INTELLIGENCE, spionaggio industriale. Anche l’Italia coinvolta suo malgrado nella spy story tra Usa e Russia

Una «brutta rogna» per il Governo appena insediatosi, infatti gli americani oltre all’alto dirigente d’azienda russo hanno implicato nella vicenda anche un consulente italiano. Washington li accusa della pianificazione del furto di proprietà intellettuali della General Electric Aviation, tra di esse figurano i modelli ingegneristici e i progetti di apparecchiature utilizzate nei motori a reazione

Una «patata bollente» è piombata sui tavoli di Palazzo Chigi e di altri uffici governativi proprio quando il Governo Conte 2 si era appena insediato, fresco di giuramento al Quirinale.

 

Un caso più diplomatico che giudiziario. L’arresto di un alto dirigente della Odk – impresa controllata dalla società statale russa Rostec, che produce motori aeronautici -, effettuato dalla Polaria di Capodichino su richiesta del Dipartimento della Giustizia statunitense sulla base di un’accusa di spionaggio economico, rischia di creare un imbarazzante caso diplomatico.

Non soltanto perché in questo momento Aleksandr Korshunov –  questo il nome del cinquantasettenne dirigente russo – si trova astretto nel carcere di Poggioreale, ma anche perché, sempre secondo gli americani, nell’affaire sarebbe implicato anche un cittadino italiano, Maurizio Paolo Bianchi.

Le indagini condotte dagli uomini del pool facente capo a Benjamin Glassman, procuratore degli Stati Uniti d’America per il distretto meridionale dell’Ohio, col sostegno dell’ufficio del Federal Bureau of Investigations di Cincinnati (FBI) hanno portato alle accuse nei confronti di Korshunov e di Maurizio Paolo Bianchi, titolare di una società di consulenza attraverso la quale il dirigente della Odk avrebbe avuto illegittimamente accesso ai segreti industriali della GE Aviation.

Si tratterebbe di documentazione che potrebbe rivestire importanza strategica, poiché dietro le questioni economiche e commerciali classiche della cosiddetta business intelligence, potrebbero risiedere anche elementi in grado di incidere sul confronto tra le due potenze, sia sul piano civile che su quello militare.

Oggetto della questione, in particolare, sono le informazioni segrete sulla realizzazione di un riduttore per motori a reazione, dati che russi sarebbero in grado di utilizzare nel loro programma Pd-14, cioè lo sviluppo di un propulsore destinato a essere installato sui nuovi velivoli civili Ms-21.

Perché l’italiano? In precedenza Maurizio Paolo Bianchi aveva ricoperto cariche apicali nella GE Aviation, era infatti direttore della filiale italiana ed era stato investito di specifiche competenze in ordine alle operazioni in Russia, Cina Popolare e, più in generale, in Asia.

A seguito della sua fuoriuscita dalla struttura aziendale della quale era dirigente, Bianchi era poi confluito in un’altra società (quest’ultima di consulenza) che aveva stipulato un contratto con una filiale del gruppo per il quale lavorava Koshunov.

Il dirigente d’impresa è accusato di aver assunto tre persone, ex dipendenti o lavoratori ancora sotto contratto della filiale italiana di GE Aviation al fine di svolgere attività di consulenza sui sistemi di trasmissione di motori a reazione. Korshunov, sempre secondo il Dipartimento Usa, avrebbe pagato queste persone per incontrarle in Francia nel 2013 e in Italia l’anno seguente per discutere e rivedere il rapporto. In passato Korshunov si era ripetutamente recato in Italia, in particolare a Torino, Bologna e Napoli.

Se Bianchi tra il 2013 e il 2019, come afferma l’Ufficio del procuratore federale dell’Ohio, abbia aiutato Korshunov e la Odk a impossessarsi dei segreti della GE Aviation – magari approfittando proprio della Avio Aero, collegata italiana del gruppo industriale americano – lo dovrà stabilire la magistratura, alla quale spetterà anche la decisione – che a questo punto, visti gli sviluppi su scala internazionale, assume sempre più una natura politica – se estradare il russo Aleksandr Korshunov negli Usa.

 

La «brutta rogna» per il Governo Conte 2. Venerdì scorso, non appena sbarcato all’aeroporto napoletano di Capodichino in compagnia della propria moglie, il cittadino della Federazione russa Aleksandr Korshunov è stato fermato dagli agenti della Polaria e, successivamente, tratto in arresto, quindi tradotto nel carcere di Poggioreale.

Il dirigente d’azienda russo ha poi ricevuto l’assistenza della sede diplomatica russa in Italia. Dell’accusa a suo carico si è detto

Adesso l’Autorità giudiziaria italiana dovrà attendere dall’Ufficio del procuratore del Distretto meridionale dell’Ohio tutta la documentazione da quest’ultimo posta a sostegno delle gravi accuse formulate nei confronti del cittadino russo arrestato. Sulla base di essa i giudici della Corte d’Appello di Napoli decideranno se concederne o meno l’estradizione negli Usa. Sarà la soluzione giudiziaria a una vicenda dai numerosi e differenti risvolti: industriali, spionistici e politici.

Infatti, l’Italia è divenuta suo malgrado una sorta di arbitro nella dura disputa tra Mosca e Washington. Una vera e propria «brutta rogna» che ha investito il Governo appena insediatosi a Palazzo Chigi e che vede in primo luogo coinvolte le Amministrazioni degli Affari Esteri e della Giustizia.

La reazione del Cremlino non si è fatta attendere: «In questa situazione abbiamo chiaramente dei tentativi di concorrenza sleale. Questo non rende migliori le relazioni tra Russia e Usa -, ha commentato Vladimir Putin dal Forum economico orientale di Vladivostok, aggiungendo che – si tratta di una pessima pratica che complica le relazioni tra gli stati, poiché spesso non rinveniamo alcun motivo alla base di azioni ostili di questo tipo».

Il presidente della Federazione russa ha quindi espresso il suo disappunto concludendo che: «In questo caso abbiamo a che fare con tentativi di concorrenza disonesta che non rende certo migliori le relazioni con Washington. Abbiamo firmato un contratto con una società italiana per delle consulenze, è una normale pratica globale, un lavoro commerciale aperto con i partner commerciali europei».

 

General Electric Aviation e Avio Aero. Avio Aero è un’azienda che si occupa di progettazione e produzione di componenti per motori aeronautici. Ha un giro d’affari miliardario, oltre 4.000 dipendenti, la cui massima parte lavora in Italia e otto siti produttivi, sei in Italia e due all’estero, in Polonia e Brasile.

La storia di Avio Aero inizia nel 1908 all’interno del Gruppo Fiat, quando quest’ultimo iniziò a produrre i suoi primi motori per uso aeronautico, produzione seguita poi da quella dei velivoli.

Un passaggio fondamentale per l’impresa avvenne nel 1969, quando la Fiat cedette la parte velivolistica a Finmeccanica (a quel tempo ancora Aeritalia, in seguito divenuta Alenia) mantenendo focalizzato il business sul settore dei motori aeronautici.

Un processo sviluppatosi poi col consolidamento nella motoristica aeronautica mediante l’acquisizione di altre piccole aziende del settore, tra le quali, alla fine degli anni Novanta, anche Alfa Romeo Avio.

Nel 2003 Avio Aero venne ceduta a un fondo di private equity. Nel 2006 vi fu un’ulteriore vendita a un altro fondo, infine, nel 2013, il settore motoristico di Avio Aero venne acquisito dalla General Electric, mentre il settore spaziale rimase di proprietà dei vecchi azionisti (Simden e Finmeccanica).

Specializzandosi nel settore dei motori, Avio Aero lasciò ad altri i business di diversa natura, quali quelli dei velivoli e delle centrali elettriche.

Negli anni Ottanta il business aziendale era totalmente concentrato sul settore militare e nazionale: si producevano e revisionavano motori senza tuttavia possederne alcun dominio tecnologico. Nel 2012, ultimo anno prima dell’acquisizione da parte di General Electrics, i ricavi raggiunsero i 2.300.000, con un business militare ridotto ormai al 25%, percentuale della quale soltanto il 30% afferiva a programmi nei quali l’Italia non partecipava.

Inoltre, la maggior parte dei programmi civili vedeva l’azienda esprimere capacità di design responsability, cioè di sviluppo e progettazione di alcune fondamentali componenti dei motori.

Il salto di qualità, sia in termini di volumi che tecnologico, venne reso possibile dal grande impulso fornito dai programmi di collaborazione europea, in primo luogo quello del Tornado, con l’RD-199, e poi l’EG-200, che hanno conferito a ognuno dei paesi partecipanti al consorzio industriale specifiche competenze tecnologiche (in Italia nel settore delle turbine e in quello delle gear box), fornendo a tutti delle specifiche capacità di dominio sull’intero sistema.

Ora Avio Aero fa parte del gruppo General Electrics, società fondata da Thomas Edison alla fine dell’Ottocento che conta attualmente 300.000 dipendenti ed è presente con suoi stabilimenti e uffici in 180 paesi del mondo.

Essa basa la sua attività su alcuni business fondamentali, quali quello dell’oil & gas, l’energia, l’air care (dove è leader nelle tomografie assiali e nella diagnostica per immagini) e, ovviamente, nell’aviation.

Alla metà del decennio in corso GE aveva conosciuto una radicale trasformazione grazie alla vendita di gran parte dei suoi asset finanziari (quelli che erano EG Capital) per concentrarsi sul settore tecnologico-industriale, in particolare acquisendo la componente energia della francese Alstom, avviando il nuovo business EG Digital e ponendosi l’obiettivo di ottenere la tecnologia industriale 4.0, utilizzando Internet delle cose nei processi industriali.

Di risulta, Aero Avio ha beneficiato di questi investimenti e di questa politica industriale, anche nel settore digitale, in particolare come parte di GE Aviation, leader mondiale nella propulsione aeronautica.

Sia EG che il Governo italiano hanno ritenuto Aero Avio una valenza strategica per il Paese (l’Italia) e l’hanno quindi  mantenuta autonoma all’interno della struttura aziendale. Un business autonomo, dunque, sia dal punto di vista amministrativo che da quello decisionale: Avio Aero divenne nei fatti la “sesta divisione” di GE Aviation, specializzandosi nello sviluppo e nella produzione di scatole di potenza e di ingranaggi e anche nel supporto dei motori militari nazionali.

Nel marzo 2012, per la prima volta il Governo italiano si è dotato di uno strumento di golden power, fissando in un decreto legge i poteri speciali che ha nei confronti di quelle aziende che posseggono asset di rilevanza strategica per l’industria della Difesa e della sicurezza, ponendo così chiari vincoli ai processi di acquisizione e fusione.

Avio Aero è stata la prima impresa a essere interessata dai poteri speciali conferiti al governo mediante tale disposizione normativa. In pratica, l’acquisizione è stata autorizzata per mezzo di un decreto emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel quale venivano posti tutta una serie di vincoli relativi al mantenimento in Italia sia dei livelli occupazionali che di quelli tecnologici, nonché relativi alle capacità di sviluppo della tecnologia che Avio possiede e che deve mantenere.

Un altro elemento fondamentale è quello dell’imposizione di alcuni vincoli sul management, di risulta, una serie di funzioni apicali all’interno di Avio Aero devono essere necessariamente svolte da persone di cittadinanza italiana e poste al vaglio del Ministero della Difesa, ovviamente nel rispetto delle regole di sicurezza nazionali qualsiasi decisione importante di natura societaria deve essere preventivamente comunicata e autorizzata da un comunicato paritetico, una sorta di advisory board del quale il chairman è il Segretario Generale alla Difesa.

Nel 2014 General Electric Aviation ha avviato lo sviluppo di una nuova serie di motori della classe 2.000 cavalli (HP) per applicazioni esclusivamente civili.

L’idea era quella di sviluppare questi propulsori negli Usa avvalendosi di competenze europee, in effetti, poi, a seguito dell’acquisizione di Avio e di un’altra società della Repubblica ceca specializzata nella produzione di piccoli motori, nel 2015 è stato invece deciso di produrre tutti i nuovi motori turbo-prop di quelle dimensioni in Europa, in quanto attrattiva dal punto di vista aerospaziale.

Una nuova famiglia di motori che rinviene il suo centro di sviluppo a Rivalta, presso Torino, e l’integrazione (la delivery dei motori) a Praga.

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