È scomparso all’età di novantuno anni Piero Terracina, ebreo romano sopravvissuto alla deportazione nei campi di sterminio nazisti durante l’occupazione tedesca nel corso della Seconda guerra mondiale.
Con lui se ne va un altro degli ultimi testimoni diretti della deportazione e dello sterminio sistematicamente attuato nei campi nazisti.
Catturato il giorno della pasqua ebraica del 1944, quando aveva soltanto quindici anni, venne dapprima rinchiuso assieme alla sua famiglia nel carcere di Regina Coeli, poi internato nel campo di Fossoli presso Modena e, infine, deportato a Birkenau, matricola numero A5506 tatuata sull’avambraccio.
Lì, nel “Blocco 29”, cioè il lager dove le SS detenevano i minorenni assegnati ai lavori sfiancanti.
Al pari di tutti gli altri, anche Terracina seguì il terribile destino degli internati, giungendo a bere fango per placare la propria sete durante le interminabili giornate di lavoro.
Ammalatosi, venne ricoverato nell’infermeria del campo. Con l’inesorabile avanzata dell’Armata rossa in Germania, lui e gli altri superstiti vennero evacuati dal campo. Egli trovò dunque un temporaneo rifugio ad Auschwitz, lager che ormai era stato abbandonato dalle guardie, dove all’arrivo delle truppe sovietiche venne definitivamente liberato. Era il 27 gennaio 1945.
Tuttavia, in seguito la ferocia dei suoi carcerieri e le atrocità viste e subite erano indelebili. Immagini orribili che, però, seppe tradurre in insegnamento, soprattutto alle giovani generazioni, affinché non si ripetesse quello che era accaduto.
«C’è il rischio che la storia si ripeta – affermava sempre ai ragazzi che incontrava -, quindi dobbiamo vigilare affinché il passato non ritorni».
A piangerlo, fra gli altri, la Comunità ebraica della capitale, alla quale apparteneva. Secondo Ruth Dureghello – che di quest’ultima ne è l’attuale presidente -, «Terracina era un baluardo della memoria che ha rappresentato il coraggio voler di ricordare superando il dolore della sua famiglia sterminata, e di quanto visto e subito nell’inferno di Auschwitz, affinché tutti conoscessero l’orrore dei campi di sterminio nazisti».
«Oggi piangiamo un grande uomo – ha concluso Dureghello – che seppe trasformarsi in forza di volontà per non permettere ai negazionisti di far risorgere l’odio antisemita».
Liliana Segre, senatrice della Repubblica, anche lei ex deportata e oggi sotto scorta della polizia a causa delle minacce ricevute – ha ricordato l’amico Terracina affermando che: «Ci legava una fratellanza silenziosa, tra noi non servivano parole e, ora che Piero non c’è più, mi sento ancora più sola».