quale il parlamentare Riccardo Magi aveva poi raccolto otto diverse testimonianze raccolte che sono state successivamente al vaglio degli inquirenti.
In esse si era fatto riferimento «a colpi inferti alla nuca e alla schiena» del georgiano allo scopo di immobilizzarlo.
Sul fatto la Procura della Repubblica di Gorizia ha aperto un fascicolo a carico di ignoti che, in via cautelativa, ipotizza l’omicidio volontario.
Al riguardo, interpellato sulla vicenda da insidertrend.it, nella serata di ieri lo stesso Magi, parlamentare di Radicali +Europa, ha ribadito di aver ritenuto importante e urgente che avessero rilievo le testimonianze rese dai compagni di detenzione della persona deceduta, «soprattutto e in quanto si tratta di ricostruzioni per le quali queste persone si sono rese disponibili e sono state ascoltate dal magistrato, poi sarà l’Autorità giudiziaria a ricostruire la dinamica del fatto nel tempo che si renderà necessario».
Riferendosi invece alla polemica divampata a seguito della sua iniziativa lo stesso Magi ha poi aggiunto che non era certamente sua intenzione accusare qualcuno in maniera precipitosa.
«Quando sono intervenuto – ha spiegato infatti il parlamentare – ho rilevato che c’era la tendenza a dire in modo un po’ sbrigativo che la morte fosse stata causata da una rissa tra alcuni immigrati egiziani ed Enukidze, poiché ci sono ancora molti aspetti che dovranno essere chiariti, tra questi sicuramente anche quello relativo all’assistenza medica ricevuta dal georgiano deceduto».
E a questo punto tutto si lega alla vessata quaestio relativa a questi centri di internamento degli immigrati.
«Infatti – ha aggiunto Magi -, come sappiamo si tratta di centri di detenzione amministrativa, che di per sé è già un ossimoro. Anni fa nel nostro Paese si era giunti alla consapevolezza che fosse opportuno chiuderli, tanto è vero che ne sono rimasti tre uno a Roma Ponte Galeria, uno a Torino e uno a Bari. Bisognava chiuderli perché si sono dimostrati inefficaci, in quanto una buona parte delle persone che si trovano al loro interno sono inespellibili per varie ragioni, come l’inesistenza di specifici accordi tra o Stato italiano e quelli dei Paesi di origine dei migranti, oppure perché questi ultimi hanno dei legami familiari, ad esempio dei figli, qui in Italia, ovvero ancora per altre cause. Semplificando, lì dentro si trovano persone appartenenti a due categorie: coloro i quali sono irregolari perché gli è scaduto il permesso di soggiorno o hanno perduto il lavoro, ma che non hanno mai commesso reati, poi coloro i quali invece hanno finito di scontare una pena detentiva. Ma per quanto riguarda questi ultimi, le pratiche burocratiche per la loro espulsione dal territorio della Repubblica italiana andrebbero svolte quando questi si trovano ancora in carcere. Si era iniziato a lavorare in questa direzione con il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e io ritengo che sarebbe più utile fare questo piuttosto che aprire altri centri del genere. Anche perché questi fatti non si sono verificati soltanto a Gradisca, ma anche altrove, come qualche settimana fa a Caltanissetta o l’anno scorso a Bari. Sono strutture fuori controllo e fuori dal diritto».
Dura, invece, la presa di posizione di alcuni sindacati del comparto sicurezza, che nella sua recriminazione ha invocato anche l’intervento dell’Amministrazione a difesa del personale di polizia nei confronti «questi attacchi ingiustificati, gratuiti, odiosi e inammissibili». Le parole sono di Valter Mazzetti, segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato, che ha poi aggiunto che: «I primi esiti dell’esame autoptico hanno consentito di escludere che la drammatica morte del cittadino georgiano ospite del Cpr di Gradisca d’Isonzo sia dipesa da lesioni conseguenti a percosse, e anche se ancora chi di dovere deve svolgere il proprio lavoro fino in fondo. Una cosa è certa: il fatto che, come spesso accade, c’è chi inopinatamente attacca per partito preso l’operato delle forze di polizia avanzando sospetti e persino accuse pesantissime. Un atteggiamento inammissibile, che infanga l’immagine stessa della Polizia di Stato e che attenta alla fiducia che i cittadini ripongono in chi porta l’uniforme, elemento imprescindibile e valore che sta a fondamento del nostro lavoro. Come Fsp abbiamo quindi dato mandato al nostro Ufficio legale perché valuti l’esistenza dei presupposti per sporgere querela contro i soliti inutili censori che, senza mezzi termini, hanno addebitato la morte dell’ospite del Cpr addirittura a un presunto pestaggio da parte dei colleghi, additandoli di fatto come presunti assassini».