Questa mattina in Libia un velivolo a pilotaggio remoto dell’Aeronautica militare italiana sarebbe precipitato a causa di un malfunzionamento, tuttavia le voci al riguardo sono discordi, poiché invece potrebbe essere stato abbattuto.
L’episodio si è verificato presso Tarhouna, una località situata a circa sessantacinque chilometri a sud-est della capitale.
L’UAV (Unmanned Air Vehicle) si trovava a effettuare un volo di ricognizione su quella zona allo scopo di trasmettere informazioni sulla situazione in atto.
Dopo la caduta accidentale (o abbattimento) hanno iniziato a circolare nel web immagini dei rottami di un velivolo senza pilota, successivamente anche la conferma ufficiale da parte delle autorità militari italiane.
Si tratta di un UAS MQ-9 Predator B appartenente al 32º Stormo dell’Aeronautica militare italiana di Amendola, avente quali compiti principali l’interdizione e l’attacco. In particolare, risulta oltremodo evidente la coccarda tricolore identificativa dei velivoli militari italiani, sia pilotati che senza pilota, comunemente definiti «droni».
La versione ufficiale del Ministero della Difesa è che si è trattato di un incidente, tuttavia, non si può escludere il fatto che esso sia stato abbattuto da un mezzo similare o da un velivolo pilotato, un attacco la cui responsabilità andrebbe ascritta – poiché ne hanno rivendicato l’abbattimento – alle forze di Khalifa Haftar, il generale che si oppone con le armi al governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli presieduto da Fayyez al-Serraj sostenuto anche da Roma.
È noto che i velivoli senza pilota impiegati nel teatro operativo libico volano – o, almeno, dovrebbero farlo – privi di alcun carico bellico, poiché effettuano missioni di raccolta di informazioni, tuttavia, se non di gesto deliberato si è trattato (un minaccioso segnale lanciato all’Italia), può essere successo che l’UAV sia rimasto coinvolto in uno scontro tra altri velivoli della stessa specie o tra questi e dei veri e propri jet fighter.
L’incidente, dovuto a un problema tecnico, sarebbe occorso al velivolo mentre effettuava un sorvolo in profondità dalle coste nordafricane nel quadro delle missioni di sorveglianza proprie dell’operazione “Mare sicuro”.
Quella dove è precipitato il Predator italiano è un’area della Tripolitania sotto il controllo militare dell’Esercito nazionale libico (LNA) e, in mattinata, era stato proprio uno degli ufficiali di Haftar, il generale Mabrouk al-Ghazawi, a diffondere la notizia di un abbattimento da parte di elementi della propria difesa aerea.
In serata la dura presa di posizione del LNA, che per bocca di un suo portavoce ufficiale ha chiesto spiegazioni al Governo di Roma sui perché un velivolo militare italiano stesse sorvolando una zona sotto il suo controllo, che è una zona di guerra, e stesse raccogliendo informazioni.
Nel frattempo, alla guerra guerreggiata, nel Paese nordafricano si combatte anche quella per il controllo (o – anche in questo caso – l’interdizione) delle strutture per l’estrazione e il trasporto delle materie prime energetiche.
Sarebbe dunque in atto una ulteriore fase delle manovre sulla NOC, la compagnia energetica nazionale libica.
Non è una novità, nel recente passato insidertrend.it se ne è occupato, ricevendo in modo particolare le grida di allarme di Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, che anche questa sera è tornato a denunciare alcune dinamiche non del tutto chiare.
«A Tripoli qualcuno sta coprendo quanto accaduto oggi al deposito di gas della Brega Petroleum», afferma Marsiglia in un comunicato stampa diramato alle ore 18.24, aggiungendo che si tratta «proprio della tanto chiacchierata divisione strategica di commercializzazione della NOC, che qualche settimana fa è stata al centro delle decisioni politiche internazionali per un eventuale scorporo societario della stessa oil company libica».
Egli ha poi aggiunto: «Sanalla (Mustafa Sanallah, Ceo della NOC, National Oil Company) ha mandato un messaggio di aiuto, ma questa volta si preferisce non ascoltare, visto che il tutto ancora non si sa se proviene da forze di Serraj o dallo schieramento rivale esterno alla città, di Haftar. La situazione non è chiara, ma quello che in queste ore è sicuro è che un attacco di qualsiasi tipo dove c’è gas potrebbe essere di dimensioni esorbitanti pe la potenza chimica dell’elemento»
«Continuano ad attaccare le divisioni strategiche di commercializzazione del prodotto – ha poi concluso Marsiglia -, in questo modo si bloccano anche i veicoli su ruote per operazioni belliche».