LIBIA, conflitto. A Berlino raggiunto l’accordo per l cessate il fuoco. L’Italia è disponibile all’invio di una missione militare di interposizione che monitori la tregua

Il documento finale della Conferenza è stato sottoscritto dai Paesi partecipanti. Nel testo è stata inserita la generica previsione di «possibili sanzioni» a carico di chi non dovesse rispettare la tregua e violare l’embargo sulle armi. Affrontati tutti gli aspetti: milizie, diritti umani, immigrazione e, ovviamente, petrolio. Tensioni tra Turchia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti: Erdoğan abbandona la riunione prima della sua fine

Alla fine il documento finale, frutto di settimane di lavoro diplomatico e compromessi, è stato sottoscritto da tutti i partecipanti al vertice di Berlino sulla Libia che ha avuto luogo oggi, anche se un fondamentale protagonista, Reçep Tayyip Erdoğan, ha abbandonato la sala della riunione prima del tempo in polemica con Egitto ed Emirati Arabi Uniti.

In esso risulta assente il riferimento a una possibile missione di pace dell’Unione europea nel Paese nordafricano che abbia competenze sul monitoraggio della tregua raggiunta dai belligeranti.

Questo seppure l’Italia si sia comunque dichiarata disponibile all’invio di una missione militare di interposizione in Libia. Lo ha fatto per bocca del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso di un incontro con la stampa al termine dei lavori.

«Abbiamo riflettuto anche internamente come governo e siamo assolutamente disponibili a essere in prima fila per quanto riguarda un impegno di responsabilità anche nella direzione del monitoraggio della pace». Così si espresso Conte, che ha poi aggiunto che: «Ovviamente, dovremo innanzitutto passare dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e quindi potremo definire questo impegno successivamente».

La natura e la composizione dei partecipanti all’eventuale missione in Libia verrà definita nei colloqui che si terranno al Palazzo di vetro con i delegati libici.

Tornando il documento finale, gli elementi contenti sono stati sintetizzati in nove sezioni: cessate il fuoco permanente tra le parti in conflitto, smobilitazione e disarmo delle milizie, embargo sulle armi, ripresa del processo politico guidato dai libici, rifiuto delle ingerenze straniere, lotta al terrorismo, unificazione dell’apparato di sicurezza, ripristino delle strutture economiche, nuovo governo di accordo nazionale che sia rappresentativo di tutte le componenti presenti nel Paese, istituzione di un meccanismo internazionale di follow-up. Esso richiederà comunque il vaglio del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Il capo del Governo di accordo nazionale riconosciuto dall’Onu, Fayez al -Sarraj, e il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (LNA), hanno concordato di formare un comitato militare congiunto nel formato 5+5 incaricato di monitorare la tregua.

Al riguardo va rilevato che nella medesima dichiarazione finale del vertice si fa riferimento alla istituzione immediata di comitati tecnici per monitorare e verificare l’attuazione del cessate il fuoco, dei quali – secondo quanto dichiarato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Gutérres – una prima riunione dovrebbe tenersi a Ginevra in Svizzera, nei prossimi giorni.

Con riguardo agli ultimi sviluppi della situazione sul campo, a Berlino è stata considerata favorevolmente la notevole riduzione della violenza registrata a partire dal 12 gennaio scorso, oltre ai negoziati avviati a Mosca due giorni dopo, che hanno aperto la strada al cessate il fuoco.

A questo punto vengono richiesti «passi credibili, verificabili e reciproci, a cominciare da una tregua attutata da tutte le parti», inoltre, le parti dovranno raddoppiare i loro sforzi al fine di una perdurante sospensione delle ostilità, della de-escalation e del cessate il fuoco permanente.

Tutte le parti coinvolte dovranno smantellare i gruppi di armati e le milizie, in conformità all’art.34 dell’accordo politico sulla Libia e in riferimento alle Risoluzioni 2420 e 2486 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, infine  si chiede alle parti il ridispiegamento delle armi pesanti, dell’artiglieria, de velivoli da combattimento «e il loro acquartieramento».

A Berlino è stata proposta, sotto la supervisione dell’Onu, la completa smobilitazione e il disarmo delle arie milizie, prevedendo la successiva integrazione dei combattenti risultati idonei all’interno delle istituzioni statali civili, militari e di sicurezza. Contestualmente è stato riaffermato il sostegno all’UNSMIL, la missione dell’Onu in Libia.

Le parti hanno quindi ribadito «la necessità di combattere il terrorismo in Libia con tutti i mezzi in conformità alla Carta dell’Onu e al diritto internazionale, riconoscendo che sviluppo, sicurezza e diritti umani si rafforzano a vicenda e sono essenziali per un approccio efficace e completo al contrasto», al riguardo ai belligeranti è stato chiesta la dissociazione dai gruppi considerati terroristici dalle Nazioni Unite.

In materia di sicurezza, le parti si sono impegnate al rispetto «in maniera inequivocabile e completa» dell’embargo sulle armi imposto alla Libia dalle precedenti Risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu dal 2011, inclusi «il finanziamento di capacità militari o il reclutamento di mercenari».

Nel testo è stata inserita la generica previsione di «possibili sanzioni» a carico di chi non dovesse rispettare la tregua e violare l’embargo sulle armi.

Affrontati ovviamente gli aspetti relativi alla riforma economica e finanziaria, sottolineando come sia «della massima importanza ripristinare, rispettare e salvaguardare l’integrità, l’unità e la legittima governance di tutte le istituzioni sovrane libiche, in particolare la Banca centrale della Libia (Cbl), la Libya Investment Authority (Lia), la National Oil Corporation (Noc) e l’Audit Bureau (Aa)», i cui consigli di amministrazione «dovrebbero essere di amministrazione dovrebbero essere inclusivi, rappresentativi e attivi».

La questione della redistribuzione delle entrate della Libia saranno oggetto di un confronto intra-libico mediato anch’esso dall’Onu, mentre nel documento finale si respinge «qualsiasi tentativo di danneggiare l’infrastruttura petrolifera libica, qualsiasi sfruttamento illecito delle sue risorse energetiche, che appartengono al popolo libico, attraverso la vendita o l’acquisto di greggio libico e derivati al di fuori del controllo del NOC» e viene chiesta una distribuzione «trasparente ed equa dei ricavi petroliferi», sollecitando inoltre tutte le parti a «continuare a garantire al sicurezza delle installazioni petrolifere e di impedire ogni ostilità contro tutte le strutture petrolifere».

Le parti della Conferenza raccomandano inoltre la creazione di una commissione di esperti libici allo scopo di incoraggiare l’attuazione delle riforme economiche strutturali, chiedendo che una particolare attenzione venga data alle municipalità meridionali.

«Incoraggiamo la creazione di un meccanismo per ricostruzione della Libia – si afferma infatti -, secondo cui la priorità andrebbe assegnata ai progetti di ricostruzione nelle città di Bengasi, Derna (est), Murzuq, Sebha (sud), Sirte (centro) e Tripoli (ovest). Questo meccanismo dovrebbe agire pertanto in tutta la Libia “sotto gli auspici di un nuovo, rappresentativo e unificato governo di accordo nazionale che eserciti la sua autorità su tutto il territorio libico».

Riguardo al rispetto del diritto umanitario internazionale il documento chiede la protezione dei civili e delle infrastrutture civili, inclusi gli aeroporti, nonché di consentire l’accesso della popolazione civile – inclusi migranti, rifugiati, richiedenti asilo e prigionieri – alle cure mediche.

Si chiede inoltre un censimento della popolazione carceraria, la fine delle pratiche per la detenzione arbitraria e soprattutto che «i responsabili delle violazioni delle legge internazionali siano ritenuti responsabili».

Un passaggio, quest’ultimo, particolarmente controverso, poiché fa riferimento anche a chi ha ordinato l’uso indiscriminato della forza contro i civili, gli attacchi contro aree densamente popolate, «incluse uccisioni extragiudiziarie, rapimenti, sparizioni forzate, violenze di genere e sessuali, torture, traffico di esseri umani, violenze e abusi sui migranti e rifugiati».

Infine, nel capitolo migrazioni illegali figura l’invito alla «chiusura graduale dei centri di detenzione per migranti» e la richiesta che la legge libica sul diritto d’asilo venga resa conforme agli standard internazionali.

I partecipanti dovrebbero infine accettare la formazione di un comitato di follow-up per aiutare le Nazioni Unite ad attuare quanto concordato. Tale organismo dovrà riunirsi ogni in Libia oppure a Tunisi sotto la presidenza dell’UNSMIL e una co-presidenza ancora da definire.

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