«La medicina è servizio alla vita umana, e come tale essa comporta un essenziale e irrinunciabile riferimento alla persona nella sua integrità spirituale e materiale, nella sua dimensione individuale e sociale: la medicina è a servizio dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo».
Così ha inteso esprimersi il pontefice della Chiesa cattolica romana di fronte ai medici della Federazione nazionale degli Ordini dei Chirurghi e degli Odontoiatri, ricevuti questa mattina in udienza.
Un evento di risvolti propagandistici forse non del tutto casuale, infatti il discorso non è stato pronunziato un giorno qualunque, bensì il 20 settembre, anniversario della liberazione di Roma dallo Stato pontificio che vide la fine ufficiale del potere temporale che per secoli era stato esercitato dal clero.
Ma non è soltanto questa non irrilevante coincidenza a far ritenere a un’operazione mediatica ben studiata dagli strateghi della comunicazione d’oltre Tevere, poiché è anche la vigilia – mancano soltanto tre giorni – dall’attesa pronuncia della Corte costituzionale dello Stato italiano sul controverso caso di suicidio assistito di Fabiano Antoniani, noto come “dj Fabo”, che coinvolge direttamente Marco Cappato, ex parlamentare radicale e attuale tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, una vicenda di disobbedienza civile he potrebbe mutare la legislazione vigente in materia in Italia.
Tornando alle parole del papa, riferisce una nota di Marco Mancini dell’agenzia Aci Stampa che rivolgendosi al suo uditorio Bergoglio ha poi aggiunto: «Voi medici siete convinti di questa verità sulla scorta di una lunghissima tradizione. Ed è proprio da tale convinzione che scaturiscono le vostre giuste preoccupazioni per le insidie a cui è esposta la medicina odierna».
«La malattia – ha proseguito il pontefice – è più di un fatto clinico, medicalmente circoscrivibile. È sempre la condizione di una persona, il malato. Ed è con questa visione integralmente umana che i medici sono chiamati a rapportarsi al paziente, considerando perciò la sua singolarità di persona che ha una malattia, e non solo il caso di quale malattia ha quel paziente. Si tratta per i medici di possedere, insieme alla dovuta competenza tecnico-professionale, un codice di valori e di significati con cui dare senso alla malattia e al proprio lavoro e fare di ogni singolo caso clinico un incontro umano».
«Pertanto – è stato l’invito di Francesco -, è importante che il medico non perda di vista la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e la sua fragilità. Un uomo o una donna da accompagnare con coscienza, con intelligenza e cuore, specialmente nelle situazioni più gravi».
«In tal modo – ha concluso il papa – si può e si deve respingere la tentazione indotta anche da mutamenti legislativi di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia. Si tratta di strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona, quando includono lo scarto del malato come possibilità, o falsa compassione di fronte alla richiesta di essere aiutati ad anticipare la morte».
Le frasi pronunciate questa mattina dal papa assumerebbero dunque la sostanza di un invito, neppure troppo criptico, alla disapplicazione di un legge in vigore in un altro Stato sovrano diverso da quello della Città del Vaticano – cioè la Repubblica italiana – qualora l’impianto normativo in materia di “fine vita” dovesse mutare?
Se così fosse si tratterebbe di una delle classiche ingerenze clericali nella vita dello Stato italiano, che, almeno nominalmente resta ancora laico.