MEF, Tria contro Friedman. «Tutto falso!», e da via XX Settembre partono le querele…

Esplode la polemica sull’ultimo libro scritto dal giornalista americano che da anni si occupa di economia i Italia. Il ministro dell’Economia uscente ne smentisce i contenuti e minaccia di adire le vie legali. La pubblicazione in questa delicata fase risponde a una strategia editoriale che sfrutta la dinamica degli eventi per vendere più copie oppure è un deliberato attacco a Giovanni Tria nel momento in cui potrebbe venire riconfermato nella sua carica?

Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, smentisce nel modo più categorico, in quanto destituita di qualsiasi fondamento, la ricostruzione che lo riguarda contenuta nell’anticipazione del libro di Alan Friedman pubblicata oggi sul giornale La Stampa.

Una volta letto il libro, il ministro si riserva di adire le vie legali nei confronti dell’autore, a tutela sia della verità dei fatti sia della propria reputazione. Così, afferma secco il comunicato stampa ufficiale del Mef.

Nella sua lunga attività di saggista Friedman non è certo nuovo a contenuti al limite dello scandalistico o provocatorio, e continua a dimostrare abilità – si ritiene di concerto col proprio editore – nell’alimentare polemiche sui media e social network, un bel battage pubblicitario che incrementerà le vendite del suo libro anche in questo caso.

Stavolta ha stuzzicato il mite (ma determinato) titolare uscente del dicastero di via XX settembre, riportando tra le pagine della sua ultima fatica i retroscena politici e umani del governo lega-Movimento 5 stelle, appunto, quando «Tria evitava il capo dei grillini, che parlava di cose che non si possono fare».

Il titolare del Tesoro voleva dimettersi – asserisce inoltre Friedman – «Ci ha provato due volte, ma il presidente della Repubblica lo ha fermato».

Alcuni passi del libro “Questa non è l’Italia” – edito per i tipi di una società del settore avente sede in via Panama a Roma – sono stati tempestivamente pubblicati in esclusiva dal quotidiano torinese “La Stampa”, diretto da Maurizio Molinari.

«L’ufficio del ministro del Tesoro in via XX Settembre è spazioso e decisamente formale, se non addirittura severo, con le sue pesanti tende di broccato e la celebre scrivania di Quintino Sella. Era qui che Giovanni Tria sedeva meditabondo, a mandar giù in silenzio la sua frustrazione. A parte qualche occasionale scoppio d’ira: di tanto in tanto diventava nervoso, molto nervoso. Persino esasperato. Come quando gli dicevano che Luigi Di Maio aveva appena varcato il portone del ministero…»

Le querele minacciate dal mite economista divenuto ministro i tradurranno in concrete azioni legali, oppure la questione si spegnerà tra le settembrine grida scomposte dei partecipanti a uno dei tanti talk show ormai in crisi di ascolti?

E, inoltre, dietrologia per dietrologia: perché questa polemica viene fata divampare proprio in questo particolare momento, cioè la delicata fase i formazione del nuovo esecutivo a guida Conte?

Si tratta esclusivamente di una strategia editoriale che sfrutta la dinamica degli eventi per vendere di più oppure è un deliberato attacco a Giovanni Tria nel momento in cui potrebbe venire riconfermato ministro dell’Economia e delle Finanze?

Ovvero è tutte due le cose insieme?

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