AMBIENTE, risorse. Acqua, presentato a Roma il Blue Book 2019

La monografia sul settore idrico integrato in Italia giunge alla sua decima edizione. Tra le sorprese una in particolare: nonostante la salubrità delle loro acque pubbliche gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali in Europa

Presentato questa mattina a Roma il Blue Book 2019, monografia del settore idrico integrato in Italia giunto quest’anno alla sua decima edizione.

Realizzato dalla Fondazione Utilitatis pro acqua energia ambiente, che promuove la cultura e le best practies nella gestione dei servizi pubblici locali, fornisce al pubblico una descrizione aggiornata mediante una serie di specifici approfondimenti sul processo di attuazione della governance, sullo stato dell’infrastruttura e degli investimenti pianificati, nonché sull’affordability del servizio.

L’evento – del quale insidertrend.it è in grado di fornire la registrazione audio integrale dei lavori – ha avuto luogo questa mattina al Centro Congressi Roma Eventi Piazza di Spagna, in Via Alibert.

Il rapporto monografico, che abbraccia tutti gli aspetti del Servizio idrico integrato nel Paese (Sii), si articola in tre sezioni: assetto gestionale; aspetti industriali, infrastrutture, risorse e investimenti; gestibilità dei servizi idrici integrati per imprese e famiglie.

La fotografia della situazione quest’anno evidenzia una crescita degli investimenti nel settore, infatti, per la prima volta in quarant’anni lo Stato inizia a rifinanziare le infrastrutture idriche (invasi, acquedotti, eccetera).

L’Italia, contrariamente a quanto si pensi, è un paese molto piovoso, le rilevazioni effettuate nell’ultimo anno sulle precipitazioni – spesso a carattere torrenziale – riportano che dei 302 m³ di materia prima (l’acqua) ne vengono utilizzati soltanto l’11% (cinquant’anni fa il dato si attestava invece a oltre il 13%), dunque sono insufficienti le infrastrutture destinate al suo immagazzinamento, cioè le attuali 350 dighe in funzione e i circa 12.000 invasi.

Le crisi idriche – si è affermato durante la presentazione – sono principalmente crisi infrastrutturali, seppure dipendano anche per una parte considerevole dagli elevati consumi (e sprechi) del secondario, in particolare a causa degli impieghi che dell’acqua ne fa l’industria.

Con riferimento a questi fondamentali aspetti, e con un occhio ai radicali mutamenti climatici in atto, sempre nel corso dei lavori odierni è stata sottolineata la necessità dell’indizione di una seconda Conferenza nazionale sulle acque (la prima ebbe luogo tra il 1968 e il 1971, mentre nel marzo del 2017 Italiasicura organizzò “Acque d’Italia”) al fine di pervenire a un’operazione verità che approcci il problema dello stress idrico con lucidità, sgomberando quindi il campo dalle facili demagogie.

E in effetti, i mutamenti climatici sono stati il convitato di pietra della presentazione del Blue Book. Anche in questo caso le cifre parlano chiaro: nell’ultimo anno considerato, il 2018, i danni complessivi da esso derivanti sono ammontati a sette miliardi di euro, tre miliardi provocati dalla siccità e quattro dalle piogge torrenziali, calamità naturali alle quali vanno aggiunte la progressiva desertificazione del territorio nazionale (all’incirca il 20% di esso viene interessato dal fenomeno) e la salinizzazione delle fasce costiere.

Le infrastrutture idriche andrebbero dunque adeguate ai nuovi eventi climatici estremi.

L’acqua è dipendente dalle infrastrutture, ma nella rete idrica nazionale si riscontrano notevoli dispersioni di materia prima e, al riguardo, il gap tra Settentrione e Meridione si mantiene elevato.

A seguito del trasferimento delle competenze di regolazione e controllo all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera), è stata registrata una crescita costante degli investimenti, attestatasi nel 2017 a 38,7 euro per abitante, un incremento del 24% negli ultimi sette anni, mentre nel 2019 era apri a circa 44 euro per abitante, tenuto ovviamente conto, però, del cronico divario geografico, che vede il Sud penalizzato rispetto alla media.

Un aspetto che investe direttamente la politica del Governo, che deve intervenire con specifiche politiche in favore di una maggiore coesione territoriale del Paese, non soltanto sociale, ma manche infrastrutturale.

 

Spesa media e qualità. Se nel 2018 la spesa media mensile delle famiglie per consumi di beni e servizi è stata di 2.571 euro mensili, quella relativa alla fornitura di acqua nelle case di abitazione ammontava a 14,65 euro, con una impercettibile flessione rispetto all’anno precedente.

È un indice della sostenibilità del costo dell’acqua, poiché si tratta del 3,4% della spesa media complessiva mensile.

Al riguardo sono interessanti un paio di considerazioni. La prima è che in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, l’utente non paga la materia prima acqua, che è un bene pubblico, ma corrisponde all’operatore esclusivamente il costo del servizio di erogazione.

In Italia gli operatori del settore sono imprese pubbliche o a controllo pubblico per il 97%, mentre il residuale 3% sono imprese private. Ma non si deve pensare soltanto a “colossi” come l’Acea, poiché spesso si tratta di soggetti di ridotte dimensioni, il cui nanismo – è stato rilevato – incide sulla loro efficienza e, quindi, sui loro costi operativi.

La seconda considerazione è relativa alle tariffe. Esse vengono determinate dai sindaci, che ovviamente nel farlo sono condizionati da ragioni di natura politico-elettoralistiche, una realtà che ha portato a un’estrema diversità di tariffazione sul territorio nazionale.

Non esiste una tariffa unica nazionale, alla quale si vorrebbe pervenire, magari attraverso un’eventuale calmierazione nella fase di transizione nei casi di disparità di qualità dell’erogazione all’utenza.

Sono due le “parole d’ordine” espresse sul nuovo metodo tariffario: asimmetria e innovazione.

Asimmetria poiché a fronte di marcate diversità caratteristiche presenti sul territorio nazionale, in vista di un quadro regolamentare certo si dovrà tendere a far convergere gradualmente le regioni svantaggiate verso gli obiettivi fissati;

innovazione, in quanto dovrebbero venire valorizzate le eccellenze a beneficio dei costi complessivi, che risulterebbero così contenuti.

Il Bonus idrico 2019, misura introdotta dal 2018 in aiuto alle famiglie che si trovano in situazioni di disagio economico e sociale, viene stimato per un’utenza di tre componenti in media di 30 euro annui.

Le difficoltà incontrate nel sostenimento dei pagamenti delle tariffe è un fattore rilevante, dato chi il 4,6% delle famiglie ha degli arretrati pendenti nel pagamento delle bollette, un fenomeno particolarmente incidente nelle regioni meridionali, dove i mancati incassi raggiungono il 14 per cento del dovuto.

 

Depurazione, infrazioni e condanne. Il rapporto 2019 ha affrontato anche l’argomento delle infrazioni in materia di depurazioni e di trattamento delle acque reflue.

Alla vetustà delle reti e alle perdite delle condotte viene collegato il fabbisogno di investimenti sulla depurazione delle acque reflue, dato che l’11% della cittadinanza non è nelle condizioni di fruire del servizio di depurazione.

Una carenza riscontrata principalmente nel Sud e nelle Isole, che provoca incalcolabili danni all’ambiente.

Infine una curiosità, si tratta di un aspetto paradossale: l’Italia è il paese dove consuma la maggiore quantità di acque minerali rispetto alla  media europea. Infatti, il 30% delle famiglie italiane non si fida di bere l’acqua del rubinetto e conseguentemente acquista acque minerali.

Una percezione frutto della disinformazione, perché in realtà le acque minerali in commercio sono addirittura meno controllate di quelle erogate attraverso gli acquedotti (ovviamente quando le falde acquifere non sono inquinate).

Non solo, le acque minerali vengono commercializzate prevalentemente in bottiglie di plastica, materia che già di per sé ha delle implicazioni ambientali, bottiglie immagazzinate in balle di plastica e non sempre stoccate in maniera adeguata perché, magari, lasciate esposte al sole per molte ore (o addirittura giorni) su piazzali di carico e scarico.

Quella dei consumatori italiani nei riguardi dell’acqua per usi di cucina sarebbe dunque una diffidenza immotivata  che spinge ai consumi di prodotti imbottigliati industrialmente, un pregiudizio che andrebbe combattuto attraverso un cambio di mentalità

 

A204 – AMBIENTE, RISORSE IDRICHE: BLUE BOOK 2019. Presentata a Roma la decima edizione della monografia annuale sul settore idrico integrato in Italia, evento che ha avuto luogo presso il Centro Congressi Roma Eventi Piazza di Spagna il 30 ottobre 2019.

Interventi di: FEDERICO TESTA (presidente della Fondazione Utilitatis), FRANCESCA MAZZARELLA (direttore della Fondazione Utilitatis), STEFANO TERSIGNI (Istat), ERASMO D’ANGELIS (segretario generale del Distretto idrografico dell’Appennino centrale), PAOLA PIETRANTOZZI (segretario nazionale Adiconsum), STEFANO SAGLIA (componente Collegio Arera), EMANUELE TARANTINO (docente presso la LUISS Guido Carli, Snam chair), MICHELE TORSELLO (Ministero per il Sud e la Coesione territoriale); conclusioni: GIOVANNI VALOTTI (presidente Utilitalia); modera: LORENZO SALVIA (giornalista del Corriere della Sera).

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