STRATEGIA, spazio. Arrivano le «stormtrooper» di Trump

Nel corso della cerimonia di firma del National Defense Authorization Act 2020 che ha avuto luogo nella base di Andrews, presso Washington, il presidente americano ha ufficialmente istituito la Us Space Force; si tratta della riorganizzazione più significativa nell’ambito del Dipartimento della Difesa

   In principio fu l’Us Space Command, poi l’Impero si estese sempre più nelle galassie fino a che si rese necessario costituire una vera e propria armata spaziale…

Attenzione, questa non è la prolusione a uno dei numerosi film diretti da George Lucas della saga di Star Wars, ma la realtà dei fatti, poiché venerdì scorso il presidente degli Stati Uniti d’America ha formalmente istituito la Us Space Force.

«Lo spazio è il nuovo dominio mondiale di combattimento in guerra», ha dichiarato Donald Trump nel corso della cerimonia della firma del National Defense Authorization Act 2020 (NDAA) che ha avuto luogo nella base di Andrews, presso la capitale federale Washington, aggiungendo che: «Tra le gravi minacce alla nostra sicurezza nazionale, la superiorità americana nello spazio è assolutamente vitale».

«L’istituzione delle forze spaziali rappresenta un passo storico e un imperativo strategico per la nostra nazione – ha dichiarato il segretario alla Difesa Mark Esper -, lo spazio è diventato così tanto importante per il nostro modo di vivere, la nostra economia e la nostra sicurezza nazionale che dobbiamo essere pronti a proteggerci da azioni ostili. Questo nuovo Servizio ci aiuterà a contrastare le aggressioni, difendere i nostri interessi nazionali e affrontare potenziali avversari».

Us Space Force. Si tratta della riorganizzazione più significativa nell’ambito del Dipartimento della Difesa (DoD), dato che per effetto del provvedimento legislativo varato nell’ambito delle forze armate statunitensi viene creata una sesta forza armata che si affianca a Us Army, Us Navy, Us Marine Corp, Us Coast Guard e Us Air Force.

Proprio con quest’ultima – dalla quale trarrà parte degli organici e, almeno nella fase iniziale della sua esistenza – dovrà in parte convivere, condividendo con essa soltanto il livello superiore di comando, incarnato nel Segretario all’Aeronautica degli Stati Uniti.

Infatti, la Us Space Force sarà una forza a elevata intensità tecnologica indipendente e con un proprio comando supremo, l’Air Force Space Command, che sovraintenderà a una forza iniziale di circa 16.000 uomini, personale – come affermato – in parte tratto dall’Usaf e, in diversa misura, proveniente dalle professioni civili.

I costi e le competenze. La costituzione della Space Force fa parte di un pacchetto di spesa governativa di 1.400 miliardi di dollari incluso nel bilancio del Pentagono, in particolare, è previsto che la nuova forza spaziale drenerà dal budget militare 738 miliardi di dollari all’anno, mentre le stime dei costi su base quinquennale ammonterebbero all’incirca a due miliardi.

Un impegno di cassa dunque non del tutto certo, comunque in linea con la tendenza dei Fiscal Years degli ultimi anni, che hanno registrato considerevoli incrementi degli stanziamenti alla specifica voce di spesa.

Nel tempo, la nuova forza armata con competenze spaziali rileverà alcune basi dell’Usaf utilizzandole in proprio, tra queste probabilmente figureranno la Peterson Air Force Base, la Buckley Air Force Base, la Schriever Air Force Base, la Vandenberg Air Force Base e la Patrick Air Force Base.

Sulla questione dei comandi è bene soffermare un poco l’attenzione, dato che anche tra i commentatori americani questo passaggio ha ingenerato alcuni dubbi anche in ragione della coesistenza del vertice della neonata forza armata con il preesistente Us Space Command (Us Spacecom), il comando spaziale strategico istituito nel 2002 dall’amministrazione Bush nel quadro della radicale evoluzione dello strumento militare di Washington seguito agli attacchi dell’11 settembre.

A fare chiarezza sull’argomento ci ha provato il generale John “Jay” Raymond, che, indossando un doppio cappello, è alla guida sia dell’Us Spacecom che dell’Air Force Space Command.

Egli, nel corso di una conferenza stampa che ah avuto luogo al Pentagono, si è soffermato sulla differenza tra il primo (il comando strategico spaziale degli Usa) e il secondo (il comando della forza spaziale degli Usa), spiegando che nel 1986, per effetto del varo del Goldwater-Nichols Act, il Dipartimento per la Difesa venne diviso per funzioni: da un lato organizzazione, treno (termine inteso lato sensu come «traino», logistica), ricerca, sviluppo e approvvigionamento dei materiali; dall’altro i comandi deputati alla condotta delle operazioni belliche.

Oggi, in forza del provvedimento assunto dal presidente, il comando delle forze spaziali è divenuto indipendente, esterno, da quello dell’Usaf.

«Istituendo le forze spaziali degli Stati Uniti – ha affermato quindi Raymond – stiamo elevando lo spazio in modo commisurato alla sua importanza per i nostri interessi nazionali di sicurezza e per quelli dei nostri partner e alleati».

Non è dato sapere se nel prossimo futuro si assisterà a gelosie e conflitti di competenza tra le varie armi e i vari comandi, ovviamente, nella kermesse trumpiana della presentazione della neonata forza spaziale, le personalità a vario titolo intervenute pubblicamente hanno tenuto a sottolineare l’armonia di questa evoluzione dello strumento della Difesa americana, che vedrà assicurata la partnership di esercito e marina nella pianificazione, sviluppo e impiego della Us Space Force.

Al riguardo, al Pentagono si sottolinea il grande interesse manifestato anche dalla Guardia nazionale e dalle forze della Riserva, disponibili alla partecipazione alle prossime attività che verranno poste in essere della forza spaziale.

Perché lo spazio. Us Spacecom – che fu il frutto della radicale ridefinizione su scala globale delle aree e delle competenze attribuite ai comandi strategici Usa -, ha fino a oggi svolto la funzione di fornitura dell’allerta missilistica e della sorveglianza spaziale, esercitando inoltre l’autorità operativa sulle forze statunitensi responsabili dell’attivazione, dell’allerta e delle previsioni relative alla strategia di attacco spaziale e missilistico contro il territorio statunitense, occupandosi anche della pianificazione e dello sviluppo dell’apparato missilistico e del cosiddetto «scudo spaziale».

Controllare lo spazio significa controllare e operare sulla terra, poiché, in vista di un futuro possibile conflitto, i concetti elaborati negli ultimi decenni a partire da quella che venne definita la «rivoluzione negli affari militari», impongono l’ottimizzazione dell’impiego delle tecnologie disponibili in tutto lo spettro delle dimensioni oggi esistenti, quindi anche (e soprattutto) lo spazio.

Nel corso del XX Secolo, infatti, la guerra ha acquisito nuove dimensioni: da quelle tradizionali terrestre, marittima e aerea, a quella delle radioonde, spaziale e del cyberspazio.

Occupare e/o interdire all’avversario lo spazio può significare – se si dispone delle tecnologie adeguate – raggiungere la capacità di sorvegliare ed eventualmente colpire in modo inesorabile il nemico anche sulla terra.

I fattori tecnologici che hanno rivoluzionato la guerra aerospaziale sono inclusi in quattro categorie generali: informazione, comando e controllo, precisione, penetrazione.

Nei concetti operativi considerati nell’ambito dell’ormai nota guerra parallela, le forze aerospaziali devono essere in grado di attaccare simultaneamente i centri di attività del nemico a tutti e tre i livelli (tattico, operativo e strategico) in una sequenza che non deve consentire a quest’ultimo di reagire o adattarsi, giungendo a paralizzarlo per effetto dello shock o dell’attrito graduale.

Lo spazio è ormai divenuto il centro di gravità di un futuro ipotetico conflitto a elevata intensità che vedrebbe contrapporsi alla superpotenza mondiale esistente (gli Usa) un suo «nuovo avversario globale».

Un conflitto che si caratterizzerebbe per i lanci di migliaia di vettori recanti testate stealth intelligenti miniaturizzate, che verrebbero effettuati nelle primissime ore di ostilità, sistemi d’arma di difficile neutralizzazione e aventi un costo unitario minore rispetto ai tradizionali sistemi antimissile destinati al loro contrasto.

Le capacità nel campo della guerra informatica unita alle reti di sorveglianza globale faranno la differenza, laddove estese reti satellitari (a orbite basse e geostazionari, unitamente ai dispositivi spaziali approntati in funzione della loro difesa) si renderanno quindi indispensabili.

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