Nel giorno in cui era attesa l’apertura del processo per corruzione intentato dalla corte di giustizia sudanese al deposto presidente Omar al-Bashir, a Khartoum è stato siglato l’accordo tra i militari e l’opposizione per la transizione alla democrazia.
Allo storico evento hanno presenziato diverse delegazioni di alto livello di numerosi paesi.
Il Consiglio militare di transizione del Sudan e i leader della protesta civile – la cosiddetta Alleanza per la libertà e il cambiamento, aggregazione «ombrello» che rappresenta le diverse formazioni dell’opposizione – sono giunti alla «dichiarazione costituzionale» che negli auspici dovrà avviare la transizione verso un governo civile.
L’accordo è stato firmato da Mohamed Hamdan Daglo, vicecapo del Consiglio militare, e da Ahmed al-Rabie in rappresentanza dell’Alleanza per la libertà e il cambiamento.
«Il popolo del Sudan ha combattuto per quasi trent’anni e la transizione politica nel Paese è sembrata un sogno irrealizzabile – ha dichiarato Mohammad Naji al-Assam, rappresentante dei professionisti sudanesi, tra i promotori della protesta aggiungendo che -, ora è necessario avere una rappresentanza equa».
Dopo tre decenni di oppressione e corruzione in Sudan si apre dunque una nuova era, infatti, sulla base dei termini dell’accordo la giunta militare sarà sciolta domani e il suo posto al vertice del Paese africano verrà preso dal Consiglio sovrano, organismo in fase di formazione che avrà il compito di esercitare l’azione di governo nei prossimi tre anni.
I componenti di detto Consiglio, cinque militari e cinque civili, riceveranno la nomina lunedì.
La coalizione d’opposizione ha designato quale premier l’economista Abdalla Hamdok, candidatura che dovrà essere confermata il giorno seguente, martedì 20 agosto, dal Consiglio sovrano medesimo.
Se incaricato, Hamdok sarà il primo capo del governo sudanese non militare degli ultimi trenta anni.
Subito dopo la firma dell’accordo la folla entusiasta è scesa nel strade della capitale per celebrare lo storico evento, aggiungendosi alle migliaia di persone che per l’occasione erano giunte nella capitale da diverse parti del Paese.
Alla cerimonia hanno tra gli altri partecipato il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il premier egiziano Mustafa Madbuli.
Intanto, dopo che la prima udienza fissata per lo scorso 31 luglio era stata aggiornata per l’assenza dell’imputato, procede il processo a carico di al-Bashir, l’ex presidente sudanese accusato dalla Giustizia del suo Paese del reato di corruzione .
Sul capo di Omar Hasan Ahmad al-Bashir, destituito l’11 aprile scorso dopo che era stato al potere per un trentennio, gravano inoltre le pesanti accuse di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nel Darfur, accuse formulate dalla Corte penale internazionale.
Sta di fatto, comunque, che la decisione di rimandare l’apertura del processo è stata assunta a seguito della presentazione alla corte da parte degli avvocati difensori di un’istanza di sospensione motivata dell’aggravamento delle condizioni di salute psicologica del loro assistito, che – a loro dire – sarebbero divenute critiche dopo la morte della madre, avvenuta a fine luglio.
A giugno Bashir era stato formalmente incriminato con l’accusa di corruzione e riciclaggio di denaro dopo che nella sua residenza sono stati sequestrati più di 113 milioni di dollari in contanti.
Egli il mese precedente aveva ammesso le proprie responsabilità in ordine ai casi di corruzione e riciclaggio contestatigli dalla procura generale di Khartoum, rivelando anche i nomi delle altre persone coinvolte nei crimini.
L’ex uomo forte sudanese, in passato in legami anche con Usama bin Laden, era stato inoltre chiamato a giustificare le sue presunte liaison con i gruppi terroristici che hanno portato il Sudan ad essere inserito nell’elenco statunitense (la lista nera) dei paesi che sostengono il terrorismo.