Nel quadro della quinta edizione dell’iniziativa annuale ad alto livello organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale in collaborazione con l’ISPI, ormai rodato polo globale di dialogo per la definizione di un’agenda positiva per il Mediterraneo, ha preso avvio la serie di eventi preparatori destinati a promuovere discussioni mirate e approfondite sulle tematiche di interesse, fora che vedono il coinvolgimento di esperti internazionali, di gruppi di riflessione e rappresentanti istituzionali.
L’analisi sulla situazione siriana e le prospettive future del Paese mediorientale sono state l’oggetto della discussione del 17 settembre scorso a Beirut.
Inside Syria: le implicazioni di una crisi senza fine. In collaborazione con il Carnegie Middle East Center, nella capitale libanese è stato organizzato un incontro a porte chiuse durante il quale è stata discussa l’evoluzione e le implicazioni della crisi siriana.
Particolare attenzione è stata prestata agli attuali sviluppi politici e della sicurezza nel Paese, oltreché alla questione della ricostruzione e al ruolo degli attori internazionali, questo al fine di individuare le future tendenze geopolitiche e valutare le possibili opzioni a disposizione delle parti interessate.
Il workshop ha portato alla luce alcuni aspetti critici, contribuendo così a migliorare la comprensione dell’evoluzione del conflitto, sia nelle sue dinamiche interne che esterne.
In una prima fase della discussione, gli esperti si sono concentrati sulla contestata legittimità del regime alawita di Damasco, la cui autorità è attualmente riconosciuta soltanto dai paesi allineati sulle posizioni di Russia e Iran, che hanno un interesse di natura strategica nel mantenimento al potere di Bashar al-Assad, onde poi plasmare anche il processo di ricostruzione.
Mosca e Teheran sono i principali alleati di Damasco e, ovviamente, a guerra finita si garantirebbero contratti lucrativi nei settori delle infrastrutture e dell’energia, oltre che l’accesso diretto alle risorse minerarie siriane.
In una seconda sessione si è giunti alla conclusione che la questione stessa della ricostruzione rimarrà comunque sulla carta fino a che non verrà raggiunto un accordo politico tra il governo di Damasco e le principali fazioni in lotta, in particolare i curdi, che controllano il 30% del territorio del Paese.
A tale proposito, la creazione di un comitato costituzionale recentemente annunciato da Russia, Turchia e Iran è stata considerata insufficiente dagli analisti convenuti a Beirut, questo a causa della sua limitata rappresentanza politica e poiché in esso nono risultano rappresentate componenti importanti della società siriana.
Un terzo aspetto sottolineato dai partecipanti al forum è stato quello della componente sociale della distruzione economica e i suoi effetti a lungo termine sul processo di ripresa. Oggi gran parte dell’economia siriana è controllata da una nuova élite imprenditoriale legata al regime, questo mentre è praticamente scomparsa la classe media urbana, un vuoto che inevitabilmente rifletterà i suoi effetti sulle prospettive future di tutti i principali settori produttivi nazionali.
Da ultima, ma non per questo meno importante, la questione dei rifugiati e degli sfollati interni: essa nelle attuali circostanze non è in grado di essere risolta, poiché l’insicurezza e i combattimenti ostacolano qualsiasi piano di rimpatrio che abbia efficacia.
Inoltre, la maggior parte dei siriani rifugiatisi all’estero teme la possibile ritorsione da parte del regime al momento del ritorno, ma, in violazione delle norme internazionali, negli ultimi mesi i paesi confinanti e quelli più vicini (come la Turchia di Erdoğan) stanno costringendo migliaia di profughi a tornare nel loro paese.
La concentrazione del focus sullo scenario geopolitico più ampio ha fatto emergere due principali aspetti da tenere in debita considerazione: la sopravvivenza dell’attuale equilibrio di potere a Damasco nel prossimo futuro, alimentato dalla costante concorrenza tra tutti i principali attori stranieri coinvolti nel conflitto siriano, e il rinnovato tentativo del regime di al-Assad di ottenere nuovi riconoscimenti sui piani diplomatico e politico, principalmente tra gli stati della regione.
È opinione di molti dei partecipanti al forum di Beirut che, tuttavia, la riammissione della Siria nella Lega araba potrebbe rappresentare in ogni caso uno sviluppo positivo, poiché contribuirebbe a rilanciare il dialogo tra le parti in conflitto facilitando al contempo una soluzione politica.