Oggi si deve parlare di nuova mafia economica oppure di economia mafiosa? Probabilmente di entrambe, poiché la mafia è impresa mafiosa, ma è allo stesso tempo nell’economia. Al contempo, comunque, l’individuo diviene sempre più piccolo e insicuro.
Quale è la percezione da parte dell’opinione pubblica dei fenomeni criminali nei vari aspetti attraverso i quali essi al giorno d’oggi si presentano? Cosa ingenera veramente insicurezza nella gente?
Di per sé la globalizzazione stessa è fonte di numerose insicurezze, poiché fa sentire l’individuo parte di un’entità molto più ampia di quella nella quale era abituato a vivere.
Essa non nasce oggi, risale alla scoperta delle Americhe, tuttavia attualmente si contraddistingue proprio per l’insicurezza e l’incertezza.
In una società del rischio le paure non derivano più dall’ignoranza, bensì dalla conoscenza, o meglio: dalla sua percezione. Oggi non esiste più un punto zero della sicurezza, dunque tutti possono essere “bucati”.
L’incertezza deriva dall’affievolimento dei confini dei sottosistemi in essere fino a pochi anni. Sono due, in particolare, gli eventi che hanno contribuito a determinarla: la caduta del Muro di Berlino e la firma dell’accordo WTO che ha portato alla liberalizzazione dei commerci.
A seguito del loro verificarsi nel globo si assistito a una caduta di buona parte delle barriere preesistenti, uno scenario che ha visto tre attori affermarsi attraverso lo sfruttamento di tali eventi in funzione di successo: imprese multinazionali, intermediari finanziari e organizzazioni criminali.
Tre attori che agiscono in modo fluido in una serie di scenari tra loro connessi, rendendo in questo modo labile, dunque difficile, la distinzione tra criminalità ed economia.
Esse hanno saputo cogliere il disallineamento tra il ritmo di velocizzazione dei commerci e delle transazioni finanziarie con quello dell’adeguamento della relativa normativa globale, rendendosi perfettamente conto che le leggi in vigore nei vari Stati sovrani non sarebbero state in grado di governare i processi in atto, laddove tutto diveniva “contrattabile” come in una sorta di arbitrato internazionale.
Sono decenni, questi ultimi, di turbinose fusioni di società, di incorporazioni di imprese che hanno fatto nascere dei giganti.
Anche il crimine organizzato segue questa strada. Le mafie cessano di allearsi tra loro per il controllo del territorio stipulando invece alleanze nel mondo dell’economia e della finanza.
Un’idea della dimensione del fenomeno la rende efficacemente il volume di denaro spostato quotidianamente attraverso il cyberspazio, una somma che supera ampiamente l’ammontare di tutte le riserve delle banche centrali europee.
Si può dunque immaginare quale potere destabilizzante sarebbe in grado di esercitare una finanza globalizzata incontrollata.
I profitti delle organizzazioni criminali esistenti al mondo superano il Pil (prodotto interno lordo) dei ⅔ dei Paesi membri delle Nazioni Unite.
Tutti e tre questi attori si caratterizzano per un fattore comune, l’espressione, ognuno a modo proprio, della necessità di trasformare queste loro potenzialità in un potere reale.
La loro enorme disponibilità finanziaria diviene potere nel momento in cui fa il suo ingresso nell’economia, cioè quando è utilizzabile. Il riciclaggio diviene dunque una “fase necessitata” per tutti questi attori.
Il Pil mondiale cresce in media del 3-4%, a fronte di un calo del gettito fiscale globale medio del 4-5%, una dinamica che drena sempre più risorse alla redistribuzione del reddito prodotto, che viene finanziata dalle entrate fiscali.
La criminalità organizzata, crescendo in potenza, ha conosciuto una metamorfosi. Oggi non esercita più la violenza come faceva un tempo, ma lo fa in maniera chirurgica, preferendo agire mediante strumenti finanziari e politici, di corrompere.
La riserva di violenza permane, ma la colonizzazione di nuovi territori viene fatta evitando di generare eccessivo allarme sociale. La mafia fa impresa, e quando non la fa lei da sola se ne accaparra applicando le regole del mercato e una buona dose di intimidazione, ma il più possibile sottotraccia però, in modo da renderla percepibile dall’opinione pubblica il meno possibile.
«Io cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali, mentre tu vai ancora alla ricerca di quei quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare bam! bam! Io, invece, cerco quelli che fanno così: click click, che cliccano e movimentano. È tutta una questione di indice …hai capito?».
Queste le parole pronunciate da un imprenditore ‘ndranghetista registrate nel corso di un’intercettazione telefonica disposta nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria di respiro internazionale.
I danni sistemici sono in ogni caso devastanti, poiché l’imprenditore mafioso non è uguale agli altri, infatti egli non accetta di correre i normali rischi d’impresa e, inoltre, non è propenso al pagamento delle imposte. In sintesi, l’economia mafiosa è un cancro che si incista nell’economia sana distruggendola a poco a poco per effetto dell’alterazione della concorrenza, diminuendo così la capacità competitiva di un Paese. In Italia dello -0,3%, in una fase nella quale in buona parte del mondo, al contrario, se ne registra un incremento.
Questi argomenti – unitamente a quelli relativi agli strumenti approntati al fine di contrastare sia la criminalità comune che quella terroristica – sono stati ampiamente trattate durante la giornata di studio e di approfondimento dedicata alla “globalizzazione e alle nuove frontiere della (in)sicurezza”, promossa e organizzata dall’Osservatorio sulla sicurezza dell’Eurispes, dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e dalla Scuola Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri.
Un lungo seminario che ha avuto luogo lo scorso lunedì 2 dicembre presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma in Via Aurelia.
Cinque le sessioni tematiche sulle quali si è articolato il convegno, nelle quali sono stati analizzati gli aspetti della sicurezza in generale (globale, territoriale, informatica, eccetera), del terrorismo e dell’eversione, della criminalità organizzata.
Ad avviare i lavori sono stati Federico Cafiero De Raho (Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo), Gian Maria Fara (Presidente dell’Eurispes) e Giovanni Nistri (Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri), mentre ne hanno tratto le conclusioni il professor Alberto Mattiacci (Ordinario di Economia presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza e Presidente del Comitato scientifico dell’Eurispes) e il Generale di divisione Riccardo Galletta (Comandante della Scuola Ufficiali dell’Arma di Carabinieri).
Di seguito è possibile ascoltare la registrazione dei lavori (file audio A215A-D)