L’Eni ha annunciano una scoperta a gas e condensati nel prospetto esplorativo Mahani situato nell’onshore Sharjah, nell’area della “Concessione B”. Si tratta di un successo che fa seguito all’ottenimento da parte del Gruppo di Piazza Mattei della prima tranche di licenze per l’esplorazione internazionale competitiva assegnate dal Petroleum Council dell’Emirato.
Il pozzo esplorativo Mahani-1 è stato perforato a una profondità di 4.449 metri e ha incontrato una spessa colonna mineralizzata a gas e condensati nei reservoir carbonatici di età cretacica inferiore della Thamama.
Il pozzo è stato testato per la produzione erogando 1,4 milioni di metri cubi di gas al giorno con condensati associati, ma dovranno venire perforati altri pozzi di delineazione allo scopo di valutare appieno il potenziale del giacimento.
Gli attuali obiettivi dell’Area B sono costituiti dai reservoir giurassici e cretacici della piattaforma carbonatica arabica, al di sotto dei complessi sovrascorrimenti nella catena interna dell’Oman; per il loro pieno perseguimento si renderanno comunque necessarie accurate e sofisticate elaborazioni geofisiche.
Piazza Mattei detiene il 50% di interesse partecipativo nella concessione “Area B”, laddove la SNOC (la compagnia petrolifera di Stato locale) opera con il rimanente 50 per cento. La joint venture ha avviato la valutazione della scoperta e gli studi di fattibilità al fine di accelerare lo sviluppo di tali nuove risorse, utilizzando anche le infrastrutture già esistenti nell’area.
Attualmente l’Eni detiene oltre 12.000 kmq di aree esplorative nel territorio degli Emirati arabi uniti, compreso l’onshore di Sharjah, l’offshore di Abu Dhabi e quello di Ras Al Khaimah. La produzione equity attuale di Abu Dhabi è di circa 50.000 bbl/giorno.
La società partecipata dallo Stato italiano – che è presente nel Medio Oriente anche in Bahrain, Oman, Libano e Iraq – detiene inoltre una quota pari al 25% del capitale di ADNOC Refining.
Tuttavia, nonostante il successo ottenuto nel Golfo Persico, oggi in borsa la quotazione del titolo del cane a sei zampe è calata dell’1,72 a causa delle vicende giudiziarie nelle quali è coinvolto il suo amministratore delegato Claudio Descalzi.
Un effetto delle dichiarazioni rese al Wall Street Journal dal manager di Piazza Mattei, che ha reso noto pubblicamente la sua disponibilità a lasciare l’incarico qualora subisse una condanna nel primo grado del procedimento giudiziario a suo carico che lo vede imputato per il reato di corruzione internazionale relativo al presunto pagamento di una maxitangente di oltre un miliardo di dollari per l’aggiudicazione a Eni (e Shell) di un blocco offshore in Nigeria, l’Opl 245.
Si è infatti in attesa della sentenza giudiziaria, ma Descalzi ha anticipato il verdetto annunciando che in caso venisse condannato non attenderebbe i successivi gradi di giudizio per rassegnare le proprie dimissioni, seppure nel corso della medesima intervista abbia poi aggiunto che il suo lavoro a Eni non è ancora finito.
Sulla base dell’impianto accusatorio della magistratura italiana (che Descalzi respinge con decisione) le tangenti sarebbero state versate nel 2011 agli uomini dell’entourage dell’allora presidente nigeriano Goodluck Jonathan allo scopo di facilitare l’assegnazione della concessione per le esplorazioni su uno dei maggiori giacimenti petroliferi del Paese africano.
Eni è presente in Nigeria dal 1962, con attività di esplorazione, sviluppo e produzione operate e non operate in aree onshore e offshore del Delta del Niger. La produzione equity di Eni nel Paese attualmente supera i 100.000 barili di olio equivalente al giorno.
A spingere al ribasso il titolo azionario di Piazza Mattei ha contribuito anche la flessione del prezzo del greggio sui mercati internazionali, che dopo un trimestre di sostanziale stabilità è sceso al di sotto della soglia dei 60 dollari al barile. La causa del ribasso è stata ricondotta alle conseguenze dell’epidemia del coronavirus in Cina, che continua a diffondersi provocando vittime e portando alla chiusura di numerosi impianti produttivi nel Paese asiatico. Un evento che ha alimentato le preoccupazioni riguardo al futuro dell’economia, nel quale potrebbe verificarsi un calo della domanda della materia prima energetica trascinata in basso dalla riduzione degli spostamenti delle persone in aereo.
Sulle piazze di scambio il Brent ha perso il 3,42% (a 57,84 dollari), mentre il Wti è sceso al 3,41% (a 52,34 dollari).
Secondo gli analisti di Goldman Sachs alla base del considerevole aumento dei timori nutriti dagli investitori riguardo alla domanda di petrolio, oltre all’impatto dell’epidemia cinese sull’economia mondiale, risiederebbero anche le scorte Usa sfavorevoli.
Sempre secondo la banca d’affari del Lower Manhattan, la domanda di petrolio potrebbe ridursi di 260.000 barili al giorno, una dinamica che determinerebbe un ulteriore calo di almeno tre dollari al barile.
Nel tardo pomeriggio è stata diffusa la notizia che, sempre in Nigeria, Eni ha firmato un nuovo contratto decennale di approvvigionamento per 1,5 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (GNL) con la società Nigeria LNG Limited (NLNG), una joint venture tra NNPC, Shell, Total ed Eni (con una quota pari al 10,4%).
Il gas liquefatto sarà prodotto dai treni di liquefazioni già esistenti (Treni 1,2 e 3) situati a Bonny Island, in Nigeria. Eni, attraverso la consociata locale NAOC, è anche uno dei fornitori di gas all’impianto e partecipa alla valorizzazione delle risorse di gas associato nel Paese africano.
L’accordo, insieme a quello analogo siglato lo scorso dicembre tra Eni e NLNG per l’acquisto di 1,1 milioni di tonnellate di gas liquefatto, permette al Gruppo di Piazza Mattei di aggiungere ulteriori volumi al proprio portfolio globale di GNL a partire dal 2021 e di supportare ulteriormente lo sviluppo della propria presenza nei principali mercati di destinazione.