IMMIGRAZIONE, business e illecito. Cassino, extracomunitari nella sporcizia e “solidali” in Suv

Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno posto fine agli illeciti a danno di contribuenti e richiedenti asilo. Mediante un “patto di non concorrenza” le cooperative si spartivano il territorio

Il giorno dopo la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, che ha stabilito “non mafiosi” gli imputati condannati per vari reati nel processo «mondo di mezzo» celebrato nella capitale in tutti e tre i gradi di giudizio, resta tuttavia valido l’assunto espresso dal “guru” del business dell’immigrazione, Salvatore Buzzi.

«Al giorno d’oggi – affermò il responsabile della Cooperativa 29 giugno – si guadagna di più con gli immigrati che con la droga», e una delle tante conferme di questo concetto deriva dall’inchiesta condotta da Polizia di Stato e Guardia di Finanza nel Cassinate, che ha portato alla denuncia di ventisei persone attive nel settore dell’accoglienza agli immigrati.

I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione di dipendenti pubblici o incaricati di un pubblico servizio, estorsione, truffa ai danni dello Stato e di Enti pubblici, frode in pubbliche forniture, abuso d’ufficio, malversazione ai danni dello Stato, emissione e utilizzo di fatture false.

I militari della Guardia di Finanza di Cassino, in collaborazione con gli agenti della Squadra Mobile della Polizia di Stato del Commissariato di Cassino, nella mattinata hanno portato a termine una vasta operazione (denominata convenzionalmente «Welcome to Italy») nel settore dell’accoglienza cittadini stranieri richiedenti asilo.

Le indagini, svolte su delega della Procura della Repubblica di Cassino e condotte sotto la direzione del Procuratore capo Luciano d’Emmanuele e del Sostituto Procuratore Alfredo Mattei, hanno interessato numerosi comuni delle provincie di Frosinone, Caserta, Isernia, Latina e Rieti.

La copiosa documentazione contabile ed extracontabile acquisita dagli investigatori ha consentito l’individuazione di una serie di comportamenti illeciti nella gestione dell’accoglienza dei rifugiati, sia nel quadro del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che in quello dei centri di accoglienza straordinari (CAS) gestiti dagli uffici delle Prefetture.

Le condotte criminose sarebbero l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti relative all’ottenimento di rimborsi non dovuti, la frode nella fornitura di servizi ai rifugiati e la richiesta di rimborso di rette per rifugiati non più presenti sul territorio nazionale.

È stato inoltre rilevato un caso di corruzione di un funzionario addetto alla rendicontazione del servizio SPRAR per la percezione di contributi erogati a fronte di costi mai sostenuti.

Nell’ambito dei controlli documentali in alcuni casi è stata riscontrata una doppia annotazione nei registri di rendicontazione di costi sostenuti da cooperative per il servizio SPRAR e una doppia percezione di contributi apparentemente giustificata dal pagamento del personale dipendente delle cooperative, nonché un doppio utilizzo dell’Iva, portata sia in detrazione che rimborsata.

Le responsabilità sono state attribuite a carico dei legali rappresentanti e dei soci di tre cooperative, dalle quali è emerso un vero e proprio sistema basato sull’illecito e sull’indebito rapporto intercorrente tra il responsabile dell’ufficio rendicontazione del servizio SPRAR e i responsabili di due cooperative attive nei territori delle province di Frosinone, Caserta e Isernia.

In un caso, è stato rilevato che a fronte dell’intervento di un pubblico ufficiale era stata prospettata quale compenso l’assunzione del figlio di quest’ultimo, in seguito verificatasi.

Il sistema di rendicontazione dei costi includeva anche spese che con gli immigrati non avevano assolutamente nulla a che fare, come quelle sostenute per l’organizzazione della festa per il diciottesimo compleanno del figlio di un responsabile della cooperativa, confluite nella contabilità del servizio SPRAR alla voce «costo sostenuto per la realizzazione di una manifestazione finalizzata all’integrazione dei migranti ospiti».

Sempre a carico dello SPRAR gravavano anche le spese di ristrutturazione di una villa (con annesso campo da tennis) di proprietà di uno dei responsabili della cooperativa coinvolta nell’inchiesta.

Il servizio di affidamento dei servizi da parte di alcuni comuni delle province di Isernia, Caserta e Frosinone, avveniva senza alcuna procedura a evidenza pubblica, al punto che il sindaco di un comune coinvolto sarebbe riuscito a ottenere quale contropartita l’assunzione di propri familiari e conoscenti, pretendendo in alcuni casi anche un aumento di stipendio per una persona di da lui raccomandata.

Le cooperative erano giunte a una sorta di patto “di non concorrenza” che gli garantiva la spartizione del territorio dove operavano, e quando si verificava un tentativo di “infiltrazione” di un’altra cooperativa esse correvano ai ripari richiedendo l’intervento del sindaco, che – in un caso specifico – con minacce più o meno velate costringeva la proprietaria dell’immobile da adibire a residenza per gli immigrati a rescindere il contratto di locazione già stipulato e registrato.

Nel corso delle indagini sono stati accertati pagamenti di rette per immigrati non più presenti sul territorio italiano e il subappalto di vitto e alloggio a un centro fatiscente a un prezzo risultato essere inferiore di un terzo a quello versato dalla Prefettura, operazione che portava a un indebito guadagno.

Nel corso delle perquisizioni effettuate dalle Forze dell’ordine è stato rilevata poi la fatiscenza dei luoghi di accoglienza degli immigrati, ambienti sporchi, con blatte all’interno delle cucine.

Ma, se gli extracomunitari accolti a spese della collettività erano costretti a vivere nella sporcizia, la gestione di quegli stessi centri di accoglienza aveva invece consentito ai loro responsabili di arricchirsi, anche ricorrendo allo stesso sistema.

Infatti, essi avevano nella loro disponibilità vetture di lusso BMW modello X1 e X3, nonché  Suv, autoveicoli acquistati in leasing dalla cooperativa stessa.

All’esito delle indagini di polizia giudiziaria, il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Cassino, su richiesta del Sostituto Procuratore Mattei, ha emesso un’ordinanza di applicazione di diciotto misure cautelari personali, di cui undici relative all’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria e sette al divieto di esercitare attività imprenditoriali, disponendo altresì il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente di beni per un importo pari a circa tre milioni di euro.

Condividi: