Le immagini satellitari raccolte nelle ultime settimane dall’Agenzia spaziale europea (Esa) e dalla Nasa statunitense documentano un aumento degli incendi nell’area del Circolo polare artico.
Un fenomeno che gli scienziati riconducono all’incremento delle temperature nella regione, dove nello scorso mese di giugno soltanto in Siberia è stata registrata una temperatura di dieci gradi maggiore rispetto alla media del periodo 1981-2010.
Tra Alaska, Canada settentrionale, Groenlandia e Siberia sono più di cento gli incendi rilevati dallo spazio tra il giugno e il luglio 2019.
Si tratta di roghi persistenti, poiché «non brucia solo il bosco, dove le fiamme si esauriscono in uno o due giorni – ha spiegato il glaciologo Konrad Steffen -, bensì il terreno sottostante, la torba, che può ardere anche per diverse settimane».
Le conseguenze sono gravissime, dato che gli incendi degli ultimi cinquanta giorni hanno liberato milioni di tonnellate di CO2, contribuendo a un ulteriore riscaldamento globale, con le fuliggini che provocano l’annerimento dei ghiacci del nord, che in questo modo assorbono i raggi solari e si sciolgono quindi più rapidamente.
La coltre generata dai soli incendi divampati in Siberia si estenderebbe per oltre quattro milioni e mezzo di chilometri quadrati, una superficie equivalente a quella dell’Unione europea.