ENERGIA, Arabia Saudita. Le conseguenze degli attacchi contro gli impianti petroliferi

Ancora non del tutto chiara la paternità delle azioni: è possibile che sofisticati droni e missili cruise siano partiti dall’Iraq. In ogni caso è sensibile l’impatto sui mercati energetici mondiali, seppure non catastrofico. Questi aspetti sono stati approfonditi in un intervista concessa a insidertrend.it dal professor Massimo Nicolazzi, docente di Economia delle fonti energetiche presso l’Università di Torino e autore del saggio “Elogio del petrolio”, edito da Feltrinelli

L’attacco portato alle strutture della compagnia petrolifera Saudi Aramco, impianti per il pre-trattamento del greggio e lo stoccaggio di gas naturale situati nelle località di Abqaiq e Khurais, non lontane dal confine del Regno con l’Iraq, presenta ancora non pochi aspetti oscuri, a cominciare dalla paternità delle azioni.

Le formazioni dei ribelli yemeniti houti, sciiti sostenuti dall’Iran, nel recente passato si sono resi protagonisti di diverse azioni del tipo, colpendo praticamente indisturbati aeroporti e altri siti sensibili in territorio saudita. Essi, inoltre, hanno immediatamente rivendicato le azioni.

La ricostruzione degli attacchi, resa soltanto in parte possibile, dalle immagini rilevate dai satelliti da osservazione, ne indicherebbe la complessità e la precisione.

Fonti dell’intelligence statunitense sostengono che la provenienza dell’attacco sarebbe stata da Nord Ovest, ma questa ipotesi, anche qualora fosse avvalorata da prove non sarebbe comunque indicativa, poiché sia i moderni sistemi a pilotaggio remoto (droni) che i missili cruise sono in grado si seguire profili di volo diversi nella loro fase terminale di attacco.

Tuttavia non escluso che le armi che hanno danneggiato gli impianti sauditi possano essere state recate sul bersaglio dal territorio iracheno, dove, sostenute dai Guardiani della Rivoluzione iraniani, operano le locali milizie sciite Hashd al-Shaabi e Kata’ib Hezbollah.

Questo, almeno in parte, spiegherebbe la concentrazione nell’immediatezza dell’attacco della vigilanza radar e aerea saudita al confine con l’Iraq, e anche la contestuale mobilitazione generale della difesa aerea del Kuwait.

Naturalmente, questo genere di conclusioni non escludono la corresponsabilità delle milizie yemenite allea te di Teheran.

Intanto parrebbe non aver assunto le dimensioni della catastrofe l’effetto indotto dall’attacco portato agli impianti dell’Aramco, il gigante energetico saudita in via (ma non si sa bene come e quando) di parziale privatizzazione.

Gli operatori del settore attendono le decisioni dell’amministrazione Usa, ben sapendo che il presidente Trump non vuole imbarcarsi in una guerra di vasta portata contro l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente. Al contrario, da quella turbolenta regione vorrebbe portare via al più presto il maggior numero possibile di militari americani.

Dopo l’iniziale impennata di circa il 10%, sulle varie piazze mondiali i prezzi del greggio si sono andati via via raffreddando, per giungere a una quotazione tutto sommato accettabile, 62,3 dollari al barile il wti e 68,29 il brent.

Ma, in ogni caso, l’evento verificatosi ieri non va assolutamente sottovalutato, poiché è la conferma del nuovo paradigma dell’insicurezza energetica globale, passata dalla possibile interruzione “politica” delle forniture a quella “materiale” dovuta al danneggiamento o alla distruzione degli impianti di produzione, trattamento e stoccaggio di petrolio e gas.

Nel caso recente si è assistito a una improvvisa sottrazione di 5,7 milioni di barili di greggio dal normale volume globale di flussi della materia prima energetica.

Una cifra enorme per dei mercati che diverrebbero critici anche solo a causa della mancanza di un decimo di essi, con conseguenti oscillazioni dei prezzi, che si ripercuoterebbero a loro volta sull’economia del pianeta.

Sull’argomento relativo all’allarmante segnale di natura strategica emerso dagli attacchi houti agli impianti della Saudi Aramco e della evidente estrema vulnerabilità del sistema, con effetti sulla fragilità degli equilibri mondiali, insidertrend.it ha interpellato il professor Massimo Nicolazzi, docente di economia delle fonti energetiche presso l’Università di Torino, autore del saggio sulle fonti energetiche fossili “Elogio del petrolio”, edito per i tipi della casa editrice Feltrinelli.

A188 – ENERGIA, TERRORISMO E INSICUREZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI: le conseguenze sui mercati di petrolio e gas degli attacchi con droni e missili agli impianti sauditi della Aramco.

A insidertrend.it il professor MASSIMO NICOLAZZI, docente di Economia delle fonti energetiche presso l’Università di Torino e autore del saggio sule fonti fossili “Elogio del petrolio” analizza la situazione sul piano della vulnerabilità delle infrastrutture e della proiezione di questa sui mercati energetici globali.

Il cambio di paradigma nell’insicurezza delle forniture di materie prime energetiche: da quella di natura “politica” a quella “materiale” causata dal danneggiamento o dalla distruzione degli impianti di produzione, trattamento e stoccaggio di petrolio e gas.

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