Oltre alle basi di Tartus (navale) e Khmeimim (aeroterrestre) Mosca avrebbe in previsione la costituzione di una propria terza base militare in territorio siriano, un aeroporto nella zona di Qamishli.
Lo riferisce un dettagliato articolo dell’analista russo Maxim A. Suchkov pubblicato dal sito d’informazione al-Monitor, che riprende le speculazioni ricorrenti da qualche tempo sulla possibilità che Damasco conceda in affitto al Cremlino una terza base nel Paese arabo devastato dalla guerra.
La voce di un contratto di locazione a lungo termine è stata diffusa per la prima volta dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), che ha la sua sede a Coventry, nel Regno Unito.
La costituzione di un comando presso l’aeroporto di Qamishli, quindi non lontano dalla frontiera con la Turchia, ha ingenerato ipotesi decisamente smentite sul nascere dal portavoce del presidente Putin Dmitry Peskov.
Secondo la Nezavisimaya Gazeta, che ha ripreso fonti dell’apparato militar-industriale russo, ha attribuito la voce, qualificandola come elemento di una campagna di disinformazione, ai servizi di intelligence occidentali e agli organi di stampa a essi collegati.
Non è certo un mistero che a Mosca la SOHR venga considerata la copertura di un’organizzazione dedita ad attività di spionaggio e propaganda.
Tornando allo spiegamento dell’Armata russa in Siria, va rilevato che lo scorso 14 novembre l’emittente televisiva Zvezda – riconducibile al ministero della difesa di Mosca – aveva riferito dello spostamento di alcuni elicotteri dalla base di Kmeimim all’aeroporto di Qamishli.
Secondo il portavoce dell’aviazione militare russa si sarebbe trattato di un elicottero Mil Mi-8 per il trasporto e di due cannoniere multiruolo Mil Mi-35, la medesima fonte aveva affermato che sul sedime della base erano già presenti alcuni veicoli tra mezzi di supporto ai velivoli e blindati preposti alla difesa della struttura e alla messa in sicurezza del territorio circostante.
A protezione dell’aeroporto, sorvegliato dalla polizia militare russa, è stato posto anche un sistema missilistico Pantsir.
Nell’ultima settimana questi velivoli ad ala rotante avrebbero esteso il raggio del loro pattugliamento alla provincia di Hasakah, situata al confine tra la Siria, la Turchia e l’Iraq.
È un segnale (a buon mercato) lanciato da Putin agli altri attori regionali impegnati con le loro forze armate e i loro proxi a cavallo del fiume Eufrate allo scopo di influire sulle dinamiche in atto, oppure Mosca vuole davvero porre sotto il proprio controllo più ampie porzioni di territorio siriano?
Prevalentemente popolata da curdi, Qamishli ospita anche arabi oltreché diverse altre minoranze etniche, tra le quali quella assira, armena ed ebraica. All’inizio del mese di ottobre, immediatamente prima che Ankara lanciasse l’operazione “Spring of Peace”, un contingente militare russo venne schierato nell’area in sostegno all’esercito di al-Assad e alle milizie curde, come deterrente all’imminente offensiva turca su larga scala.
Alla luce del parziale disimpegno americano deciso dal presidente Donald Trump, Mosca non perse tempo e colmò preventivamente alcuni vuoti venutisi a creare assumendo prontamente il controllo di alcune strutture.
Il memorandum siglato a Sochi da Erdoğan e Putin escluse poi l’area di Qamishli dall’elenco di quelle dove sarebbe dovuto avvenire il pattugliamento congiunto russo-turco.
Mosca è intenzionata a garantirsi il controllo sulle aree che considera strategiche ai propri fini, determinandosi ulteriormente a ciò dopo che Washington ha spostato le proprie forze in Siria laddove sono presenti alcune riserve petrolifere siriane.
Le due opzioni discusse a Mosca per qualche tempo erano o un possibile accordo con gli americani per il controllo delle riserve di petrolio o un posizionamento militare sul terreno che potrebbe complicare le manovre americane.
I russi sono consapevoli che il Pentagono da lì non li sposterà, poiché i giacimenti petroliferi rappresentano uno degli obiettivi di Washington, dunque, alla luce di tutto questo, il recente riposizionamento sul terreno dell’Armata russa si configurerebbe come una contromossa tattica finalizzata a complicare la vita all’avversario.
Sottraendo a Damasco le entrate derivanti dal petrolio gli Usa cercano di rendere ancor più onerosa la lotta per la sopravvivenza del regime di al-Assad, garantendosi inoltre con la loro, pur esigua, presenza militare in Siria, una rilevanza sul piano decisionale riguardo al futuro del paese arabo.
All’inizio di questo mese ufficiali statunitensi avrebbero avuto colloqui con esponenti curdi finalizzati al ritorno dell’US Army nell’area di Qamishli, mentre il giorno 5 novembre l’agenzia di stampa turca Anadolu aveva riferito che Washington aveva iniziato la costruzione di due nuove basi militari nel governatorato siriano di Deir ez-Zor, nel cui sottosuolo sono presenti giacimenti di petrolio.
Dal canto suo, Mosca è intervenuta sull’argomento per bocca del ministro degli esteri Sergey Lavrov, che il 12 novembre ha affermato categoricamente che: «A est dell’Eufrate gli Usa stanno facendo di tutto per creare un “quasi-stato”, chiedendo contestualmente grandi investimenti in loco alle monarchie del Golfo».
«Washington – ha aggiunto Lavrov – cerca di creare un’amministrazione locale attraverso l’uso di due milizie curde, l’Esercito democratico siriano (SDF) e le Unità di protezione del popolo (YPG)».
Esclusa sia una forma di cooperazione con gli americani sul petrolio, che –ovviamente – un attacco diretto alle forze americane, l’unica opzione rimasta percorribile per Mosca era il dispiegamento ulteriore sul territorio siriano.
Il grande aeroporto di Qamishli, distante circa cinquecento chilometri dalla base Kmeimim, in passato è stato utilizzato sia da velivoli da combattimento che da trasporto russi e riveste una importanza strategica, poiché porrebbe Mosca nelle condizioni di affrontare due non indifferenti problemi che la affliggono: quello della necessità di appoggiare il tartassato e vacillante esercito siriano nella ripresa del controllo della regione e, al contempo, negare l’accesso a Qamishli sia agli Usa che alla Turchia.
Inoltre una base avanzata a Qamishli rivestirebbe importanza anche ai fini della messa in sicurezza della linea di rifornimento logistico russa, allungatasi a seguito del citato Accordo di Sochi, che ha comportato l’impegnativo pattugliamento lungo il confine turco-siriano.
Infine non va sottovalutata la presenza nello spazio aereo a ridosso di Turchia e Iraq, paesi nei quali è oltremodo intensa l’attività degli americani e dei loro alleati.