CRIMINALITÀ, Messina. Mafia e scommesse: sequestrati beni per oltre 10 milioni di euro a un importante clan mafioso della città

La consorteria controllava il quartiere Mangialupi, nella zona sud. Con la crescita della propria influenza il clan si ea imposto come referente soppiantando i catanesi

Nel quadro dell’operazione “Last Bet”, nella mattinata di ieri i militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro di beni per un valore di oltre dieci milioni di euro nei confronti di Domenico La Valle.

L’attività investigativa, disposta dalla Direzione distrettuale antimafia della città sullo Stretto, trae origine da approfondimenti sul redditizio settore del gioco e delle scommesse d’azzardo a opera degli specialisti del Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina (GICO).

In tale ambito il La Valle, noto imprenditore locale, è risultato tra gli elementi apicali di un’importante quanto strutturata consorteria mafiosa, egemone nella zona sud di Messina, in particolare nel quartiere Mangialupi.

Tale consorteria, facente sistematico ricorso a metodi violenti per imporre, anche con atti estorsivi, la propria posizione di monopolio, aveva assunto una posizione preminente.

A seguito di una minuziosa ricostruzione del profilo soggettivo del La Valle – assolto tuttavia in numerosi procedimenti penali sin dalla fine degli anni Novanta -, nonché di una rilettura delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, le Fiamme gialle sono giunte alla conclusione che il medesimo abbia nel tempo acquisito il ruolo di riferimento del clan Trovato nella gestione delle bische clandestine, questo in una prima fase, per poi evolversi nella distribuzione dei videopoker, in tempi successivi.

Dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa a causa della carcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la Giustizia intrapreso da altri affiliati al clan, sulla base della ricostruzione accusatoria il La Valle avrebbe assunto l controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della famiglia, costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale” e fungendo da contraltare al ruolo “operativo” svolto dai fratelli Trovato.

Le investigazioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina ed eseguite dai militari del GICO avrebbero documentato come, nonostante le diverse assoluzioni, egli fosse a figura di rilievo nel panorama mafioso cittadino, in grado, da un lato, di imporre la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona, dall’altro di garantire agli esercenti accondiscendenti di poter godere della connessa protezione mafiosa del clan.

La protezione aveva luogo anche mediante servizi di vigilanza e ronde notturne, gli investigatori hanno appurato che alcuni titolari di sale giochi vittime di furti, anziché rivolgersi alle Forze dell’Ordine per denunciare l’accaduto, valutavano dapprima la possibilità di rivolgersi alla mafia catanese, decidendo i seguito di richiedere l’intervento dell’organizzazione riferibile al La Valle, autonomamente in grado di assicurare la restituzione delle somme rubate, nel rispetto dei rapporti di forza tra organizzazioni criminali a competenza territoriale diversa.

Ma il controllo delle dinamiche criminali emerso dalle indagini è risultato ben più ampio. Emblematico al riguardo è il caso del violento pestaggio di un avventore di origine cinese, reo di essere stato “fortunato”, poiché per sventura si è trovato a giocare nel momento in cui la macchinetta videopoker, manomessa con appositi software, avrebbe dovuto garantire una vincita non autorizzata dal gruppo mafioso.

Significativa la disponibilità di risorse finanziarie, rese anche accessibili agli esponenti del clan, in assolvimento dell’accertato ruolo di cassiere svolto dal La Valle.

Proprio tali qualificazioni hanno consentito ai Finanzieri (su delega della Procura della Repubblica di Messina) di avviare mirate investigazioni di natura economico-patrimoniale tese a quantificare e, conseguentemente, aggredire l’enorme patrimonio riferibile al soggetto, non giustificato dai redditi leciti dichiarati al fisco.

Egli – evidentemente consapevole della propria caratura criminale e della concreta possibilità di vedersi sequestrare l’intero impero criminale creato – gestiva di fatto, avvalendosi dell’apporto di fidati prestanome, diverse attività economiche: società di noleggio di apparecchi da gioco, sale giochi, un distributore di carburanti, una rivendita di generi di monopolio.

Analogamente, i militari hanno documentato come ulteriori investimenti immobiliari risultassero fittiziamente intestati a suoi familiari.

Le investigazioni complessivamente svolte, durate un trentennio, hanno evidenziato una situazione di assoluta assenza di uniformità nel rapporto reddito/patrimonio, consentendo alla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina di disporre un provvedimento di sequestro per un valore complessivo di oltre dieci milioni di euro.

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