All’alba di ieri gli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile di Foggia e i finanzieri del GICO di Bari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Bari, nei confronti di ventiquattro persone dimoranti sia in provincia di Foggia che in altre regioni d’Italia (Calabria, Abruzzo, Molise, Lazio e Piemonte).
Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, nove sono appartenenti a due distinte organizzazioni criminali dell’area garganica, il “clan Li Bergolis” – oggi capeggiato da Enzo Miucci, classe 1983, detto “u criatur” -, e il clan lucerino Bayan-Papa-Ricci, il cui elemento di spicco è Alfredo Papa.
Arrestati anche due persone ritenute vicine alla ‘ndrina calabrese facente capo alle famiglie Pesce Bellocco di Rosarno, presenti e attive anche a Torino, i quali erano in stretti rapporti di affari con l’organizzazione criminale di Monte Sant’Angelo per la compravendita di partite di droga e la fornitura di armi.
Sono stati arrestati anche tredici clienti/pusher dei gruppi criminali insistenti nello stesso Monte Sant’Angelo e a Lucera, i quali provvedevano a collocare lo stupefacente periodicamente acquistato presso la loro clientela in varie località dell’Italia centro-meridionale.
L’attività investigativa – diretta dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Bari – ha tratto origine da un’altra indagine sulle pressioni esercitate dalla malavita foggiana su imprenditori locali del settore della trasformazione di prodotti agricoli, affinché assumessero alle loro dipendenze dei pregiudicati che spacciavano stupefacenti sulla piazza di Foggia, i quali a loro volta si rifornivano di droga dal clan lucerino.
Quest’ultima evidenza spostava così il baricentro delle indagini sul traffico di stupefacenti gestito dal clan Papa.
Intercettazioni telefoniche e ambientali, unitamente ad attività di osservazione, controllo e pedinamento effettuate in contesti territoriali proibitivi, hanno consentito la ricostruzione della capillare rete stesa su Puglia, Molise e Abruzzo, attraverso la quale, quasi quotidianamente, venivano spacciate significative quantità di droga di diverso genere.
Inoltre, sono stati accertati gli approvvigionamenti di stupefacenti che i lucerini ottenevano da camorristi dell’area di Castellammare di Stabia e Pompei, dall’aggregato criminale di Monte Sant’Angelo e da soggetti della malavita cerignolana.
Le indagini hanno messo in luce la disponibilità di armi da parte degli affiliati ai gruppi criminali, sequestrate tre pistole semiautomatiche, un silenziatore e numerose cartucce.
Gli investigatori non escludono che le armi sequestrate potessero servire ad affermare e consolidare l’egemonia criminale nel Gargano, territorio nel quale operano diverse aggregazioni delinquenziali frammentati e in continuo conflitto tra loro per il controllo delle zone nelle quali esercitare le attività illecite, tutte aggregazioni prive di un forte e indiscusso vertice aggregante.
L’operazione di Polizia e Guardia di Finanza hanno inflitto un duro colpo al clan li Bergolis, da anni impegnato in una sanguinosissima faida, tuttora in atto, contro la fazione facente capo ai Romito-Ricucci–Lombardi.
Un contesto degradato nel quale si registra il recentissimo omicidio di Pasquale Ricucci, esponente di spicco della criminalità organizzata garganica, assassinato a colpi di fucile dinnanzi al cancello della sua abitazione, a Macchia, frazione di Monte Sant’Angelo.
In parallelo alle attività “classiche” di polizia giudiziaria, necessarie ad acquisire i riscontri finalizzati a corroborare il quadro accusatorio nei confronti degli indagati, con la collaborazione degli specialisti del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di Finanza (SCICO), sono state altresì effettuate sofisticate investigazioni di natura economico-finanziaria tese a ricostruire l’intera trama delle posizioni economiche e patrimoniali riferibili alle persone indagate e ad altri soggetto che si prestavano a fungere da prestanome nei negozi giuridici relativi ai beni indirettamente posseduti dagli indagati.
Ciò ha permesso di sottoporre a sequestro beni risultati nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di due milioni di euro, consistenti in dieci immobili, tre autovetture, due rivendite di autoveicoli e sessantatré rapporti finanziari.