Ha debuttato a Bruxelles Christine Lagarde in qualità di presidente della Banca centrale europea (Bce) all’ultimo Consiglio del 2019, caratterizzato per le sue divisioni interne.
La lagarde lascia invariati sia il costo del denaro che il Quantitative easing (Qe), affermando nella sua conferenza stampa di esordio, che sussistono «alcuni segni iniziali di stabilizzazione del rallentamento della crescita economica e di un lieve rafforzamento dell’inflazione di fondo, in linea con le precedenti previsioni».
L’ex direttore dell’Fondo monetario internazionale ha aggiunto che i tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali, o più bassi, finché le prospettive d’inflazione convergeranno robustamente verso il target del 2%, mentre il Qe continuerà finché necessario.
«Il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Paa per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse di riferimento della Bce, e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario».
«In ogni caso – ha poi concluso la Lagarde – restiamo pronti a utilizzare tutti gli strumenti per portare l’inflazione verso il target. In sostanza sarà necessaria una politica accomodante per un periodo prolungato. Non sono né un falco, né una colomba, ho l’ambizione di essere un gufo».
Riviste leggermente al ribasso le stime di crescita per l’anno venturo, al +1,1% dal +1,2%, mentre sempre per il 2020 è atteso un incremento del prodotto interno lordo (Pil) dell’1,1%, dell’1,4% è invece la previsione per il 2021 e il 2022.
Confermate le previsioni relative all’inflazione per l’anno incorso (1,2%), mentre per il 2020 e il 2021 le stime vengono elevate rispettivamente all’1,1% e all’1,4%, mentre quella per il 2022 si attesta all’1,6%, con un +1,7% nel IV trimestre, un tasso d’inflazione considerato quindi ancora insufficiente.
I rischi futuri sono legati principalmente alle politiche protezionistiche perseguite da parecchi governi e alla vulnerabilità dei mercati emergenti, oltreché alle incertezze di dimensioni globali che incidono principalmente sul manifatturiero.
Il nuovo presidente della Bce ha fatto quindi pervenire un chiaro messaggio agli esecutivi di quei Paesi che presentano un debito pubblico elevato, esortandoli a «proseguire con politiche prudenti e centrare gli obiettivi, che creeranno le condizioni per lasciar agire gli stabilizzatori automatici».
Ella ha inoltre dichiarato di essere intenzionata a completare la revisione della strategia della Bce entro l’anno 2020, poiché: «Servire i cittadini europei è il nostro mandato, e l’ultima di queste revisioni è stata effettuata nel 2003, sedici anni fa, quindi è piuttosto legittimo farlo».
Una revisione – ha specificato – che «dovrà essere ampia e valutare ogni questione».
A seguito delle sue dichiarazioni pubbliche i mercati hanno reagito senza oscillazioni sensibili, mantenendo sul piano valutario il cambio tra l’euro e la divisa statunitense poco sopra la parità, a quota 1,113